Skip to main content

Kishore Mahbubani ha il gusto della provocazione. Professore di politica pubblica all’Università nazionale di Singapore, già rappresentante permanente di Singapore alle Nazioni Unite e presidente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, da anni racconta il mondo come solo chi lo ha viaggiato in lungo e largo può fare. A grandi pennellate, con l’occhio sempre rivolto alla tela intera e mai al dettaglio. Il suo ultimo libro, “Occidente e Oriente, chi perde e chi vince” (Bocconi Editore, con prefazione di Enrico Letta), è per l’appunto una provocazione. Ai dettami un po’ stantii e ridondanti che dipingono da anni un mondo unipolare, diviso fra vincitori (l’Occidente) e vinti (il resto del mondo), risponde che forse le cose oggi non stanno più così. Il “secolo asiatico” non è in arrivo, è già iniziato, spiega in un’intervista a Formiche.net. E non c’è modo di fermarlo.

Facciamo chiarezza. Cosa intende per Occidente?

Gli Stati membri Ue, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda. I Paesi che si identificano come occidentali e sono orgogliosi di aver ereditato la civiltà occidentale e le sue radici greco-romane.

Cosa le fa credere che la civiltà occidentale sia in declino?

La civiltà occidentale non è in declino, anzi. È forte, viva, e ricopre un ruolo chiave nel mondo. Il declino di cui parlo non ha ragioni identitarie bensì economiche. La fetta della torta economica globale rimasta a lungo nelle mani dell’Occidente è destinata a diminuire drasticamente in termini relativi. Per lungo tempo il 12% della popolazione mondiale ha detenuto il 50% della ricchezza globale, ma solo perché il resto del mondo è rimasto indietro. Oggi questo sistema è messo in crisi dalla sfida proveniente dall’Asia.

Cioè?

Il XXI secolo sarà il secolo asiatico. Dall’anno 0 al 1820 le due più grandi economie al mondo sono sempre state India e Cina. Solo negli ultimi duecento anni le economie occidentali sono esplose e divenute molto più grandi. Duecento anni contro duemila anni di storia, è quella che chiamo “aberrazione storica”. E come tutte le aberrazioni prima o poi giunge alla fine.

Parliamo anzitutto della Cina, giusto?

Non sarà solo il secolo cinese. Ci sono quattro miliardi di persone in Asia, in Cina un miliardo e mezzo. Giappone, Corea del Sud e i Paesi dell’Asean saranno altrettanto protagonisti.

Solo uno di loro però ha in cantiere il più grande piano infrastrutturale della storia: la Belt and Road Initiative. Quello cinese è solo un progetto economico o c’è dietro un disegno egemonico?

La Belt and Road Initiative è una brillante iniziativa geopolitica ed economica cinese, non un piano egemonico. La Cina in questi anni ha sviluppato un surplus di capitale e di capacità per lo sviluppo infrastrutturale. Ora può usare entrambi per costruire la Bri.

Gli Stati Uniti la pensano diversamente.

I cinesi non devono temere una strategia di contenimento da parte degli Stati Uniti. Qualsiasi tentativo del genere è votato al fallimento se, come han già fatto tutti eccetto Giappone ed India, i Paesi vicini dei cinesi aderiranno alla nuova Via della Seta.

C’è chi profetizza una nuova Guerra Fredda fra Washington e Pechino. Lei ci crede?

La rivalità fra due superpotenze come Cina e Stati Uniti è destinata ad aumentare nei decenni a venire. Non ci sarà tuttavia una “guerra calda” fra le due potenze nucleari. Né vi sarà una Guerra Fredda, perché entrambi i Paesi sono troppo integrati nell’economia globale. Sarà una forma diversa di confronto fra superpotenze.

L’Occidente deve temere la rinascita cinese?

L’errore più grande che Stati Uniti ed Europa potrebbero commettere è sottovalutare la Cina. La civiltà cinese è da sempre una delle più forti sulla terra. Oggi sta sperimentando un clamoroso rinascimento. Tutti gli sforzi di fermarlo saranno vani.

E l’Europa? Ha le carte per essere protagonista di questo nuovo assetto o rimarrà spettatrice?

