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Non basta un ministro per tessere una rete di rapporti duraturi con il Cremlino. L’impegno di Matteo Salvini per rilanciare l’interscambio fra Italia e Russia e mettere una pietra tombale sulle sanzioni europee non è certo indifferente, ma sarebbe poca cosa senza il supporto di un network di imprese, banche e rappresentanze della società civile italiana a Mosca che vogliono nuotare nella stessa direzione. Degli uomini italiani a Mosca Antonio Fallico è senza dubbio fra i più ascoltati dal governo russo. Presidente di Banca Intesa Russia e dell’associazione Conoscere Eurasia, da anni incontra e conosce di persona Vladimir Putin, che nel 2008 gli ha conferito l’Ordine dell’Amicizia per aver fatto da ponte nei rapporti fra Roma e Mosca. In Italia il banchiere è da molti considerato l'”uomo di Putin” soprattutto per le questioni energetiche. Lo è ancor di più da quando ha ideato il Forum Eurasiatico, la kermesse internazionale ospitata a Verona giunta alla sua undicesima edizione che ha fatto guadagnare alla città veneta il titolo di “Davos” dell’Eurasia. Anche quest’anno la passerella delle imprese europee e la presenza istituzionale (compresi delegati della Commissione Ue e i filo-russi Matteo Salvini e Romano Prodi) hanno confermato le aspettative. Intervistato da Formiche.net, Fallico spiega la sua ricetta per rilanciare il dialogo con Mosca superando gli ostacoli che il governo gialloverde si trova di fronte: dalle sanzioni Ue alla guerra in Ucraina, passando per il Tap e la crescita del debito pubblico.

Antonio Fallico, alla sua undicesima edizione il Forum Eurasiatico ha consacrato Verona come la Davos dell’Eurasia?

Parto dai numeri: 1300 partecipanti da una quarantina di Paesi (il 25% in più dell’anno scorso), un migliaio di aziende che rappresentano il 90% dell’interscambio. Per non parlare degli speaker di altissimo livello e di un’inedita presenza istituzionale, compresi rappresentanti del Dipartimento Cooperazione Internazionale e Sviluppo Commissione Europea, della Confindustria francese e tedesca.

Il tema caldo di questa edizione sono state le sanzioni europee contro Mosca. Hanno davvero un impatto significativo sull’export italiano?

Assolutamente. Se ci limitiamo all’impatto delle contro-sanzioni russe nell’agroalimentare la perdita secca per l’export italiano è di un miliardo di euro. Se poi consideriamo anche il divieto imposto dalle sanzioni americane ed europee di finanziare a medio termine le aziende russe può intuire che le perdite salgono a svariati miliardi di euro. Ci sono addirittura stime ufficiali che parlano di 100 miliardi di euro di perdite per l’interscambio europeo negli ultimi tre anni.

Le stime presentate da una parte della comunità internazionale, Stati Uniti in testa, parlano di un impatto diverso…

Premetto che le stime non sono mai esaustive, però qui nessuno fa terrorismo psicologico. Gli americani minimizzano perché il loro export in Russia non è elevato, ma il paradosso è che in questi anni gli Stati Uniti hanno aumentato l’interscambio con Mosca.

Da Washington ricordano che le sanzioni sono legate a doppio filo al rispetto degli accordi di Minsk da parte dei russi…

Mi sembra pretestuoso, per dimostrare che la Russia ha violato quegli accordi bisognerebbe trovare le prove di un suo coinvolgimento nell’abbattimento dell’aereo Malaysia Airlines nel 2014, eppure dopo anni di ricerche non ve n’è traccia.

Che dire invece dell’annessione della Crimea?

Vale lo stesso discorso. C’è stato un referendum con il 97% dei voti a favore. Perché questo non vale e il referendum del Kosovo invece sì? L’Onu deve avere la dignità che ha sempre avuto, seguire le regole del diritto internazionale senza doppi binari. Mi sembra che ci siano gli stessi pregiudizi per il caso Skripal in Regno Unito e per le interferenze, mai dimostrate, dei russi nelle elezioni americane.

Il Consiglio Europeo del 13-14 dicembre dovrà decidere sul rinnovo delle sanzioni. Lo stesso Salvini ha chiarito che l’Italia farà di tutto per far valere la sua posizione, ma il veto sembra un passo troppo azzardato.

Questo governo, così come quello precedente, si è già pronunciato contro le sanzioni. Ora dalle parole si deve passare ai fatti. Ovviamente questa posizione deve essere condivisa in modo diplomatico e razionale. Ma se un pronunciamento negativo del governo italiano non si trasforma in un veto non si risolve nulla.

Come giudica l’impegno personale di Salvini per rimuovere le sanzioni europee?

Valuto molto positivamente l’impegno e l’entusiasmo di questo governo, la sua attenzione nei confronti della Russia, e la previsione di una revisione delle sanzioni inserita nel contratto. Come uomo di business però sono molto attento ai risultati. L’Italia nei primi sei mesi del 2018 ha esportato in Russia per 3,5 miliardi di euro, contro i 3,754 dell’anno scorso. Nello stesso semestre le esportazioni russe sono incrementate dell’1,6%. È poca cosa, una tendenza dovuta soprattutto a una contingenza climatica, e comunque nulla in confronto alle cifre del 2013.

A Mosca Giuseppe Conte ha parlato di un’economia italiana forte. È così che viene percepita dai russi o la manovra gialloverde preoccupa anche loro?

Il governo russo non ha mai preso posizione sul nostro def. Certamente il governo italiano qui trova molto ascolto, anche se i russi da Roma si aspettano mosse concrete, a cominciare dalle sanzioni.

Una contropartita può essere l’acquisto di Btp da parte del fondo sovrano russo o sono solo speculazioni?

So che non è stato chiesto in modo esplicito. Posso però assicurare che la Russia non pensa assolutamente che i titoli di Stato italiani siano a un gradino dalla spazzatura. Quando finirà la retorica insensata dello scontro con Bruxelles e le acque si calmeranno Putin guarderà con obiettività e freddezza alla situazione. La Russia in questi anni ha perfino ridotto il suo impegno nell’acquisto di titoli americani, passando da circa 130 miliardi a 14, non tanto per motivi politici quanto per una razionalizzazione degli acquisti.

Al Forum si è parlato anche di energia. È soddisfatto del passo in avanti del governo sul gasdotto Tap? Crede sia un’opera strategica per l’economia italiana?

Da una prospettiva prettamente economica, non entro nelle tematiche ambientali, il Tap è un’opera che si può fare. Bisogna riflettere su quale gas passerà per il Tap. Quello azero? L’Azerbaijan non è in grado di soddisfare il mercato interno e tener fede ai contratti firmati con altri Paesi all’estero, soprattutto con la Turchia, mi chiedo come possa far transitare più di 10 miliardi di metri cubi di gas in quel condotto.

Caro Salvini, sulle sanzioni alla Russia passate dalle parole ai fatti. La versione di Fallico

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