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Non sarà facile il compito del commissario europeo agli Affari interni, Dimitri Avramopoulos, al rientro dalla trasferta italiana. Ormai è evidente che la corda si sta tendendo al limite tra Italia e Unione europea dopo il caso delle 49 persone sbarcate dalle navi Sea Watch e Sea Eye a Malta. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, hanno ripetuto ad Avramopoulos che l’Italia accoglierà una quindicina di quelle persone solo dopo che l’Ue avrà accolto i 670 immigrati che non furono ricollocati l’anno scorso dopo essere stati salvati, contravvenendo agli accordi. La lista è stata consegnata al commissario. Conte gli ha ripetuto che “l’Italia è stata lasciata sola e ora facciamo da soli”, un “cambio di direzione che sta dando i suoi frutti”.

Se le parole hanno un senso, quelle di Avramopoulos sono chiare: su Twitter ha spiegato di condividere le priorità di Salvini e dunque protezione delle frontiere, cooperazione con Paesi terzi per bloccare la migrazione irregolare, aumento dei rimpatri, ma anche l’instaurazione di un “meccanismo di solidarietà”. Il commissario ha poi definito “costruttivo” l’incontro con Conte. Al netto della diplomazia, è stato facile per Salvini prenderne atto e aspettare gli sviluppi, anche se nella conferenza stampa con Conte non si è nascosto dietro a un dito: “La ricollocazione è una toppa” perché l’obiettivo dev’essere il blocco delle partenze e il riconoscimento di porto sicuro per la Tunisia da dove l’anno scorso sono arrivati in 5.181. Non è la prima volta che il ministro mette il dito sulla piaga tunisina anche se è un tema molto delicato considerando gli strettissimi rapporti bilaterali sull’antiterrorismo.

Salvini, inoltre, ha sottolineato l’importanza di stipulare accordi anche con Paesi asiatici come Pakistan e Bangladesh che invece godono di agevolazioni commerciali da parte dell’Ue: una pressione di Bruxelles non dovrebbe essere difficile. E poi, naturalmente, resta in piedi il problema africano. Conte sarà in Ciad e in Niger nei prossimi due giorni e con Avramopoulos ha discusso del controllo delle frontiere, fondamentale perché altrimenti si incentivano i traffici, e di uno stanziamento adeguato di fondi europei: “500 milioni per il fondo per l’Africa sono una cifra ridicola” soprattutto rispetto ai 6 miliardi concessi alla Turchia per fermare l’enorme flusso di profughi siriani. Da tre anni si parla di questo, per l’Africa sono sempre 500 milioni.

Restano appese due domande: che cosa succederà materialmente quando ci sarà un’altra nave o barcone con persone a bordo che nessuno vorrà e che cosa intende in concreto Avramopoulos con “meccanismo di solidarietà”? L’ipotesi avanzata nei giorni scorsi di un gruppo di nazioni, le solite sette o otto, che ogni volta accoglierebbe un po’ di persone a testa non regge perché sarebbe un messaggio di apertura ai trafficanti e costituirebbe un alibi per l’altra ventina di Stati membri. Se a questo si aggiunge che il Parlamento europeo sarà rinnovato tra pochi mesi e che la nuova Commissione si insedierà in autunno, è facile prevedere che primavera ed estate saranno ricche di scontri. Basta un paio di barconi.

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