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Lanciato nel 2005 da associazioni palestinesi, il movimento del BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) fa discutere politici, legislatori e giudici sui limiti della libertà di espressione. Gli attivisti del BDS sostengono che il movimento è una forma non violenta di opposizione al regime israeliano di oppressione contro il popolo palestinese. Le argomentazioni dell’appello del 2005 e di diversi sostenitori confondono però la critica alle politiche israeliane con argomentazioni contro l’idea stessa di Israele, con una visione parziale e selettiva della storia e del diritto internazionale.

A luglio 2018, il ministro israeliano Erdan aveva puntato il dito contro l’Unione europea e i numerosi finanziamenti ad associazioni che direttamente o indirettamente sostengono il movimento. La rappresentante per la Politica Estera dell’Ue Mogherini ha negato l’accusa, replicando al ministro che tali affermazioni sono disinformazione. Nel 2016, in una risposta scritta a un’interrogazione parlamentare, la stessa Mogherini aveva detto che l’Ue non sostiene il BDS, definendo però gli attivisti come difensori dei diritti umani.

La lotta pro e contro BDS si espande alle organizzazioni culturali e commerciali, così come nelle aule parlamentari. La Francia si è dotata già nel 2004 di una legge che vieta l’incitamento alla discriminazione di una persona o un gruppo in base all’appartenza etnica, nazionale e religiosa. In base alla legislazione anti-boicottaggio, la Corte di Cassazione francese nel 2015 conferma le sentenze di condanna contro attivisti BDS per attività di incitamento al boicottaggio di prodotti israeliani.

Nel 2016 la piattaforma di pagamenti online PayPal aveva chiuso i conti di due gruppi francesi affiliati con al movimento BDS per le attività considerate illegali in Francia. il 3 settembre 2018 la società HelloAsso, che gestisce una piattaforma digitale di pagamento, pubblica un post su Twitter in cui conferma la decisione di mantenere i conti del gruppo Association France-Palestine Solidarité, che promuove il boicottaggio, poiché considerata un’associazione apolitica distinta dal BDS, che viene comunque definito legittimo in virtù della libertà di espressione.

Negli ultimi due mesi, anche la Germania è stata coinvolta in diverse dispute sul BDS. La Bank für Sozialwirtschaft è stata accusata da diversi politici tedeschi di condotta non etica per mantenere come cliente un gruppo che appoggia il BDS. Alcune associazioni hanno anche proposto di chiudere i propri conti in opposizione alla linea della banca. Il Commissario Federale per la Lotta all’Antisemitismo Felix Klein ha detto in un’intervista a Deutsche Wellle nel maggio 2018 che il BDS è antisemita negli obiettivi e nei metodi, esprimendosi nei mesi successivi contro banche e istituti finanziari che gestiscono conti appartenenti a gruppi affiliati col movimento.

Anche i giudici spagnoli stanno confermando la linea anti-BDS. La recente sentenza del 4 settembre 2018 del tribunale di Huelva ha dichiarato nulla la decisione del Consiglio Municipale di Ayamonte del maggio 2017, che adottava politiche di boicottaggio culturale ed economico di Israele. Il Tribunale, confermando la giurisprudenza spagnola in simili casi, parla di violazione dei poteri dato che una simile decisione riguarda la politica estera di competenza governativa. In più scrivono i giudici, la politica di boicottaggio municipale costituisce una “discriminazione che non si basa su criteri obiettivi e ragionevoli” comportando quindi una violazione del diritto di eguaglianza.

Pare esserci una crescente visione contro il BDS, considerato un movimento che promuove discriminazione sulla base di una determinata visione politica del conflitto; eppure continua a polarizzare il discorso sul conflitto arabo-israeliano stuzzicando l’idea che si tratti di una corrente pacifista anti-imperialista devota alla causa di un popolo oppresso. Questo tacito consenso sorvola su vari aspetti, come le contraddizioni sull’idea di pace che implicherebbe per forza uno stato unico e binazionale, le condanne univoche di violenza che giustificano o tralasciano la violenza politica palestinese, le posizioni anti-sioniste che inevitabilmente si ripercuotono sugli ebrei accusati di sostenere il governo dell’occupazione, il linguaggio che adatta storia e diritto internazionale a un fine politico ben preciso.

Le accuse di antisemitismo sono ribattute come tentativi di silenziare le critiche contro Israele, mentre il discorso anti-israeliano e anti-sionista è considerato una legittima espressione della libertà di pensiero perché si esprime con il linguaggio dei diritti umani.

L’ambiguità dell’Ue sulla questione BDS è in realtà una chiara risposta alle preoccupazioni di Israele e di altri gruppi pro-israeliani che hanno sollevato la questione: formalmente l’UE non sostiene il BDS, in pratica non si oppone. Francia, Germania e Spagna si oppongono al movimento, che invece in Irlanda sta avendo successo con una proposta di legge che criminalizza l’acquisto di beni provenienti dai “territori”. Come risponderà l’Italia dovesse il fenomeno prender piede?

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