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Sabato sera, a cena, il presidente americano, Donald Trump, vedrà il suo omologo Xi Jinping, per un faccia a faccia che si svolgerà lateralmente al G20 (in certi consessi multilaterali, però sono proprio gli incontri riservati, diretti e bilaterali, quelli più sostanziosi).

È limitante forse parlare dei dossier sul tavolo, perché Stati Uniti e Cina, in questo momento, vivono una fase di scontro aperto su tutti i fronti – dal piano commerciale a quello geopolitico, al confronto militaresco in alcune regioni, alla rincorsa tecnologica fatta di spionaggio industriale e lotta sul copyright. La situazione è talmente tesa che l’incontro – per il solo fatto di esistere in quanto tale – ha smosso i mercati, che lo accolgono come un qualche segnale di distensione. Non c’è da stupirsi, d’altronde, stando agli ultimi dati della Banca Mondiale, Usa e Cina rappresentano insieme il 40 per cento del prodotto interno mondiale.

I due Paesi sono anche grandi mercati di consumo, nodi fondamentali nelle catene di approvvigionamento manifatturiere globali e importanti destinazioni di investimento. Questo significa che quello che succede nelle loro relazioni si ripercuote sulle loro economie, e genera un effetto globale. Per esempio, definendo le tensioni commerciali come “un grave rischio che farà deragliare l’attività economica in tutto il mondo”, il Fondo monetario internazionale ha già abbassato le sue previsioni per la crescita globale per quest’anno e per il prossimo. Le aziende hanno anche iniziato a ripensare alle proprie strategie di business, spiega la Cnbc, e usa il caso di un sondaggio condotto all’inizio di questo mese da Citi Bank, da cui esce che molti dei suoi clienti stanno adeguando le catene di approvvigionamento per aggirare le tariffe aggiuntive programmate da Washington per gennaio 2019.

Trump e Xi difficilmente troveranno soluzioni definitive durante la loro cena (l’americano, prima della partenza, aveva detto che “potevano essere vicini a fare qualcosa, però non so se voglio farlo”), ma sul tavolo potrebbero essere messe diverse questioni in grado almeno di rimandare ulteriori inasprimenti dei rapporti. Per esempio, sul piano commerciale, la cosiddetta trade war, potrebbe seguire un rallentamento, evitando gli ulteriori aggravi progettati dagli Stati Uniti per l’inizio del nuovo anno, anche perché ci sono notizie che dicono che i cinesi arriveranno all’incontro con qualche segnale positivi (per Trump).

Anche le tensioni geopolitiche, dal contraccolpo militare, potrebbero trovare qualche lieve distensione: la crisi al rallentatore sul Mar Cinese è vissuta dagli Stati Uniti come una campo in cui far valere la propria presenza, ma la realtà è che in quel tratto di mare strategico per le rotte che dal Pacifico vanno all’Indiano, il ruolo cinese è già predominante. Sono gli stessi alleati americani, come le Filippine, ad ammettere che “il Mar Cinese Meridionale è ormai di Pechino” (come ha detto il presidente Rodrigo Duterte). I cinesi hanno avviato l’occupazione e la militarizzazione di diversi isolotti contesi, e questo processo è attualmente spinto in un punto di reversibilità: Cina e Usa però potrebbero, insieme agli altri attori interessati, trovare un quadro di condivisione dell’area.

Poi c’è il fronte tecnologico: due i grandi temi, il 5G e l’intelligence artificiale, e qui, peggio che sul piano geopolitico, l’avvicinamento è complicato. Sul primo, il 5G, lo scontro è aperto: gli americani stanno cercando di tagliare fuori dai fornitori occidentali il gigante cinese Huawei (lo stanno facendo anche consigliando ai loro alleati di fare altrettanto) accusato di essere un vettore dello spionaggio cinese. L’azione americana potrebbe anche essere però un modo per rallentare Pechino sulla futura tecnologia dati da mobile, dove la ditta di Shenzen ha già investito quasi un miliardo di dollari.

Huawei si dichiara estranea al piano Made in China 2025, con cui Xi vorrebbe rafforzare l’indipendenza cinese nel mondo dell’hi-tech, ma la concorrenza e il rischio di collusioni con l’intelligence cinese hanno portato Washington sulla linea durissima. Vincere la corsa al 5G significa dettare le future policy del sistema, e il governo cinese ha investito tantissimo – Huawei o meno – per arrivare primo. Anche perché il sistema si porterà dietro il mondo dell’Internet of Things e anche dell’Artificial Intelligence.

Tuttavia, saranno le faccende commerciali ad essere al centro delle discussioni in tutto il G20, anche perché l’America trumpiana ha apertamente messo al centro dell’azione politica internazionale il commercio e la sfera economica. Trump arriva al meeting con Xi – che oscurerà gran parte dell’agenda principale di Buenos Aires –forte di un successo politico (più che commerciale): la firma definitiva sul nuovo accordo Usmca con Messico e Canada. La strategia di Trump sta funzionando, spiegava lo scorso mese il consigliere economico della Casa Bianca, Larry Kudlow, su Usa Today: “Stiamo conducendo trattative commerciali con l’Europa e negoziati con il Giappone”, siamo molto chiari, diceva  Kudlow, la Cina “deve darsi da fare”.

 

Trump e Xi al tavolo. Dossier, distanze e focus dell'incontro che oscura il G20

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