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“Il presidente Xi Jinping ha detto di non vedere l’ora di estendere il commercio e i rapporti culturali con l’Italia e di farne un modello per la cooperazione Cina-Ue”. La voce squillante di una presentatrice di Cgtn, il canale televisivo cinese di informazione H24, riassume così la visita del premier italiano Giuseppe Conte a Pechino per il secondo Belt and Road Forum. Un successo diplomatico, chiosa il sotto-testo sul sito dell’emittente, poi una promessa: “La Cina rafforzerà il suo lavoro con l’Italia nel costruire insieme la Belt and Road”. Costruire insieme, cioè nella comune veste di promotori. È questo il mantra che si fa strada da settimane nella comunicazione ufficiale del governo cinese. Dalle tv di Stato ai giornali legati al Partito comunista cinese come il People’s Daily e la sua costola internazionale, il Global Times, è tutta una celebrazione dell’adesione italiana alla nuova Via della Seta di Xi. Un modello, anzi un trofeo da esibire di fronte ai Paesi che sono ancora titubanti per far cadere le ultime resistenze.

Come nota acutamente Reuters, “la Cina è intenzionata a mostrare che la Belt and Road sta incontrando approvazione in Occidente specialmente da quando l’Italia è diventato il primo Paese G7 ad aderirvi”. Che la firma italiana sul Memorandum of understanding sia divenuta la testa di ariete della Città Proibita per far breccia in Europa è dimostrato dal martellamento mediatico H24 che ha accompagnato la visita di Conte per il secondo forum sulla Via della Seta, un altro successo incassato da Xi, e debitamente celebrato. “Come primo Paese G7 e membro fondatore dell’Ue a dare il suo endorsement ufficiale a questo ambizioso progetto, l’Italia ha preso una decisione indipendente che è pienamente in linea con il suo impegno all’interno dell’Ue” recita in apertura un editoriale del People’s Daily, uno dei tanti che affollano giornalmente la sezione degli opinionisti per tessere le lodi del presidente e del suo piano infrastrutturale.

“L’Italia è uno dei più importanti Paesi europei – continua l’articolo – è localizzata favorevolmente nel Mar Mediterraneo, un’area strategica dove l’Eurasia incontra l’Africa”. Sulla homepage del Global Times, megafono in lingua inglese della propaganda di governo, campeggia un altro articolo dal titolo eloquente: “La Germania è la prossima?”. “Dopo l’endorsement italiano della Bri il 23 marzo, la gente si chiede quale sarà il secondo membro G7 ad aderire all’iniziativa” è il ragionamento in apertura. Ancora una volta, la firma del Belpaese è portata in processione come trofeo da esibire e soprattutto viene considerata uno strumento di persuasione utile alla causa.

È l’effetto tutt’altro che collaterale della “scelta indipendente” del governo Conte. Al di là di qualsiasi calcolo commerciale (di cui è presto anche solo azzardare una stima) il tanto discusso memorandum of understanding siglato a Roma comincia a dare i suoi frutti, per la Cina. Declassato dai suoi più strenui difensori a un semplice foglio di intesa, il Mou sta invece rispettando le attese dei più scettici, consegnando a Xi e alla sua propaganda una carta vincente. Una constatazione che non lascia indifferente la macchina diplomatica americana, da mesi solerte nel segnalare all’Italia il valore squisitamente geopolitico della Bri. Lo ha rifatto pochi giorni fa, durante la visita di Conte a Pechino, con un tempismo che non lascia dubbi. Un video postato sui social dell’ambasciata americana in Italia elenca i rischi che la nuova Via della Seta si porta con sé.

Su Twitter però c’è chi risponde a tono e prende le difese del presidente cinese. Michele Geraci, ufficialmente sottosegretario al Mise del governo Conte, sostanzialmente l’uomo chiave nei rapporti fra Roma e Pechino, non perde occasione di regalare cinguettii d’amore alla Bri e al suo ideatore. Il Mou italiano, dice Geraci rilanciando un articolo della Cgtn, “è un modello per altri Paesi occidentali”. Lui lo dice da mesi, rivendica: “Altri paesi seguiranno l’Italia, come avevo ben previsto il mese scorso a Boao prima che firmassero Lussemburgo e Svizzera”. Geraci è da sempre strenuo avvocato dell’ex Celeste Impero e non sorprende certo che si spertichi a difendere quanto fatto dal suo governo. Un dubbio potrebbe soggiungere ai più maliziosi. Ma Geraci non era stato proposto per il suo ruolo dalla Lega di Matteo Salvini, quella che sul dossier cinese si è rifugiata nelle retrovie e che il 26 maggio vuole conquistare le europee al suono di Italy First?

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