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Giovanni Tria dice che la manovra è solida e propedeutica alla crescita, il che è economicamente accettabile per un Paese che è la settima economia mondiale. Giuseppe Conte cerca di evitare la rottura definitiva con l’Europa, vale a dire l’apertura di quella procedura di infrazione che può costare all’Italia fino allo 0,5% del pil. E per questo chiederà espressamente al presidente della commissione europea, Jean-Claude Juncker di pensarci non una ma dieci volte prima di mettere l’Italia in stato di accusa per deficit eccessivo. Tutte belle intenzioni che se non altro gettano nuove basi nel dialogo tra Paesi membri e governo comunitario. Ma il problema c’è. E con l’Europa c’entra fino a un certo punto.

Lo spread non sta scendendo come invece dovrebbe. Oggi il differenziale Btp/Bund ha toccato ancora una volta i livelli di guardia, chiudendo la giornata a 313 punti base. Più volte lo stesso ministro Tria ha avvertito circa gli effetti nefasti a lungo andare di uno spread oltre i 300 punti, in particolare sul sistema bancario che con i suoi 370 miliardi di titoli pubblici in pancia è il segmento più esposto alle turbolenze finanziarie. Ma c’è ancora qualcos’altro. Sempre questa mattina dal consueto bollettino di Bankitalia sul debito pubblico (salito nel frattempo a 2.331 miliardi) è emerso un numeretto.

E cioè questo: ad agosto il controvalore del portafoglio titoli di Stato in mano a investitori non residenti risultava pari a 656,839 miliardi di euro da 672,464 miliardi del mese precedente. Questo significa che la quota dei titoli in mano ai non residenti sul totale di quelli in circolazione è scesa al 33,3% dal 33,8% di luglio. Si tratta di un segnale. Qualcuno pensava che dopo la grande fuga tra giugno e luglio, quando in poche settimane i grandi investitori esteri dismisero tra i 30 e i 40 miliardi di euro in titoli pubblici, la fiducia fosse tornata. Invece, stando alle tabelle di Bankitalia, pare proprio di no. Come leggere tutto questo?

“Non è altro che la confusione che spaventa i mercati”, spiega a Formiche.net Danilo Broggi, manager e saggista board director di Eos Investment. “Un esempio? Il recentissimo stop alla cessione dei ristoranti Old Wild West (valore 750 milioni) per il solo paventato provvedimento di chiusura domenicale! Inoltre la preoccupazione più grande degli investitori stranieri è che i pilastri che reggono una buona crescita economica sono tra i peggiori in Europa e in alcuni casi tra i peggiori al mondo: burocrazia, giustizia, investimenti infrastrutturali, numeri di laureati, eccessiva granularità del nostro tessuto industriale, difficoltà di accesso al credito”. Secondo il manager dunque, mancano i presupposti per una vera fiducia, strutturale, nei confronti dell’Italia. Perché insomma fidarsi di un Paese che non solo non cresce ma dove occorrono mesi e mesi per aprire un’impresa.

“Questi”, prosegue Broggi, “sono alcuni dei motivi che ci vedono nelle varie classifiche sia europee sia mondiali agli ultimi posti, come recentemente riportato in un ben scritto articolo del Financial Times”. Ma c’è un problema nel problema. Se gli investitori esteri sono costantemente tentati dalla fuga, quelli domestici i Btp li comprano eccome ma a discapito degli investimenti in infrastrutture, per esempio. “Vorrei sottolineare che il ritornare ad acquistare da parte di investitori nazionali quote crescenti dei titoli di Stato farà ovviamente diminuire le quote invece destinate agli investimenti in economia reale. E questo è un ulteriore problema”.

moody's

Investitori esteri in crisi di fiducia. Ecco il vero deficit dell'italia

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