L’Unione Europea ha un’opportunità unica di dimostrare leadership in questa nuova contesa geopolitica fra Stati Uniti e Cina. In passato gli Stati Uniti erano i principali difensori dell’ordine liberale internazionale. Purtroppo l’amministrazione Trump ha iniziato a minarlo. L’Ue ne rimane una convinta avvocata. Se solo avesse coraggio e determinazione, potrebbe emergere come la vera portabandiera di quest’ordine. Sfortunatamente le preoccupazioni domestiche di Stati membri come Germania, Francia e Regno Unito hanno la meglio e oggi Bruxelles non ha leader forti.

La Cina non è l’unica preoccupazione per il Vecchio Continente. Sul lungo termine rimane il problema dell’immigrazione dal Sud e dell’impressionante crescita demografica africana. L’Europa reggerà l’urto?

Sarà il banco di prova più duro. Nel 1950 la popolazione europea era il doppio di quella africana. Oggi è il contrario. Entro il 2100 la popolazione africana potrebbe arrivare ad essere dieci volte più grande. L’Ue ha commesso un grave errore strategico a non esportare lavoro in Africa. Il risultato è che oggi gli africani portano il lavoro in Europa. In un saggio del 1992, “The West and the Rest”, predissi che il fallimento europeo sullo sviluppo africano avrebbe messo gli africani sui barconi nel Mediterraneo. Per questo non sono rimasto sorpreso quando ho assistito all’impennata di partenze venticinque anni dopo. Gli europei non hanno avuto un pensiero strategico di lungo termine.

Nel frattempo i cinesi stanno colonizzando il Continente nero. L’Europa può fermare questo processo? 

Dipende se sarà guidata dai suoi valori o dai singoli interessi nazionali. Nel primo caso il suo ruolo naturale è quello di allearsi con gli Stati Uniti contro la Cina. Nel secondo caso l’unica soluzione è diventare partner dei cinesi. La principale minaccia per l’Europa non sono più i carri armati da Mosca ma i barconi di migranti dalle sponde africane. L’unico modo per prevenire queste partenze è promuovere lo sviluppo economico in Africa costruendo strade, ferrovie, porti, ospedali. La Cina lo sta facendo da anni. I suoi investimenti potrebbero divenire una straordinaria occasione per l’Europa.

Manca un tassello per completare il puzzle: la Russia. Nemico giurato dell’Occidente o possibile alleato in chiave anti-cinese?

La Russia non dovrebbe essere vista come un nemico dell’Occidente ma come un potenziale partner. La vera sfida geopolitica per i russi sarà posta dai cinesi, con cui condividono il tratto di confine più lungo. Se l’Ue avrà visione diplomatica si aprirà più di un fronte di collaborazione con la Russia.

Eppure la collocazione filoatlantica dei Paesi europei sembra escludere a priori un’apertura a Mosca.

Questo è il frutto di uno dei più grandi errori strategici commessi dall’Occidente. Alla fine della Guerra Fredda la Russia è stata umiliata. Decine di uomini di Stato occidentali, è il caso di James Baker e Hans Dietrich Genscher, promisero che la Nato non si sarebbe espansa negli ex territori del Patto di Varsavia. Queste rassicurazioni verbali sono state ignorate.

Ed oggi?

Come nel caso africano, anche sul dossier russo l’Ue dovrà decidere se c’è una totale convergenza di interessi con gli Stati Uniti. La Russia è molto lontana dagli Stati Uniti ma è anche molto vicina all’Ue. I primi possono permettersi di farne a meno, l’Ue no. Ci sarà bisogno di una forte leadership dei leader europei. Sfortunatamente non se ne vede l’ombra.

Sarà il secolo asiatico, all'Europa manca coraggio. La profezia di Mahbubani

Kishore Mahbubani ha il gusto della provocazione. Professore di politica pubblica all’Università nazionale di Singapore, già rappresentante permanente di Singapore alle Nazioni Unite e presidente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, da anni racconta il mondo come solo chi lo ha viaggiato in lungo e largo può fare. A grandi pennellate, con l’occhio sempre rivolto alla tela intera e mai al…

