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Skopje vivrà presto l’appuntamento elettorale più importante della sua storia, con l’atteso referendum sul cambio di nome del Paese. Tuttavia, con l’avvicinarsi del voto, crescono i timori che il naturale processo democratico nel Paese balcanico possa essere messo a repentaglio dalla lunga mano di Mosca.

LO STORICO VOTO

I macedoni dovranno esprimersi il 30 settembre sulla nuova definizione “Macedonia del nord” in conformità all’intesa siglato a luglio con la Grecia che apre la strada all’integrazione del Paese nella Nato e all’apertura dei negoziati di adesione all’Ue, chiudendo una lotta di tre decenni con Atene.

UNA RAFFICA DI FAKE NEWS

La tensione però è in crescita. Come già osservato in altre situazioni importanti – elezioni americane, crisi catalana, Brexit o le violenze a Chemnitz per citarne alcune – gli elettori, allertano diversi esperti, sono stati assediati da una raffica di fake news che stanno inquinando il dibattito sui social media e che tanto i funzionari macedoni quanto quelli occidentali ritengono siano diretti da gruppi sostenuti dalla Russia con il preciso obiettivo di scoraggiare l’affluenza al voto.

L’ANALISI DEL DFRLAB

Ad analizzare i movimenti online in questi giorni è, tra gli altri, il Digital Forensic Reaserch Lab, gruppo di esperti informatici del think tank Usa Atlantic Council. Il collettivo guidato da Graham Brookie ha pubblicato i risultati di alcune analisi dalle quali è emerso che, in vista del referendum, ha preso piede su Twitter e Facebook una campagna di estrema destra denominata #Бојкотира (che si traduce in #boicottare).
L’hashtag, spiega un articolo dedicato alla vicenda, aveva raccolto fino al 14 settembre circa 23mila e 800 menzioni, di cui 19mila e 300 erano costituite da retweet (l’80.9% del totale). Ciò, a detta degli esperti del DfrLab, suggerirebbe che il messaggio è stato fortemente amplificato, ma senza sviluppare molti messaggi originali, almeno su Twitter.

IL SUPPORTO DELL’OCCIDENTE

Molte le personalità che hanno visitato Skopje sostenere il “sì” al referendum: dal segretario generale dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg all’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Federica Mogherini, passando per la cancelliera tedesca Angela Merkel e il segretario alla Difesa Usa James Mattis giunto oggi nella capitale e preoccupato della “campagna di influenza” russa sul voto.

I VANTAGGI DEL “SÌ”

Approvare il cambio del nome, ha spiegato il numero uno del Pentagono è “molto importante”, perché “la vita” dei cittadini potrà “essere cambiata grazie alle opportunità economiche e la sicurezza” data da essere dentro un’organizzazione “di 30 nazioni democratiche”. Ma “è una decisione che appartiene ai nostri amici macedoni” e “rispetteremo la loro scelta”, ha aggiunto Mattis, che incontrerà il primo ministro Zoran Zaev e il presidente Gjorgje Ivanov.

I TIMORI DI WASHINGTON

Forte dell’esperienza in patria – dove procede l’indagine sul cosiddetto Russiagate che ha al centro proprio le interferenze di Mosca – il timore di Washington è che Mosca possa influenzare il referendum per osteggiare il malvisto allargamento della Nato.

LE INTERFERENZE DI MOSCA

Non è tutto. Queste azioni di disturbo non si limiterebbero solo alle fake news. Per Laura Cooper, che si occupa dell’Europa centrale al Pentagono, la Russia – che respinge ogni tipo di accusa – starebbe pagando gli elettori per astenersi e sosterrebbe finanziariamente le organizzazioni filo-russe in modo similare a quanto già denunciato in Ucraina.

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Di Federica De Vincentis

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