Skip to main content

Per il discorso augurale di inizio anno, il satrapo nordcoreano Kim Jong-un, s’è messo l’abito da presidente. Completo scuro sartoriale, cravatta grigia, poltrona Chesterfield, intorno uno Studio Ovale à la Pyongyang – libri, mobili in legno come in club inglese, ma alle pareti i quadri del nonno Kim Il Sung, il fondatore della Repubblica, e del padre Kim Jong-il, dal quale ha ereditato il Paese sette anni fa, che servivano a ricordare a tutti i nordcoreani che il Maresciallo è sempre il loro leader e segue il solco della storia.

Che il focus del discorso fosse soprattutto il suo popolo è chiaro dai tempi dedicati agli argomenti: di trenta minuti di speech, venti sono stati quelli riservati all’economia. Kim vuole rassicurare che la fase negoziale in atto – l’incontro con Donald Trump, i contatti e i colloqui tra delegati, l’apertura alla Corea del Sud di Moon Jae-in – sono qualcosa di funzionale alla sovranità del Nord. Ed è anche una necessità per tenere salda la testa all’interno dell’élite del regime affezionata a un’altra retorica, più guerresca.

Per esempio, ha parlato della zona industriale congiunta di Kaesong, chiusa un paio di anno fa per volontà di Seul in mezzo allo sfacelo di test armati del Nord, ora forse in via di riapertura in questa nuova stagione. È un’occasione di sviluppo per il futuro nordcoreano, fa capire Kim, così come lo sono le opere infrastrutturali in cooperazione col Sud, ed eventuali accordi di carattere commerciale a cavallo del 38esimo parallelo che dagli anni Cinquanta spacca la penisola.

L’economia del Nord è bloccata, il Paese isolato, e la carta negoziale è un appiglio per restare a galla. La possibilità di acquisire un qualche ruolo internazionale è data dal senso che Kim vorrà far prendere al percorso che porterà a disinnescare in qualche modo il proprio programma nucleare.

Ieri ha inviato un paio di messaggi importanti. Ha detto di essere pronto a vedere Trump di nuovo e “in qualsiasi momento” – e si sta costruendo l’impalcatura per un nuovo incontro anche a Washington. Poi ha battuto su un punto classico: le sanzioni ci stanno strozzando, e se gli Stati Uniti insisteranno su questa posizione la Corea del Nord “sarà costretta a cambiare di nuovo linea” – ossia ha evocato un’altra stagione atomica (passaggio a uso interno, più che realistico nell’immediato).

E qui è il punto. Washington non intende mollare il regime sanzionatorio di massima pressione – Trump sostiene che senza di quello Kim non avrebbe mai accettato il quadro negoziale attuale. Pyongyang non accetta salti nel buio, e prima di andare avanti con la sua denuclearizzazione vuole concretezza. Lo stallo attuale delle trattative è sostanzialmente dovuto a una sfiducia di fondo.

In questo quadro si inserisce il passaggio più interessante del discorso del satrapo – che ieri ha cercato di dare di sé un’immagine più global, da honest broker, da presidente, e propositiva. Kim ha offerto di fermare la produzione di armi nucleari, e la garanzia di non usarle, e di non diffonderne tecnologia e know how nel mondo (aspetto non secondario: in passato la Corea del Nord aveva passato pezzi e progetti alla Siria, per esempio).

L’idea di Kim ha un fondamento strategico: l’obiettivo è di cercare di far riconoscere Pyongyang come una potenza nucleare. Congelamento e limitazione dell’arsenale atomico, che permettere al Nord di essere trattato alla stregua di altri stati armati della bomba. Una proposta nuova, che segue le analisi di diversi esperti che vedono da tempo nel riconoscimento dello status nucleare a Pyongyang una sorta di exit strategy dal vicolo cieco diplomatico.

A questo punto è chiaro che il programma atomico nordcoreano ha raggiunto livelli di efficienza e sviluppo molto elevati, al punto che è quasi impossibile che Kim voglia rinunciarvi completamente. Ma accettarlo in qualche modo andrebbe comunque contro le richieste avanzate finora dagli Stati Uniti, che dicono di volere una denuclearizzazione completa e soltanto in cambio di quella concederanno l’abbassamento progressivo delle sanzioni.

Però concretizza un’altra variabile sul tavolo. La versione presidenziale di Kim, di fatto, abbandona l’immagine del leader pazzo col dito sul bottone atomico che la retorica (soprattutto occidentale) gli ha affibbiato negli anni. Il satrapo nordcoreano si mostra come un capo di Stato pronto a trattare e con in testa una strategia.

