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Un nuovo avvertimento all’Italia giunge dalle parole di Khalifa Haftar. Il generale della Cirenaica, se non fosse stato già abbastanza chiaro dalle polemiche che si sono scaturite nel parlamento di Tobruk i giorni scorsi, ha messo in chiaro nuovamente il suo pensiero sull’azione italiana nella regione libica. Il comandante, in un’intervista pubblicata ieri dal quotidiano Al Marsad, ha invitato il Bel Paese ha “cambiare radicalmente la sua politica estera nei confronti della Libia”.

Tra le righe il riferimento all’ambasciatore Giuseppe Perrone che, secondo Haftar “non è più gradito ai libici”. “Le dichiarazioni dell’ambasciatore italiano vanno contro la sovranità libica e il principio di titolarità nazionale del processo politico”. Le parole che hanno inquietato i membri dell’autoproclamato esercito nazionale libico (Lna), sarebbero quello che il diplomatico italiano avrebbe concesso all’emittente televisiva Libya’s Channel. Perrone alle telecamere avrebbe espresso la pozione più volta ribadita anche dalle Nazioni Unite, e cioè che “ogni decisione che riguarda la data delle votazioni spetta solo ai libici”.

“Senza le giuste condizioni non sarebbe giusto procede alle elezioni”, ha dichiarato ancora, riprendendo le stesse parole pronunciate dall’inviato speciale dell’Onu Ghassan Salamè. Tuttavia le sue parole sarebbero state travisate, lasciando intendere una linea di completa opposizione alle elezioni. Dunque, con ogni probabilità, un’ulteriore tentativo di pressione, da parte del generale, dopo addirittura l’sos lanciato alla Russia nei giorni scorsi, per andare a votare a tutti i costi entro la fine dell’anno.

Tuttavia, nonostante la ormai palese posizione di debolezze e confusione in cui si trova Haftar, sono state diverse le persone che il 5 agosto, dopo le parole di Perrone, sono scese in piazza per manifestare contro “l’ingerenza italiana”. Il generale della Cirenaica, sempre nel corso dell’intervista ha dichiarato che “l’ambasciatore italiano, come qualsiasi altro funzionario straniero, non ha il diritto di intervenire in questa materia, che appartiene solo ai libici”. E poi ancora ha specificato: “la politica estera nei confronti della Libia necessita di una riforma e di un cambiamento radicale, che si basi sull’applicazione, letterale e pratica, degli accordi di amicizia, partenariato e cooperazione siglati tra i due Paesi nel 2008”.

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