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Bisognerà attendere gli esiti della “valutazione tecnica” del ministero della Difesa prima di capire le reali intenzioni del governo sul dossier F-35. Intanto, appare una buona notizia l’interlocuzione portata avanti dal sottosegretario Angelo Tofalo con l’alleato d’oltreoceano, considerando che il programma è chiesto a gran voce dalle Forze armate, è legato a una buona dose di credibilità internazionale e ha importanti ritorni occupazionali. D’altra parte, per gli Usa il Joint Strike Fighter rappresenta un programma strategicamente molto rilevante, considerazione da tenere a mente per il nostro Paese nei giorni in cui dilaga la preoccupazione per il rafforzato partenariato franco-tedesco.

L’INCONTRO AL PENTAGONO

La visita oltreoceano di Tofalo si è aperta qualche giorno fa con i colloqui dedicati alle aziende italiane del settore impegnate negli Stati Uniti, da Leonardo a Fincantieri, da Beretta a Iveco Defence Vehicles. Giovedì, Tofalo ha poi fatto visita agli stabilimenti di Philadelphia di Leonardo Helicopters, gli stessi che saranno protagonisti dell’assemblaggio degli 84 MH-139, gli elicotteri scelti dall’Aeronautica Usa nell’ambito della maxi gara che la One Company guidata da Alessandro Profumo ha vinto insieme a Boeing (prime contractor). Poi, ieri, “la giornata più impegnativa di tutta la missione”, quella che ha visto il sottosegretario impegnato in una serie di incontri al Pentagono.

IL DOSSIER F-35

All’inizio della missione, rispondendo alle indiscrezione del Messaggero che lo volevano negli States per confermare l’acquisto dei 90 velivoli (seppur rimodulato), Tofalo aveva negato che il tema fosse oggetto della sua missione. Eppure, per l’alleato americano il dossier è troppo importante. E così, è stata l’omologa Ellen Lord a chiedere conto al sottosegretario delle intenzioni del governo italiano sul programma Joint Strike Fighter. “Me l’aspettavo”, ha spiegato Tofalo. “Con l’estrema sincerità che lega due popoli amici e con assoluta fermezza ho espresso le molteplici perplessità che questo governo ha sul programma”. È per questo ancora in corso, ha aggiunto, “uno studio specifico, approfondito ed attento sul dossier F-35, mirato a verificarne anche il rapporto costi/benefici”. Stando a quanto già detto dalla titolare del dicastero Elisabetta Trenta, i risultati dovrebbero arrivare entro i primi mesi di quest’anno. “Una volta completato lo studio – ha fatto sapere ora Tofalo – il ministro lo sottoporrà al presidente Conte per le opportune valutazioni e conseguenti decisioni”.

LA RICHIESTA ITALIANA

Ad ogni modo, la missione americana dimostra quanto già detto dal sottosegretario sul tema: “È prioritaria un’interlocuzione con l’alleato americano”. Evitando posizioni pre-concettuali, è questa che permette la migliore valutazione del programma, nonché la possibilità di avanzare richieste. Non a caso, ha spiegato Tofalo circa il colloquio con la Lord, “ho anche chiesto al mio omologo statunitense di supportarci politicamente nell’indirizzare altri Paesi a realizzare i propri velivoli in Italia presso la Faco di Cameri, asset strategico della nostra Aeronautica militare, al fine di salvaguardare le capacità occupazionali dello stabilimento”.