(Foto: immagini trasmesse dalla Tv di regime)

Kim cambia d'abito e parla da leader internazionale con una strategia (e una bomba)

Per il discorso augurale di inizio anno, il satrapo nordcoreano Kim Jong-un, s'è messo l'abito da presidente. Completo scuro sartoriale, cravatta grigia, poltrona Chesterfield, intorno uno Studio Ovale à la Pyongyang – libri, mobili in legno come in club inglese, ma alle pareti i quadri del nonno Kim Il Sung, il fondatore della Repubblica, e del padre Kim Jong-il, dal quale ha ereditato…

La manovra del popolo e il diritto disatteso

Il grande assente di questa manovra finanziaria è il diritto. Non è bastato assistere impotenti e basiti alla grande compressione del ruolo del Parlamento e alla più totale mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali, come ci ha sapientemente ricordato ieri il Presidente Mattarella. Semplicemente impossibili Democrazia e Libertà senza la corresponsabilità di tutti. “Vi sono numerosi motivi…

cinque stelle

M5s in cerca di un'identità (europea). La missione Di Battista spiegata da Pasquino

“Sto leggendo una stupenda biografia di Trotsky scritta da un trotskista, Isaac Deutscher. Ma se proprio volete parlare di Di Battista..”. Interrompiamo a malincuore le letture natalizie di Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza Politica all'Università di Bologna, decano dei politologi italiani. Siamo però costretti a riferirgli una notizia: Alessandro Di Battista è tornato in pista. Non solo quella da…

Luigi Di Maio, Beppe Grillo

Gli stipendi dei parlamentari tra l'utopia di Grillo e lo strabismo di Di Maio

Due interventi distinti e contrapposti sui rispettivi blog: da leggere in controluce. Da un lato Beppe Grillo, che esce dal suo corpo e diventa pensiero puro. Dall’altro Luigi Di Maio, in compagnia di Alessandro Di Battista, quasi silente, in un breve saluto di buon anno, le cui implicazioni politiche non possono, tuttavia, sfuggire. L’istrionismo del primo resta una caratteristica del…

fico, Lobby

Presidente Fico, la centralità del Parlamento non è solo un esercizio retorico

Nella sua lettera oggi pubblicata da Il Sole 24 Ore il presidente della Camera Roberto Fico dedica una riflessione d’inizio d’anno a un tema delicato e decisivo per le moderne democrazie, vale a dire la centralità del Parlamento nelle dinamiche istituzionali e politiche. Lo fa con parole di buon senso, sostanzialmente condivisibili da tutti a prescindere dagli orientamenti politici. E…

cernobbio

Salvini e Di Maio in equilibrio tra competizione e convivenza

Che la campagna elettorale per le europee sia già iniziata, e che sarà essa “la madre di tutte le battaglie”, è evidente dai video-post che i leader del governo hanno piazzato su Facebook ieri e ieri l’altro. Essi ci dicono molte cose sul governo stesso, sulle dinamiche che hanno corso al suo interno, e anche sul diverso stile comunicativo usato…

Non solo social. La comunicazione istituzionale e politica di fine anno

Evocati come fenomeno del tempo persino nella comunicazione istituzionale par excellence, il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i social network sembrano essere uno dei temi chiave della comunicazione politica di fine anno. Nella circostanza della breve pausa politica, tra l’approvazione in “zona Cesarini” della legge di bilancio e la ripresa dei lavori parlamentari all’inizio del…

Carige, come siamo arrivati all'amministrazione straordinaria della Bce

Carige, la Cassa di risparmio di Genova, è stata commissariata dalla Banca centrale europea. Bene. Voglio vedere se qualche sovranista intende pagare di tasca propria i buchi che hanno fatto, così dando un senso alla propria sovranità. Già si era su questa strada, ma usando i soldi dei cittadini, con la banca candidata alla statalizzazione. Che non è un modo…

Perché l'elezione di Bolsonaro è un'occasione storica per Washington

Ieri, il neo-presidente brasiliano Jair Bolsonaro si è insediato al comando del Paese (è tradizione che la presidenza parta il giorno di Capodanno). A lui toccherà riprendere un Paese che fa parte dei Brics, ma che fatica a slanciarsi (con una disoccupazione al 12 per cento), gravato dal deficit pubblico del cosiddetto "Costo Brasile" e da una situazione di corruzione endemica che…

bolsonaro

Il duetto Bolsonaro-Netanyahu può funzionare. Ecco perché

Dopo l'insediamento di Bolsonaro alla presidenza brasiliana, c’è chi lo definisce il Trump “latino”– tanto che c'è chi pensa che i due siano troppo simili per andare d’accordo, e chi ne inserisce programma e aspirazioni in una posizione a metà tra il sovranismo di Orban e il liberalismo di Piñera, gli ospiti di punta della cerimonia. Ma un altro leader…

×

Iscriviti alla newsletter