Eastmed, come cambia la diplomazia del gas attorno all'Europa

Prima parte di un'intervista/analisi. La seconda è focalizzata sul ruolo italiano nel sistema geografico e geopolitico e si può leggere al link Da diverso tempo il quadrante orientale del Mediterraneo (internazionalmente noto come "Eastmed") sta acquisendo rilevanza geopolitica connessa a scoperte energetiche (a cui si collega anche una pipeline che dovrebbe arrivare in Italia) e condizioni politiche dei Paesi interessati. Un tema…

L'Italia deve tornare a crescere. Firmato Tronchetti, Aleotti, Messina, Cimbri e Descalzi

Non si può crescere senza avere i conti in ordine. Serve Pil a due cifre, investimenti e posti di lavoro ma anche un bilancio in salute e il nostro non lo è. E così, nel giorno del vertice di governo a Palazzo Chigi tra il ministro Giovanni Tria, gli azionisti di governo Matteo Salvini e Luigi Di Maio e il premier…

Quello gialloverde è ancora l'unico governo possibile. Ecco perché secondo Forlani

L’esito delle elezioni europee del 26 maggio consolida sensibilmente il ruolo politico di Salvini nella maggioranza di governo gialloverde, mentre l’alleato pentastellato precipita in uno psicodramma e in un dibattito autocritico interno, volto a individuare quali limiti della leadership, della comunicazione e dei contenuti programmatici abbiano principalmente inciso sulla perdita di 6 milioni di voti. LA FORZA DI SALVINI Salvini…

La solitudine è nostra o di Francesco? La complessità di Bergoglio

La presentazione del volume di Marco Politi “La solitudine di Francesco” è riuscita a rendere conto della complessità del “caso Bergoglio”, un papa che non si può raccontare senza conoscenza della poesia, delle regole del governo delle grandi aziende, della mistica, della teologia e della politica. Forse è così per tutti i papi, forse di veramente nuovo in Bergoglio c’è…

È ufficiale: fra Turchia e Usa è crisi. La mossa di Washington sugli F-35

È crisi profonda tra Stati Uniti e Turchia. La tensione è aumentata vertiginosamente negli ultimi giorni, scalando con rapidità i gradini del potere e giungendo a un passo dal massimo livello istituzionale, quello che porterà i due presidenti, Donald Trump e Recep Tayyip Erdogan, a trattare la questione in prima persona, scenario che pare ormai inevitabile. Il problema è sempre…

Gli Usa all'attacco nel cyberspace (con un occhio a Cina e Russia). Parola del falco Bolton

Per contrastare lo spionaggio economico digitale e altri hack che minacciano la sicurezza nazionale americana, Washington intende estendere ulteriormente le operazioni offensive nel cyberspace, dando corso a un processo iniziato già da qualche tempo. LE PAROLE DI BOLTON A spiegare le mosse e le motivazioni della Casa Bianca è il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che intervenendo al…

Quanto vale Open Fiber? Il braccio di ferro tra Enel e Telecom

Braccio di ferro fra Enel e Telecom sulla valutazione della rete Open Fiber. All'inizio di quella che si prospetta come la lunga estate calda di media e telecomunicazioni italiane, le posizioni delle due società sono ancora decisamente lontane dall'individuare il valore da attribuire al gruppo presieduto da Franco Bassanini. Si tratta del resto del tema di maggior rilievo per portare…

Perché serve un Segretariato generale del mare a Palazzo Chigi. Il report del CeSI

Di Alessandra Giada Dibenedetto

I mari e gli oceani rappresentano un’enorme fonte di ricchezza per gli Stati dell’Unione europea, in termini anzitutto di commercio, approvvigionamento energetico, prodotti ittici, industria cantieristica e turismo. Basti pensare che oltre il 50% di beni di consumo entrano nel territorio comunitario via mare, mentre poco più del 45% dell’export lascia i Paesi europei sempre attraverso il commercio marittimo. Altrettanto…

Pil, investimenti e debito: effetti collaterali di una crisi più grande. Studio CsC

Il Centro Studi di Confindustria diretto da Andrea Montanino ha pubblicato oggi un paper (qui il testo) Financial and fiscal interaction in the euro area crisis: this time was different, in cui gli economisti Lucrezia Reichlin, Giovanni Ricco e Alberto Caruso, effettuano un'analisi su alcuni effetti collaterali della crisi scoppiata nel 2007: crollo del Pil, aumento dei debiti sovrani. Le chiamano…

×

Iscriviti alla newsletter