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Con decisione n. 38 del 2019, la Consulta ha dichiarato che non è incostituzionale la norma che impone al giudice di chiedere alla Camera di appartenenza del parlamentare l’autorizzazione a utilizzare in giudizio, come mezzi di prova, i tabulati telefonici di utenze intestate a terzi, venute in contatto con quella del parlamentare.
La questione è stata sollevata dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Bologna, il quale ha ritenuto che la legge equipari erroneamente i tabulati telefonici alle conversazioni o comunicazioni del parlamentare, costringendo il magistrato a chiedere l’autorizzazione all’utilizzo dei tabulati telefonici di terzi sottoposti a procedimento penale, nei casi in cui questi vengano a contatto col parlamentare.

Secondo lo stesso giudice, la legge avrebbe esteso illegittimamente l’ambito di applicazione della prerogativa costituzionale, in quanto l’articolo 68 della Costituzione imporrebbe l’autorizzazione della Camera solo per sottoporre i membri del Parlamento a intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, senza menzionare i tabulati telefonici di terzi.

Inoltre, l’art. 68 della Costituzione sarebbe volto a tutelare il parlamentare “da illegittime interferenze giudiziarie sull’esercizio del suo mandato rappresentativo”, al fine di garantire la piena autonomia decisionale dell’assemblea legislativa, non, invece, l’interesse della persona fisica del parlamentare; e sussisterebbe una differenza fondamentale tra le intercettazioni telefoniche e i dati esterni ad esse, poiché le prime riguarderebbero il contenuto della conversazione e i secondi solo elementi estrinseci alla comunicazione.

La Corte costituzionale non è stata d’accordo e ha osservato che il riferimento a “conversazioni o comunicazioni”, previsto dalla Costituzione, induce a ritenere che siano coperti dalla garanzia costituzionale anche i “fatti comunicativi” ricavabili da un tabulato telefonico: data e ora delle conversazioni o delle comunicazioni, durata, utenze coinvolte.

Del resto, aggiunge il Giudice delle leggi, il termine “comunicazioni” ha, tra i suoi comuni significati, quello di “contatto”, “rapporto”, “collegamento”, ed evoca proprio i dati e le notizie che un tabulato telefonico è in grado di rivelare. In sostanza, non sono coperti dalla tutela costituzionale solo i contenuti della comunicazione, cioè la conversazione come espressione del pensiero, ma anche i dati relativi alla comunicazione, come elementi facenti parte integrante dell’evento comunicativo.

La sentenza rileva poi che la ragion d’essere della garanzia costituzionale non è la tutela della privacy del parlamentare bensì della libertà della funzione che egli esercita, in conformità alla natura delle immunità parlamentari, dirette a proteggere l’autonomia e l’indipendenza delle Camere rispetto a indebite invadenze di altri poteri e solo strumentalmente destinate a riverberare i propri effetti in favore di chi è investito della funzione.

Per queste ragioni, la garanzia si estende all’utilizzo in giudizio del tabulato telefonico, in quanto atto idoneo a incidere sulla libertà di comunicazione del parlamentare.

Così la Consulta conferma la tutela dei parlamentari da intercettazioni indirette

Con decisione n. 38 del 2019, la Consulta ha dichiarato che non è incostituzionale la norma che impone al giudice di chiedere alla Camera di appartenenza del parlamentare l’autorizzazione a utilizzare in giudizio, come mezzi di prova, i tabulati telefonici di utenze intestate a terzi, venute in contatto con quella del parlamentare. La questione è stata sollevata dal Giudice delle…

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