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Come chirurgo e come direttore di una struttura complessa specificamente dedicata alla chirurgia d’urgenza, posso affermare che l’ambito sanitario – con particolare riguardo ad alcune sue aree, in particolare l’emergenza – vive la crisi quotidianamente. Le ragioni di questo e l’analisi dei problemi sono note e già adeguatamente sviscerate. Ma se si conclude che la sola presenza delle difficoltà basti ad allontanare i giovani dalla professione – in particolare – chirurgica, non si giustifica la motivazione con cui una donna e un uomo scelgano di intraprendere il lungo percorso di studi ed esperienza che conduce alla professione medica.

La prima ragione per la quale si accettano circa dieci anni di (iniziale) percorso di formazione non sono certamente la remunerazione economica, i riflettori, la comodità degli orari di lavoro. Forse anche per questa ragione molti colleghi vivono la professione divisi da sentimenti altalenanti e opposti tra loro: da una parte passione e dedizione, dall’altra un rapporto difficile e spesso sofferto con una burocrazia talvolta sclerotica, con la minaccia di controversie medico-legali e dagli organici frequentemente insufficienti, che costringono a turni di lavoro sempre più massacranti e tendenzialmente mal retribuiti.

A ciò si aggiunge un fenomeno che merita la nostra attenzione e la necessità di una profonda riflessione, ovvero le diffuse manifestazioni di diffidenza e sfiducia nei confronti della classe medica, la cui competenza è messa in discussione dalla disinformazione e dalle imperanti “fake news”, che rischiano di compromettere il corretto rapporto medico-paziente sia sul piano strettamente clinico sia su quello più propriamente relazionale, minando un’efficace alleanza terapeutica basata sull’empatia, fondamentale per ogni percorso di cura.

A conferma di ciò vi è la propensione ad andare anche lontano, in Paesi magari arretrati, con scarsa remunerazione e prospettive e garanzie poco allettanti, pur di affermare il proprio senso di realizzazione che nella chirurgia d’urgenza trova la sua massima completezza. Queste situazioni avverse peraltro si accentuano nelle condizioni di urgenza in cui i medici si trovano nella necessità di un’azione rapida ed i pazienti e i parenti vivono il disagio di una situazione tanto drammatica quanto improvvisa. Situazione che, va ricordato, conduce non di rado ad aggressioni, sia verbali sia fisiche.

Una presa di coscienza totale dei rischi e delle criticità cui andiamo incontro, al di là della stretta necessità di saper affrontare le crisi e superare le emergenze, consentono di svolgere la professione con maggiore consapevolezza. In questo momento non dimenticando che lo spirito di emulazione che muove i giovani non può essere trascurato e non deve sprofondare di fronte a talune incongruenze che, per quanto gravi, devono invece muovere la categoria forte e conscia di quanto possa continuare a dare.

(Il contributo del dott. Paolo De Paolis (direttore del dipartimento chirurgia generale e d’urgenza dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, e Presidente della Società Italiana di Chirurgia) è contenuto nell’ebook “Comunicazione di crisi in sanità tra gestione dell’emergenza e litigation pr”, scritto da Andrea Camaiora, edito da Skill Press e disponibile sulle piattaforme Amazon e Kindle)

professione medica

I giovani chirurghi e la professione medica. Una riflessione sulla crisi

Di Paolo De Paolis

Come chirurgo e come direttore di una struttura complessa specificamente dedicata alla chirurgia d’urgenza, posso affermare che l’ambito sanitario – con particolare riguardo ad alcune sue aree, in particolare l’emergenza – vive la crisi quotidianamente. Le ragioni di questo e l’analisi dei problemi sono note e già adeguatamente sviscerate. Ma se si conclude che la sola presenza delle difficoltà basti…

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