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Apriremo il software. È arrivato nel tardo pomeriggio di ieri sul Blog delle Stelle il post a firma di Davide Casaleggio con cui il presidente dell’Associazione Rousseau ha annunciato che durante l’evento che si terrà questo fine settimana, Villaggio Rousseau, verrà reso disponibile “a tutti” il software di Rousseau “affinché tutti possano analizzarlo, migliorarlo, svilupparlo e utilizzarlo”. Un’idea che è piaciuta ad Arturo Di Corinto, esperto di sicurezza cyber e voto elettronico, giornalista che ha condotto diverse inchieste sulla democrazia digitale – e non solo – e che non ha mai risparmiato critiche alla piattaforma del Movimento 5 Stelle.

“È interessante il fatto di realizzare un hackathon per mettere alla prova delle soluzioni informatiche per il voto anonimo e garantito attraverso una piattaforma elettronica. È buono che si punti sul concetto di apertura del software, ossia di un elemento che finora ha garantito lo sviluppo evolutivo dei migliori software che usiamo tutt’oggi, a tutta la comunità dei programmatori che vogliono interessarsi al tema”.

Sul post firmato da Casaleggio jr., infatti, si legge che durante la due giorni che si terrà a Milano questo fine settimana “sperimenteremo le prime votazioni blockchain anonime e con certificazione distribuita. Una prima mondiale per questo tipo di tecnologia che spero diventerà un punto di partenza per lo sviluppo di nuovi modelli di voto democratico e di partecipazione diretta alla vita pubblica”. Quella del voto su blockchain “è già realtà, funziona ed è una solida e concreta base da cui partire”, scrive Casaleggio, e l’evento di Milano sarà l’occasione per testarla.

“Come metodo va bene – commenta Di Corinto -, è una bella iniziativa, dal punto di vista del merito, ma ho qualche dubbio sull’utilità della blockchain per garantire un voto anonimo e certificato. Nel senso che lui parla di esperienze già fatte nel mondo, ma non dice quali, quindi è difficile fare un confronto. Dal punto di vista teorico, infatti, rimane il fatto che anche un voto su blockchain può essere oggetto di un attacco e di una manipolazione”. Di Corinto porta come esempio il caso dell’Estonia, oggetto di una sua inchiesta su Codice, il programma sulla vita digitale trasmesso su Rai1 e condotto da Barbara Carfagna.

“È vero che c’è la possibilità di procedere con il voto elettronico con un alto grado di affidabilità, sei mesi dopo però abbiamo scoperto che le carte digitali con cui i soggetti si identificavano per fare questo voto elettronico anonimo, garantito e certificato da una commissione esterna, erano taroccate. Avevano, insomma, una falla, una vulnerabilità, per cui non era più possibile garantire l’esatta corrispondenza tra il detentore del mezzo di riconoscimento e la persona che lo presentava. Questo ha riguardato 700mila persone e il governo estone ha dovuto ritirare le identity card digitali di 700mila estoni che con quelle avevano votato”. Il problema, insomma rimane, spiega Di Corinto, perché per ogni nuovo strumento tecnologico a disposizione corrisponde la possibilità di un errore che va valutata.

Inoltre, aggiunge, con l’avvento della “democrazia digitale” bisogna tener conto anche dell’accessibilità, perché non tutti i cittadini sanno – come avviene durante le elezioni con schede elettorali e matita – come effettivamente si procede per votare. Ma anche questi sono temi da tenere presenti e su cui è necessario aprire un dibattito.

Uno sguardo positivo, però, verso l’iniziativa dell’Associazione Rousseau: “Buona l’idea di renderlo disponibile a tutti, buon l’idea di farlo attraverso un hackathon”, e poi una conclusione che apre a ulteriori domande, che forse troveranno risposta durante la due giorni che si terrà il 9 e 10 marzo: “Sarebbe bello sapere a quali esperienze internazionali si sono rivolti per farne una valutazione, e sarebbe utile capire questa votazione in blockchain con certificazione distribuita come dovrebbe funzionare”.

Rousseau apre il codice. La piattaforma dei 5 Stelle si mette alla prova

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