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Quella appena trascorsa è stata per le attività spaziali una settimana di grande sovraesposizione mediatica. Il giorno dell’anniversario dello sbarco sulla Luna dell’Apollo 11 nel 1969 è coinciso con il lancio da Baikonour di Luca Parmitano per una missione di sette mesi in cui sarà al comando della ISS. I due eventi hanno giustamente avuto grande risalto e si sono imposti all’attenzione dei giornali e delle televisioni.

Però in quegli stessi giorni si sono verificati anche tre episodi che non hanno avuto lo stesso eco mediatico sebbene la loro successione temporale abbia presentato una casualità incredibile. Il 10 luglio il lanciatore Vega decollato dalla base di Kourou ha avuto un’anomalia dieci secondi dopo l’accensione del secondo stadio e, dopo 14 lanci tutti riusciti in sette anni, si è inabissato nell’Oceano Atlantico con a bordo un satellite militare Falcon-Eye 1 degli Emirati Arabi costruito da Airbus Defence & Space insieme a Thales Alenia Space. Il contratto tra i francesi e gli emiratini, del valore di 700 M$, prevedeva la realizzazione di due satelliti ma adesso il secondo, che doveva essere lanciato entro pochi mesi sempre sul Vega, attende a terra.

Gli Emirati hanno già in orbita dei satelliti di osservazione della Terra ma sono a bassa risoluzione mentre i Falcon Eye, costruiti sulla stessa piattaforma Pleyades dei satelliti militari francesi, hanno una risoluzione inferiore ai 70 centimetri. Il progetto Falcon Eye è stato piuttosto travagliato; nel luglio 2014, il quotidiano francese La Tribune riportava come le negoziazioni tra le parti, iniziate nel 2003, erano durate 11 anni prima di arrivare alla firma del contratto. Anche perché Washington aveva sollevato non pochi problemi a Parigi sulle normative ITAR – International Traffic in Arms Regulations – che dal 1999 equiparano negli Usa i sistemi satellitari ad armamenti e ne vietano quindi l’export in determinati paesi.

Ora di fatto, il Falcon Eye 1 è diventato un sommergibile inutilizzabile nello Spazio, e tutti dobbiamo augurarci che l’impatto del lancio fallito sulla pianificazione commerciale del Vega sia breve e limitato. Purtroppo, quest’incidente avviene a soli tre mesi da una delicata riunione Ministeriale dell’ESA in cui i paesi europei dovranno decidere nuovi investimenti proprio nei lanciatori, cioè nell’Ariane 6 per il cui completamento sembra siano necessari altri ingenti fondi aggiuntivi, e per il Vega le cui evoluzioni interessano molto l’industria italiana, meno quella francese e per nulla quella tedesca. L’infausta settimana spaziale per l’Europa proseguiva il giorno 12 luglio quando tutti i satelliti della costellazione europea Galileo andavano fuori servizio.

L’Agenzia GSA dell’Ue che gestisce il Galileo non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali circa le cause presunte del malfunzionamento e sulla sua possibile origine né durante i sei giorni di interruzione del servizio né adesso che è stato ripristinato. Va quindi presa con le dovute accortezze l’indiscrezione, riferita dal sito INSIDE-GNSS ripresa però dal Der Spiegel e mai smentita dalla GSA, secondo cui la responsabilità del malfunzionamento sarebbe derivata dalla Precise Timing Facility situata in Italia. Si può ipotizzare il perché lo Spiegel avanzi tale ipotesi.

Negli anni passati, Italia e Germania si sono disputate l’allocazione del centro di controllo del sistema e alla fine, con la logica comunitaria spesso applicata a dispetto dell’efficienza tecnica ed economica, fu deciso di costruirne due, uno al Fucino e l’altro vicino Monaco di Baviera. Comunque sia, non è ancora chiaro cosa sia successo ai 22 satelliti in orbita, ma quel che è certo è che l’affidabilità globale del Galileo potrebbe sembrare oggi meno difendibile rispetto a quanto strenuamente dichiarato sinora dai funzionari europei dell’ESA, della Ue e della GSA. Quale utente si affiderebbe oggi unicamente ai suoi segnali per un servizio con caratteristiche di criticità operative?

Ma tornando alla sequenza sincronizzata degli episodi spaziali della settimana nera europea, rileviamo un terzo evento che però di per sé non è negativo come i precedenti ma ha un forte carattere politico. Come già riportato in un precedente articolo su Formiche (“La Francia sdogana in Europa la militarizzazione dello Spazio”) il Presidente francese Macron lo scorso 14 luglio ha annunciato che il suo paese trasformerà la propria Aeronautica Militare in “Armée de l’Air et de l’Espace” creando reparti specializzati nella protezione dei suoi satelliti in orbita. Per una curiosa contingenza temporale, Macron faceva questo annuncio mentre i satelliti Galileo erano tutti fuori uso da due giorni.

Il sistema, ricordiamo, non è militare ma da vent’anni la sua realizzazione è stata sbandierata dall’Ue come uno dei pilastri strategici della competitività commerciale europea e della futura difesa integrata. Considerato tutto quanto sopra, nel nostro paese occorre essere molto vigilanti. Come già scritto nell’articolo citato prima, potrebbe non dover passare molto tempo per vedere una fusione tra la Thales Alenia Space e la Arianegroup, o un acquisto da parte di quest’ultima della prima. Dalle vicende esposte precedentemente, Parigi potrebbe trarre ulteriore spinta per affrettare un consolidamento industriale europeo del settore.

Oggi la Space Alliance, la JV tra Leonardo/Finmeccanica e Thales, vede l’industria manifatturiera italiana al 30% e quella dei servizi al 70%. A titolo di cronaca, il quotidiano francese La Tribune pochi giorni fa ha esplicitamente scritto che la controparte italiana della Space Alliance “avrebbe piombato le ali” alla JV a causa di una mancanza di competitività commerciale nei servizi satellitari. Comunque sia, il giorno che si andasse verso una NewCo tra la Thales Alenia Space e la Arianegroup, la Space Alliance ne sarà in qualche modo coinvolta e l’industria nazionale potrebbe vedere ridotta la propria quota societaria. Se un tale cerchio infernale si chiudesse, potrebbe non avere più senso per il nostro paese elaborare, per esempio, una “Strategia nazionale di sicurezza per lo Spazio” come quella appena presentata da Palazzo Chigi. Di solito le tempeste solari vengono dallo Spazio profondo, ma in questo caso la perfetta tempesta spaziale sembra provenire da molto più vicino.

Una perfetta tempesta spaziale sta per abbattersi sull’Italia? L'opinione di Spagnulo

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