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L’Italia deve affrontare alcune questioni fondamentali che incidono sulle sue concrete possibilità di azione nel contesto europeo e internazionale. Una priorità ineludibile è la riduzione graduale dell’enorme debito pubblico, ancora superiore al 130 per cento del Pil, che soffoca l’economia e drena enormi risorse che potrebbero essere utilizzate, fra l’altro, per una serie di programmi internazionali. Presentato populisticamente come un vincolo imposto dall’esterno – dai burocrati di Bruxelles –, l’obiettivo del rientro dal debito dovrebbe invece essere assunto come una delle principali responsabilità nazionali.

I RISCHI FINANZIARI

Senza una credibile disciplina fiscale l’ Italia rischia di risentire, più pesantemente di altri Paesi, della prevista interruzione degli interventi di alleggerimento quantitativo (quantitative easing) della Bce, di cui ha molto beneficiato per più di due anni. Mantenere sotto controllo i conti pubblici è inoltre fondamentale in una fase nella quale il sistema bancario nazionale non ha ancora completato il suo processo di consolidamento.

Inoltre, in caso di shock esogeni, come nuove crisi finanziarie internazionali – uno scenario contemplato da tutte le principali istituzioni economiche internazionali –, l’ Italia potrebbe trovarsi particolarmente esposta nel caso scegliesse di adottare una linea di politica economica che comporta un aumento del deficit. Va notato, peraltro, che l’attuale ripresa, anche se modesta, offre maggiore spazio, rispetto al passato, per le politiche di contenimento del disavanzo che l’Italia si è impegnata ad attuare.

LE STROZZATURE TRA DIFESA ED ENERGIA

Un altro collo di bottiglia è la mancata ristrutturazione dello strumento militare. Il Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa che aveva suscitato notevoli aspettative è, in effetti, rimasto in larga parte inattuato. La partecipazione alle missioni internazionali, una delle principali e più consolidate direttrici di impegno dell’ Italia sulla scena internazionale, potrebbe diventare sempre più problematica.

Un altro problema endemico è la forte dipendenza energetica dall’estero che si è ulteriormente accentuata e che rappresenta un grave handicap in un periodo in cui l’inasprirsi di alcune dinamiche conflittuali – prime fra tutte quelle nel Golfo – potrebbe determinare una crescente volatilità dei prezzi. Il varo della strategia energetica nazionale è un importante passo avanti, ma per la sua attuazione serve un impegno di lunga lena che deve fare i conti con non trascurabili resistenze interne.

In effetti, il superamento di queste strozzature strutturali che indeboliscono la posizione internazionale dell’ Italia richiede misure incisive di politica interna. Quest’intreccio ineludibile tra politiche interne e politica estera continua invece ad essere sottovalutato.

DIVARIO TRA ASPETTATIVE E CAPACITÀ

In politica estera l’Italia soffre inoltre di un divario tra aspettative e capacità che genera delusione e sconcerto nell’opinione pubblica. Si spiega anche così il giudizio negativo che i cittadini tendono ad esprimere sull’operato del governo sulla scena internazionale.

Servirebbe una strategia comunicativa che, con più onestà e trasparenza, si sforzasse di chiarire le regole e i vincoli con cui la nostra diplomazia deve fare i conti nei vari contesti internazionali in cui si trova ad operare. Obiettivi troppo ambiziosi e retoriche autocelebrative che si rivelano, alla prova dei fatti, infondate contribuiscono a trasmettere all’opinione pubblica l’impressione che l’ Italia sia impotente o, peggio, sistematicamente discriminata al livello internazionale, alimentando riflessi nazionalistici.

I PROBLEMI NEI RAPPORTI CON L’UE E L’HANDICAP REPUTAZIONE

Queste problematiche pesano, in particolare, in ambito europeo. La tendenza a scaricare sull’Europa responsabilità prevalentemente o anche prettamente nazionali – tipico è il caso delle misure per il contenimento del disavanzo pubblico e per il rientro dal debito – impedisce la formazione di una base di consenso nazionale sugli obiettivi da perseguire in ambito Ue.

Per evitare dannose perdite di credibilità, sia di fronte ai cittadini che ai partner, bisognerebbe al contempo che si evitassero tardive prese di distanza da decisioni che il governo italiano ha condiviso. È il caso delle regole relative al salvataggio interno (bail-in) per la risoluzione delle crisi bancarie, che sono state al centro di un’aspra polemica politica.

Né si può ignorare che nei rapporti con i partner europei l’Italia si trova ancora a misurarsi con un storico problema reputazionale, legato alla difficoltà a rispettare in pieno gli impegni concordati collettivamente, che solo di recente si è riusciti a ridimensionare. Un ritorno ai comportamenti opportunistici o devianti del passato avrebbe un impatto pesantemente negativo sulla credibilità del paese.

PULSIONI SOVRANISTE E RIPIEGAMENTI NAZIONALISTI

Una questione ancora più seria, e dirimente, è il radicarsi in Italia, come in altri Paesi membri, di orientamenti e formazioni politiche sovraniste che mettono in discussione alcuni principi fondativi della costruzione comunitaria. La difficoltà a concordare a livello europeo efficaci soluzioni comuni a una serie di problemi acutamente avvertiti dai cittadini spinge verso chiusure e ripiegamenti nazionalistici. Se tali orientamenti prevalessero, il probabile risultato sarebbe però un crescente isolamento del Paese.

Di recente sono anche riemerse pulsioni protezionistiche che mal si conciliano con gli interessi di un Paese che è la seconda potenza industriale del continente e che negli ultimi anni ha considerevolmente migliorato la sua capacità esportativa. Né un approccio puramente rivendicazionista – con i famigerati “pugni sul tavolo” – porterebbe molto lontano.

Se poi si tornassero ad evocare “piani b” che rimettono in discussione la permanenza dell’Italia nell’eurozona si rischierebbe di creare un clima di sospetto e sfiducia nei confronti dell’Italia che recherebbe grande pregiudizio agli interessi nazionali. Come sottolineato dal presidente Sergio Mattarella, l’uscita dall’euro avrebbe una valenza non solo politica, ma costituzionale, e chi intende perseguirla dovrebbe presentarla esplicitamente all’elettorato e accettare un dibattito approfondito sulle sue implicazioni.

VISIONI DI CORTO E DI LUNGO PERIODO DEGLI INTERESSI NAZIONALI

Il rischio è invece che la posizione dell’Italia in Europa si indebolisca progressivamente e divenga alla fine insostenibile a causa di improvvidi atti o dichiarazioni in aperto contrasto con i principi e gli impegni assunti nell’ambito dell’Unione, che porterebbero il Paese in rotta di collisione con i partner e le istituzioni comunitarie.

La scelta quindi è innanzitutto tra l’opzione sovranista e quella integrazionista, tra una visione di corto e di lungo respiro degli interessi nazionali. Per pesare realmente nel contesto europeo l’Italia deve farsi portatrice di proposte che mirino a promuovere gli interessi nazionali e, al contempo, a far avanzare il processo di integrazione. Se quest’ultimo si bloccasse o retrocedesse – per esempio, con la fine di Schengen, la rimessa in discussione dei pur limitati strumenti di sostegno economico che sono oggi in grado di attivare le istituzioni europee, o l’indebolimento della cooperazione in materia di sicurezza e di politica estera – l’Italia, così come gli altri Stati membri, si troverebbe, nel complesso, ancora più debole e vulnerabile di fronte alle sfide internazionali.

(Articolo pubblicato sul sito Affari Internazionali)

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