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La polveriera del Mar d’Azov, dove la marina militare russa ha bloccato il passaggio a un rimorchiatore e due cannoniere ucraine nello stretto di Kerch, sequestrandone l’equipaggio, ha riportato sotto i riflettori mondiali la crisi ucraina, suonando un campanello d’allarme ai Paesi dell’Alleanza Atlantica e all’Onu. È il secondo, dopo che il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg in un’intervista al Corriere della Sera ha denunciato l’installazione da parte del governo russo di missili a corto raggio SSC-8 in direzione del Vecchio Continente. L’Italia chiede “a tutte le parti di contribuire con mezzi politici e diplomatici ad allentare la situazione e le tensioni per evitare ulteriori rischi di destabilizzazione nella regione”, è il monito del titolare della Farnesina Moavero Milanesi. Una posizione non sufficiente per Kiev, che, ha ricordato l’ambasciatore ucraino in Italia Yevhen Perelygin a Formiche.net, chiede una netta denuncia della prepotenza russa nel Mar d’Azov. Il presidente americano Donald Trump, da parte sua, ha fatto sapere che alle attuali condizioni un incontro con Vladimir Putin al G20 di Buenos Aires non è opportuno.

Quale postura dovrebbe assumere il governo italiano in merito alla crisi del Mar d’Azov e al monito di Stoltenberg? Abbiamo sondato l’opinione di quattro autorevoli ex generali italiani. A prevalere è lo scetticismo, anche se, avvisano i militari, la questione dei missili russi non va sottovalutata. “È una minestra riscaldata che sa di Guerra Fredda” – chiosa Leonardo Tricarico, presidente della fondazione Icsa ed ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare – “non c’è dubbio che il passaggio delle imbarcazioni ucraine nello stretto sia una provocazione, la vera minaccia per la Nato non viene certo da Putin e dall’Est Europa”. “Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu – continua il generale – ha ritenuto opportuno rimanere dormiente in occasioni ben più drammatiche, fa bene dunque l’Italia a mantenere una posizione defilata”.

È dello stesso avviso Fabio Mini, che vanta una lunga carriera fra le fila dell’Alleanza Atlantica prima come capo di Stato Maggiore del Comando Nato per il Sud Europa e poi come comandante della missione in Kosovo KFOR. “La Russia soffre di un complesso di persecuzione che però talvolta è alimentato dall’Occidente” esordisce l’ex comandante. “Sarò sempre dalla parte della Nato, ma Stoltenberg da tempo getta benzina sul fuoco e non ha mai rinunciato a fingere che il regime di Kiev sia democratico”. Su una cosa però il n.1 della Nato ha ragione, dice Mini. “Non mi stupisco che la Russia abbia installato gli SSC-8, sono missili terra-terra che hanno una gittata media di 1500-2000 chilometri, sono pericolosi non tanto perché possono portare una testata nucleare ma soprattutto perché sono ideali come grilletto per innescare una crisi regionale”.

Quella degli SSC-8 russi è una storia vecchia, spiega ai microfoni di Formiche.net il generale dell’Aeronautica Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa. “Bisogna tornare indietro al 2008, quando gli americani hanno accusato la Russia di sviluppare questi missili cruise violando di fatto il trattato Inf contro la proliferazione. Allora il Cremlino fece spallucce, specificando che i missili non rientravano nei parametri del trattato perché superavano i 5500 chilometri di gittata”. Nel 2014 la nuova puntata, continua il generale: “gli americani accusarono ancora i russi di averli installati, ma Mosca si prese gioco dell’amministrazione Obama rispondendo questa volta di aver piazzato a Kaliningrad solo missili a corto raggio”. L’ultimo monito era giunto nel 2017 da Curtis Scaparrotti, il comandante supremo della Nato e del Comando Usa in Europa: “Fece una relazione al Congresso, sottolineando la pericolosità di questi missili contro cui è difficile difendersi”. Arpino però rimane dubbioso sullo scontro fra Kiev e Mosca a Kerch: “l’annessione russa della Crimea è illegale, così come lo sono gli omini verdi di Putin e il controllo dello stretto, ma Poroschenko lo sapeva e ha voluto comunque cercare lo scontro”.

Per Stefano Cabigiosu, già comandante della Kfor e del Vertice Interforze, tanto l’installazione dei missili SSC-8 al confine quanto il blocco nel Mar d’Azov sono episodi da ridimensionare di fronte a un più vasto piano geopolitico di Putin. “Tra aver posizionato i missili e pensare di impiegarli passa molta strada – ci spiega il generale – Putin ha già ottenuto tutto quello che voleva in Europa: ha preso la Crimea e le aree russofone dell’Ucraina, ha impedito che la Georgia e l’Ucraina entrassero rispettivamente nella Nato e nell’Ue, ha garantito la permanenza delle basi militari russe in Siria, ora non ha motivo di dare il pretesto agli americani e all’Ue di un inasprimento delle sanzioni, che hanno un impatto dirompente sull’economia russa”.

Mar d'Azov e missili russi. Quale postura per l'Italia?

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