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Ci sono due strumenti per capire che aria (politica) tira in Italia: il primo sono i sondaggi. Strumenti scientifici, dall’affidabilità proporzionata alla serietà della campionatura, oggi offrono anche in Italia uno standard accettabile di fotografia dell’attimo fuggente, grazie anche alla formidabile concorrenza tra gli istituti di ricerca. L’altro strumento è la “nasometria”: consiste nell’annusamento di quel che la gente pensa veramente. La tecnica? Parlarci, starci insieme, viverci in mezzo. Bene: sondaggi scientifici e carotaggi nasometrici coincidono e ci raccontano di un governo gialloverde in piena luna di miele.

Le tabelle dei sondaggi sono sotto gli occhi di tutti nelle serie più vicine: basta dare un’occhiata al sito governativo che li raccoglie( www.sondaggipoliticoelettorali.it) per capire che il consenso dell’elettorato nei confronti dei partiti di governo si aggira tra il 58 e il 60%. Certo, si potrà dire, siamo ancora alla luna di miele, in fondo, tolto agosto, quanti mesi di governo hanno alle spalle, tre e mezzo? Giusto. Ma non è solo il posizionamento dei partiti di maggioranza a mantenere livelli alti. Anche la pasticciatissima manovra finanziaria, farcita di manine e di roboanti anatemi, pare che piaccia almeno al 59% degli italiani.

Sarà vero? La controprova viene dal metodo nasometrico: dal tassista- storicamente “contro” tutto quello che incarna il potere, cittadino e nazionale- al pizzicagnolo, al giornalaio, all’insegnante, all’impiegato, si diffonde un inedito sentimento “giustificazionista” per il dilettantismo delle azioni messe in atto dal governo, quasi un empatia per il ministro gaffeur, un’assoluzione per questi giovanotti che devono combattere ogni giorno con la burocrazia perfida, i poteri fortissimi, i giornali, le banche, Junker, Macron, la Merkel le agenzie di rating e la Spectre di James Bond.

Non siamo certamente arrivati a quella triste forma di “allineamento” al potere dominante che Hannah Arendt racchiuse nella parola tedesca Gleichshaltung, su cui venne costruito l’edificio più terribile della storia del secolo scorso. Certamente, però, la mancanza di opposizioni capaci di animare il dibattito pubblico ponendo in campo credibilmente un diverso parere, non aiuta. C’è poi l’informazione. Togliamo, ahinoi, la cartastampata, ormai oggetto di culto solo per una minoranza di eletti: le prime dieci testate nazionali italiane vendono oggi quanto il solo Corriere della Sera vendeva negli anni ruggenti. Restano la tv e i social media, impegnati in un gioco di rispecchiamenti in cui la prima martella con i talk show e i secondi rilanciano con un rumore di fondo organizzato che impegna fior di professionisti della comunicazione per orientare e consolidare le opinioni.

In un tempo in cui la comunicazione è essa stessa contenuto politico, ignorare queste dinamiche più che una disattenzione è un peccato mortale. Gli italiani vanno verso un vischioso allineamento sulla linea dell’antagonismo globale? Non credo sia questo il problema: anche se le forze di governo dovessero davvero consolidare quel consenso che i sondaggi registrano, resterebbe comunque un 40% di italiani contro. Un popolo che, però, rischia di non trovare una casa politica dove stare.

Pil

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