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Si sta incanalando nei binari della partecipazione bipartisan la conferenza sulla Libia in programma a Palermo il prossimo 12 novembre?

Dai primi passi della Farnesina (e dai primi feedback) sembrerebbe proprio di sì anche se il condizionale è d’obbligo. Dopo i rumors dalla Casa Bianca che vogliono il presidente Donald Trump in persona presente in Sicilia, ecco l’invito rivolto anche al Cremlino a Vladimir Putin che però temporeggia. Strategie, obiettivi e retroscena con sullo sfondo il nodo-Perrone.

A PALERMO

L’Italia ha ufficialmente invitato il presidente russo Vladimir Putin a partecipare al vertice sulla Libia, come annunciato dal ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi. La replica del governo è arrivata a stretto giro: “La Russia sicuramente parteciperà alla conferenza sulla Libia di Palermo, ma il livello di partecipazione sarà stabilito in seguito. L’invito lo abbiamo ricevuto solo domenica”, ha detto il ministro degli esteri Sergey Lavrov, (in foto).

Secondo lo speaker del Cremlino Dmitry Peskov il Presidente Putin non ha ancora in programma di partecipare alla conferenza. Se due negazioni affermano allora la presenza di Putin potrebbe esserci anche se preceduta dalle schermaglie del caso.

La presenza di Moavero in Russia (che ha incontrato anche il ministro del Commercio, Denis Manturov, in vista del Consiglio italo-russo per la cooperazione economica, industriale e monetaria, presieduto da entrambi che si terrà in Italia tra due mesi) ha l’obiettivo di sensibilizzare maggiormente Lavrov sulla crisi libica, nell’ottica di una ricomposizione prima dei vari player che agiscono sull’intera macroregione e, solo dopo, per una effettiva svolta per la Libia.

Lo sforzo di Roma rivolto ad un atteggiamento inclusivo segue l’accelerazione di Parigi per rimarcare il proprio ruolo, ma con l’attualità della ripresa dei conflitti che necessita di un’altra mossa anche da parte dell’Europa.

SCENARI

In questo senso l’agenda di Parigi, che punta fortemente alle elezioni, avrebbe l’obbligo di intrecciarsi all’appuntamento palermitano non fosse altro perché la richiesta primaria dell’Italia è quella di assicurare una cornice di sicurezza sul territorio (costante e duratura) prima di andare alle urne. Secondo alcuni analisti ci sarebbe proprio Parigi dietro le pressioni per il rientro in Italia dell’ambasciatore Perrone, la cui uscita di scena, più di qualcuno, vorrebbe accostare a un nuovo ruolo per il Generale Khalifa Haftar, in stretto legame con l’Eliseo.

Ma il diplomatico incassa il sostegno ufficiale del ministro Moavero perché “uno dei migliori diplomatici a disposizione del Paese”. Perrone in occasione di un’intervista aveva sottolineato che le elezioni avrebbero dovuto essere precedute da una “base costituzionale”.

Sul punto si registrano alcuni rumors di possibili divergenze tra governo italiano e i servizi: da un lato vi sarebbero stati dei tentativi reiterati di escludere l’ambasciatore sotto le pressioni del governo della Cirenaica; dall’altro la difesa della Farnesina (e quindi di Palazzo Chigi) che, invece, prosegue sulla strada segnata per il vertice palermitano.

QUI LIBIA

Intanto nel Paese si registra la volontà del primo ministro sostenuto dall’Onu, Fayez al-Serraj, di fare un rimpasto di governo con l’obiettivo di ampliare il suo raggio di azione. Via il ministro degli interni sostituito da Fathi Ali Bashagha e altri avvicendamenti nelle squadra di governo, come all’economia dove va Ali Abdulaziz Issawi, alle finanze Faraj Bomtari e alla gioventù Bashir al-Qantri. La mossa, secondo fondi diplomatiche, ha lo scopo di rafforzare la sicurezza nella capitale dopo gli scontri avventi nelle ultime settimane che stanno minando la stabilità interna per accaparrarsi i fondi pubblici e il potere legato alle risorse petrolifere.

Inoltre le nomine si intersecano con il programma targato Serraj di revisione delle entrate e delle spese, che intende chiedere alla Banca centrale di Tripoli e all’istituto gemello presente nell’est del Paese. Una primizia che potrebbe avere la forma di una leggera revisione, capace di promuovere la riunificazione della banca centrale che fu divisa nel 2014.

lavrov

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