LA FACO DI CAMERI

Si tratta della Final Assembly and Check-out (Faco) novarese, cuore della partecipazione italiana al programma JSF. Nel sito, situato all’interno della base dell’Aeronautica militare e gestito da Leonardo con il supporto tecnologico di Lockheed Martin, vengono assemblati i velivoli destinati al nostro Paese e all’Olanda, per un’attività che su tutto il territorio nazionale coinvolge “oltre 70 imprese” e coinvolgerà, a pieno regime, sei mila persone tra occupati diretti, indiretti e indotti. Già adesso, spiegava Tofalo visitando lo stabilimento a ottobre, “gli oltre mille dipendenti, personale altamente specializzato, rappresentano un importante indotto economico per la realtà locale”. Per quanto riguarda il lavoro della Faco, per il nostro Paese, l’impegno attuale prevede l’acquisto di 90 velivoli, dopo la riduzione dai 131 iniziali. Per l’Olanda, l’impegno riguarda invece 37 F-35 (di cui i primo otto prodotti negli Usa), anche se non si escludono possibilità di ampliamento. Poi, a Cameri si realizzano anche gli assetti alari degli aerei di quinta generazione, con una previsione iniziale di oltre 800 pezzi.

LE OPPORTUNITÀ

L’obiettivo italiano è chiaro: ottenere un maggior ritorno di lavoro a fronte della partecipazione al programma. Certo, il taglio già compiuto in passato e la “rivisitazione completa” annunciata a più riprese negli ultimi mesi rischiano di indebolire tale ambizione, ponendoci in una posizione scomoda. Possibilità per incrementare il coinvolgimento della nostra industria non sembrano mancare a guardare i numeri del programma. A fine ottobre, il Belgio ha reso noti i risultati della gara per la sostituzione degli F-16, prevedendo l’acquisto di 34 Joint Strike Fighter. Poche settimane dopo è arrivata l’ufficializzazione delle intenzioni del Giappone, con la richiesta di passare da 42 velivoli a 147 (per un valore stimato di circa 10 miliardi di dollari). È notizia degli ultimi giorni invece la scelta di Singapore, che ha optato per l’F-35 al fine di sostituire la flotta attuale di F-16.

IL PROGRAMMA INTERNAZIONALE

Intanto, il programma internazionale avanza con decisione verso la produzione a pieno rateo, con l’obiettivo di raggiungere nel 2020 il prezzo di 80 milioni di dollari per un singolo F-35 A, prezzo paragonabile (se non inferiore) a quello di un caccia di quarta generazione. A fine settembre, il Pentagono e Lockheed Martin hanno chiuso l’accordo per il lotto di produzione a basso rateo numero 11, scendendo a un prezzo unitario di 89,2 milioni per un velivolo a decollo e atterraggio convenzionali, pari al 5,4% in meno rispetto al lotto precedente.

LE PAROLE DEL GENERALE ROSSO

Tornando al contesto nazionale, sul dossier F-35 è intervenuto di recente il neo capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Alberto Rosso. Nell’intervista a Rivista Aeronautica, il generale non ha nascosto i problemi che riguardano l’Arma azzurra. Oltre alle difficoltà derivanti dai budget risicati (“far quadrare i conti e mantenere alto il livello di efficienza e di efficacia della Forza armata è davvero diventata un’impresa titanica e molte componenti sono ridotte a numeri estremamente contenuti”), Rosso ha espresso preoccupazione per “l’obsolescenza delle linee di volo Tornado e Amx”, connessa “alle luci e ombre che, ormai da qualche anno, accompagnano l’acquisizione del velivolo F-35 che ne dovrebbe rappresentare il naturale successore”. Tra l’altro, a fine novembre proprio l’Aeronautica è stata la prima Forza armata in Europa a dichiarare la capacità operativa iniziale del velivolo, avvenuta nell’ambito del corso internazionale Tactical Leadership Programme. “Abbiamo reso possibile, sempre per primi in Europa, l’effettiva ed efficace integrazione tra velivoli e sistemi di quarta e quinta generazione – ha ricordato Rosso – dimostrando sul campo, tra l’altro, la grande versatilità del sistema d’arma F-35, in grado di essere utilizzato con notevole efficacia nelle più disparate e complesse operazioni aeree”.

difesa

Gli F-35 nella missione Usa del sottosegretario Tofalo

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