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Al Summit della Nato, uno dei principali temi dell’agenda riguardava il livello di investimento dei Paesi membri e per l’Italia l’obiettivo di spesa del 2% del Pil nazionale. Il governo italiano si è impegnato a raggiungerlo con una traiettoria che già nel 2025 corrisponderà all’1,6% del Pil. Nei prossimi mesi partirà il dialogo tra Commissione Europea e sette Paesi membri che sono oggetto di procedura di infrazione per deficit eccessivo a seguito delle raccomandazioni specifiche per Paese, che saranno approvate il 16 luglio con una Decisione dal Consiglio dei ministri dell’Economia e delle Finanze. L’occasione è importante per l’Italia che intende ribadire nella fase negoziale la possibilità di escludere gli investimenti per la difesa dal Patto di Stabilità. Il tema è sul tavolo da tempo nonostante la contrarietà di alcuni Paesi, tra i quali la Germania.

L’argomento è più ampio e riflette il complicato intreccio tra la priorità della Difesa in Europa e nella Nato, e la priorità comunitaria della stabilità delle regole di bilancio. Tema in questi giorni oggetto di discussione in Germania circa l’adozione di un nuovo Fondo Speciale per la Bundeswehr dal 2028. Dunque, due obiettivi, 2% del Pil per la Nato e 3% del deficit per la Ue, che non trovano una coerenza nel quadro normativo europeo.

La proposta di adottare un approccio flessibile trova un’anticipazione a fine 2023 nel discorso di Ursula Von der Leyen all’Agenzia Europea di Difesa, dove affermò la necessità di supportare le spese per la difesa con un’estensione dei periodi di aggiustamento fiscale dei Paesi membri e di considerare gli aumenti della spesa per la difesa tra i fattori rilevanti in relazione all’eccesso di deficit, con un’attenzione agli investimenti in specifici capability gaps.

Nel 2024 l’Ue ha approvato un Regolamento di riforma del quadro di governance economica che prevede maggiore flessibilità nell’applicazione delle regole, e inserisce la crescita della spesa per la difesa tra i fattori rilevanti nel valutare i requisiti per i piani nazionali strutturali di bilancio di medio termine. Sono previste clausole di salvaguardia nazionali che consentono ai Paesi di deviare dal percorso della spesa netta stabilito dal Consiglio, nel caso di circostanze eccezionali al di fuori dello Stato membro con rilevanti ripercussioni sulle finanze pubbliche, purché non si comprometta la sostenibilità di bilancio nel medio termine. La persistenza di circostanze eccezionali consente una proroga.

Una specifica applicazione del fattore rilevante alla difesa è rappresentata dall’Estonia che, pur avendo superato la soglia del 3% ma non il 60% del debito, è stata esentata. Il suo approccio è stato giustificato dalle circostanze economiche eccezionali, con la specifica che il caso non costituisce un precedente.

La flessibilità dei criteri del Regolamento sulla governance economica consente dunque un certo margine di manovra ai Paesi nell’interlocuzione con la Commissione Europea.

In parallelo, un caso simile ma non concernente il deficit eccessivo riguarda la Germania, dove è in corso un’accesa discussione sulle modalità di finanziamento di un nuovo Fondo Bundeswehr. per colmare la carenza di investimenti volti a mantenere il 2% del Pil dal 2028. Da notare che dal 2022 sono stati avviati tre Fondi speciali relativi ad ambiente, energia e difesa. Si tratta di fondi speciali le cui caratteristiche sono one-off, extra-budget, finanziati con prestiti, aggancio alla Legge Fondamentale. Se il ministro delle Finanze Lindner mantiene una posizione rigida rigettando gli Eurobonds e insistendo sul freno fiscale, la questione del nuovo Fondo per la difesa resta controversa per incertezze giuridiche: legge ordinaria, emendamento alla Costituzione per superare il vincolo del “debt break”, esclusione degli investimenti difesa dal patto di Stabilità? Si ritorna al tema di fondo non risolto in Europa che riguarda la primazia della sicurezza nazionale sui vincoli di bilancio o viceversa come oggi, vincoli considerati da molti superati dall’emergenza securitaria in Europa.

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