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Sì, è vero, non è la prima volta che accade, di scivoloni come questi se ne sono visti già, e comunque al massimo si scivola ma non si crolla, si affrettano a precisare da ambienti Tim. La statistica aiuta, più volte la compagnia telefonica è caduta in Borsa perdendo del terreno. Però ad essere un po’ lungimiranti qualcosa sta cambiando sul fronte delle telecomunicazioni in Italia. E non è solo per la questione della rete, con quella societarizzazione ancora tutta da architettare (qui un focus di Formiche.net) nel triangolo Tim-governo-Open Fiber. Molto più semplicemente sta aumentando la concorrenza e dunque, avere le spalle larghe non è più una scelta, ma un obbligo.

Oggi non è una giornata facile per il gruppo guidato dal ceo israeliano Amos Genish (nella foto). Da questa mattina il titolo Tim ha registrato pesanti perdite in Borsa, fino a toccare il -6% per poi limare di poco, il rosso. Che cosa è successo? Il discorso è ampio e tutte le motivazioni sono più o meno interconnesse tra loro. Ma il punto di partenza è un report della francese Exane Bnp-Paribas che ha declassato l’azione Tim da neutral a underperform. Il prezzo è stato quasi dimezzato da 0,6 a 0,38 euro raggiungendo il target price più basso tra gli analisti inseriti nel consensus di Bloomberg. Di più, da inizio anno ha perso il 25% del suo valore, segno che qualche cosa si è indubbiamente messo in moto.

Le risposte possono essere cercate fin nelle argomentazioni con cui gli analisti di Exane hanno giustificato il declassamento dell’azione Tim. Il fatto è che mercato sta contnuando a sottostimare l’impatto negativo che il lancio di Open Fiber avrà sull’Arpu, il ricavo medio per utente sulla banda larga, sui ricavi della telefonia vocale e sulla quota di mercato. “Nel breve siamo diventati molto più negativi e questo ci porta a tagli significativi alle nostre stime di medio termine”, hanno sottolineato ancora gli analisti della banca d’affari francese per i quali l’Italia e Tim affrontano anche un altro rischio, che stavolta ha un nome preciso.

Il lancio di Iliad in Italia, che ha portato a ulteriori tagli dei prezzi nel mobile. Tradotto, non è più tempo di operatori tradizionali e ben definiti che si spartiscono il mercato. Ci sono nuovi attori in campo pronti a riscrivere i confini delle telecomunicazioni. E questo ha un costo per il gruppo, senza dubbio dotato di sufficienti munizioni per approntare una risposta adeguata. Perché proprio oggi Iliad, compagnia francese low cost fondata da Xavier Niel e approdata in Italia da poco con una formula a tariffa unica, ha presentato i suoi primi conti dallo sbarco nello Stivale.

La società telefonica ha annunciato di aver raggiunto 1,5 milioni di clienti in Italia all’inizio di agosto (erano 635mila a fine giugno, 1 milione a metà luglio) e secondo gli esperti di Fidentiis oggi il numero di clienti potrebbe essere oltre 1,8 milioni. Numeri tutto sommato coerenti con recenti indiscrezioni che davano il suo numero di abbonati vicino a 2 milioni. “La progressione della base clienti di Iliad rimane, quindi, molto solida”, hanno fatto notare gli analisti di Equita “con 20 mila nuovi clienti al giorno nel primo mese di attività, proseguito su livelli simili fino al 18 luglio e in accelerazione nella seconda metà di luglio-inizio agosto. Con questo ritmo, pur ipotizzando un rallentamento nella seconda metà di agosto, i 2 milioni di clienti dovrebbero essere raggiunti nel corso della prima metà di settembre”.

Per chiudere il discorso Borsa, ci sono anche delle indiscrezioni di Repubblica che possono aver giocato contro Tim. E cioè la possibilità che il governo Conte, al fine di reperire risorse fresche per finanziare la manovra, chieda ai quattro operatori (Tim, Wind-Tre, Illiad e Vodafone) l’anticipo dei canoni dovuti per l’ultilizzo delle frequenze mobili. Uno scenario che però da Tim al momento preferiscono non commentare.

Fin qui i fatti. Poi ci sono le prospettive. I prossimi mesi saranno due partite importantissime per Tim: l’asta sul 5 G e la banda larga. Sulla prima (oggi la società telefonica ha annunciato con Nokia l’accensione della prima antenna a San Marino), per fine mese si chiuderà l’asta, ma è molto probabile che l’aggiudicazione sfoci a ottobre (insieme a Tim e agli altri operatori principali corrono Linkem e Open Fiber).

Quanto alla seconda, il discorso è più delicato in quanto vanno costruiti ancora gli equilibri tra il soggetto privato (Tim) e quello pubblico (Open Fiber). Il governo gialloverde, ha sempre rivendicato la proprietà della futura società della rete, un’istanza che però si mal concilia con l’orientamento di Tim il quale ha da parte sua più volte fatto capire di voler mantenere un controllo pressoché totale sull’ente che nascerà dallo scorporo.

Tim scivola sul report di Bnp-Paribas. Iliad, 5G e banda larga le sfide d'autunno

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