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Quando ci si mette il meteo, anche i mercati reagiscono alla loro maniera. In queste ore sul versante del gas sta accadendo qualcosa. Sul versante europeo, per esempio, il tasso di riempimento, ovvero gli stoccaggi di metano ancora disponibili, è sceso al 70% dall’86% dello stesso periodo dello scorso anno. A paragone il 5 gennaio del 2022, tuttavia, poco prima dell’invasione russa dell’Ucraina, gli stoccaggi di gas erano scesi di poco sopra il 53%. Perché?

Tutta colpa dell’ondata di freddo che sta attraversando l’Europa con temperature che non si registravano da quattro anni sta svuotando al ritmo più rapido dal 2018 le scorte di gas del continente. Un copione più o meno simile a quello degli Stati Uniti, diventati il primo fornitore di gas naturale liquefatto dell’Europa assieme al Qatar. Il prezzo del gas sempre il 6 gennaio è balzato oltre il 10% in un solo giorno: sul mercato Henry hub è salito a 3,7 dollari per million British thermal units (l’unità di misura degli Usa), tre mesi fa scambiava sotto 2,5 dollari. E ancora una volta sarebbe stato soprattutto il freddo intenso a far schizzare il prezzo negli Usa. In tutto questo, c’è un fattore che non bisognerebbe mai dimenticare: la Russia, come spiega a Formiche.net Gianclaudio Torlizzi, economista e fondatore della società di consulenza T-Commodity.

“Tanto per cominciare non bisogna esagerare nell’allarmismo sul calo degli stoccaggi in Europa. In questo periodo è tutto sommato abbastanza normale che le scorte di assottiglino, siamo pur sempre in inverno”, premette Torlizzi. “Il punto è che ci siamo abituati molto bene in questi ultimi due anni, con le temperature in Europa al di sopra della media stagionale. Ora che i valori sono più un linea, con il freddo a cui stiamo assistendo al nord dell’Europa, presumo che per il mese di maggio arriveremo al 30% di stoccaggi”.

“Considerando poi che i flussi dalla Russia sono stati fermati, almeno quelli via tubo, l’Europa è certamente più esposta ai rischi. Perché senza il gas russo via tubo, qualunque cosa succeda negli Stati Uniti o in altre parti del mondo, può impattare sul mercato europeo. Il tema ora non è quello che avviene questo inverno, anche se il rischio di arrivare a 60/70 megawatt all’ora c’è, ma quello che accadrà a partire dalla prossima estate e proprio per le motivazioni poc’anzi elencate: una maggiore esposizione del Continente ai mercati esteri potrebbe far salire ancora i prezzi”.

E proprio sulla questione delle forniture russe, ora che l’Ucraina ha sbarrato la strada al gas di Mosca, Torlizzi stringe il fuoco. “La Russia vende ancora molto gas liquido via mare, arrivando a superare le esportazioni americane. Dunque, il famoso sganciamento dell’Europa dalla Russia c’è stato sicuramente via tubo, ma via mare no. E anche questo è un elemento da tenere in considerazione”.

Cambiando scacchiere, viene da chiedersi che cosa bisogna aspettarsi sul versante del gas per i prossimi mesi, se non anni. “Il gas rimarrà centrale, finché il nucleare non verrà messo al centro e parliamo di una svolta che non sarà immediata. Le tensioni ci saranno sul gas, anche per le motivazioni di cui sopra. In Italia il ritorno dell’atomo richiederà anni, è un processo politico e di consenso, in cui va convinta l’opinione pubblica. Nel mentre, però, i rigassificatori possono essere un buon perno per il mix energetico del Paese”.

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