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Oggi 8 febbraio ricorre l’anniversario dei 20 anni dalla morte di Giuseppe Tatarella, il “ministro dell’armonia” del primo governo a guida Silvio Berlusconi. Giuseppe Tatarella partendo dalla Puglia, sua terra di origine alla quale è sempre stato molto legato, riuscì a fare un’operazione politica delicatissima: liberare la destra italiana dal recinto ideologico nel quale era stata confinata e renderla un soggetto governativo credibile.
La Fondazione Tatarella, presieduta dal giovane editore Francesco Giubilei, e la Fondazione AN, presieduta da Giuseppe Valentino, oggi hanno dedicato a “Pinuccio” Tatarella un convegno presso la Camera dei Deputati dal titolo “Giuseppe Tatarella 8.2.1999 – 8.2.2019” al quale ha preso parte anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella e che ha come relatori il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano, Gianni Letta, il presidente Roberto Maroni e Luciano Violante.

Sulla figura di Tatarella e sul suo lascito storico e politico nell’Italia di oggi abbiamo rivolto qualche domanda a Francesco Giubilei, presidente della Fondazione Tatarella.

Qual è l’eredità più grande di Giuseppe Tatarella nella storia e nella politica italiana?

Giuseppe Tatarella ha il grande merito di aver inventato il moderno centrodestra. Grazie a lui la parola “destra” è stata sdoganata, Tatarella è stato uno degli artefici più importanti della transizione da Msi ad Alleanza Nazionale. Quest’operazione ha fatto superare le importanti preclusioni nei confronti della cosiddetta “destra post fascista” rendendola forza di governo. Accanto a questo c’è l’apertura ad altri mondi, come quello cattolico o quello liberale, da sempre vicini alla destra ma forse spaventati da alcuni eccessi dialettici. Questo sdoganamento, però, non ha significato la perdita dei valori cari alla destra. La grandezza di Tatarella è stata questa: è riuscito a portare la destra nel futuro, nel 1994 Tatarella partecipa al primo governo a guida Berlusconi nel corso del quale gli viene riconosciuto il titolo di “ministro dell’armonia” proprio a sottolineare la sua capacità di mediazione tra le varie aree del centrodestra.

Quanto era forte e quanto era importante il legame di Tatarella con la sua Puglia?

Anche da questo punto di vista Tatarella è stato un precursore dei tempi. È riuscito a riunire la politica nazionale, dove ha ottenuto risultati straordinari che ne hanno fatto un padre della destra moderna italiana, con una mai trascurata attività politica a livello territoriale. Anche quando ha assunto ruolo apicali a livello nazionale ha proseguito nel mantenere rapporti non solo rappresentativi con la sua terra, la sua Puglia. Oggi siamo abituati a slogan, all’immediatezza dei social network che restituiscono l’idea di un rapporto diretto dei leader con il popolo, Tatarella riusciva a mantenere un legame reale con il suo territorio, era un leader arrivato dal basso, un uomo del popolo che si era fatto da solo. Io non ho avuto modo di conoscerlo, per questioni anagrafiche, ma mi ha colpito molto un video in cui lo si vede giocare a carte poco prima di salire sul palco e parlare davanti a centinaia di persone. La sua grandezza sta nell’essere riuscito a mantenere costante il suo rapporto reale e viscerale con il territorio pugliese.

Tatarella viene ricordato per essere stato uno sponsor importante di Gianfranco Fini nella sua escalation all’interno del partito. Parlare con il senno del poi è facile ma, secondo lei, questo può essere considerato un errore?

Io direi di no. Se Tatarella non fosse scomparso nel 1999 ma avesse vissuto fino all’operazione del Pdl probabilmente la storia sarebbe andata in modo completamente diverso e non si sarebbe consumato lo strappo che ha lacerato la destra italiana. Per quel che riguarda Gianfranco Fini dico che è una parte passata della storia della destra italiana, ha commesso errori politici da non ripetere e per i quali è stato punito quando si è candidato con Futuro e Libertà. Oggi credo sia necessario andare oltre e superare un certo astio che ancora permane nel mondo della destra italiana nei confronti di Gianfranco Fini, è un atteggiamento che non porta da nessuna parte.

Secondo lei se oggi fosse ancora vivo Tatarella che rapporto avrebbe da una parte con il populismo, dall’altra con la nuova destra incarnata dalla Lega di Matteo Salvini?

È una domanda interessante. Secondo me dobbiamo partire dal presupposto che la Lega e il M5S sono partiti post ideologici, incasellarli nelle categorie di destra e sinistra è un’operazione rischiosa. La Lega interpreta battaglie che sono anche battaglie di destra, come per esempio quella del presidenzialismo, portata avanti a suo tempo anche da Tatarella. Però il contesto politico attuale è talmente cambiato che fare previsioni risulta impossibile.

Lasciando stare le categorie politiche, secondo lei Tatarella crederebbe al cambiamento genetico della Lega, da partito regionale a partito nazionale?

Sicuramente la Lega ha avuto la capacità di comprendere che battaglie legate a singoli territori alla lunga, se si vuole diventare un partito di governo, non potevano garantire il ritorno elettorale che sta raccogliendo oggi. La Lega ha fatto una duplice operazione, da una parte è passata da un partito regionale a uno nazionale con tutto ciò che questo comporta, l’uso del tricolore, il cambio cromatico da verde a blu, il cambio di comunicazione. Dall’altra parte il percorso partito con la manifestazione dell’8 dicembre a Roma è il tentativo di creare un partito della nazione. Laddove hanno fallito Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, Matteo Salvini vuole provare a creare un grande raccoglitore politico che riesca a coniugare le istanze storiche leghiste e le battaglie di destra che sarebbero senz’altro piaciute a Tatarella. Oltre a questo ha anche moderato il linguaggio, provando a recuperare parte di quell’elettorato che oggi non vota Lega. Questo processo politico penso che rientrerebbe nella visione politica di Tatarella ma quando facciamo queste analisi è sempre fondamentale ricordare che stiamo parlando di un contesto politico che ha superato le categorie politiche del ‘900.

La Fondazione Tatarella ha ricordato il suo padre ispiratore con un convegno alla Camera, ma c’è anche una pubblicazione.  

Sì, oltre al convegno la nostra casa editrice, Giubilei Regnani, ha pubblicato un libro dal titolo “Pinuccio Tatarella”, all’interno del quale ci sono i contributi di tutti i principali politici, giornalisti e intellettuali italiani. La notizia interessante, però, è che, all’interno del libro in pieno spirito “tatarelliano”, Giuseppe Tatarella è ricordato da un contributo di Giorgia Meloni, di Matteo Salvini e di Antonio Tajani. Una pubblicazione editoriale dedicata a Giuseppe Tatarella è riuscita a riunire i tre interpreti dell’attuale centrodestra, in un periodo in cui il centrodestra fa fatica a trovare l’unità.

 

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