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Globalizzazione versus rinascita del sentimento nazionale. È questo il tema al centro del convegno “Il riscatto degli Stati nell’era della globalizzazione. Economia, nazionalismo, sovranità”, svolto a Roma e organizzato da Nazione Futura, un movimento culturale e politico di ispirazione conservatrice.

All’evento hanno partecipato Federico Iadicicco, dirigente di Fratelli d’Italia e presidente del Centro Studi Minas Tirith, Jacopo Morrone, deputato della Lega Nord, Carlo Torino, Nazione Futura e l’ex ministro dell’economia e delle finanze Giulio Tremonti che ha presentato il suo ultimo libro “Mundus furiosus” (Mondadori).

TREMONTI:”IL PRODOTTO DELLA GLOBALIZZAZIONE È UN UOMO CHE NON CONSUMA PER VIVERE MA VIVE PER CONSUMARE”

Il prof. Tremonti, che da anni si è posto sul crinale della forte critica alla globalizzazione e ai suoi effetti sulla struttura della società occidentale, traccia un quadro crudo del percorso che, dall’ascesa della globalizzazione, ha portato alla crisi economica e finanziaria del 2007.

“Alla costruzione della globalizzazione economica si è affiancata la costruzione della ideologia della globalizzazione, la “Cattedrale ideologica della globalizzazione. Non solo l’economia da internazionale è diventata globale ma si è sviluppato un apparato filosofico e di pensiero”, dice Tremonti, “nella Cattedrale trovano posto i due tabernacoli: l’uomo nuovo e il mondo nuovo. L’uomo nuovo non consuma per esistere ma esiste per consumare. Si fanno largo le idee secondo le quali la vita delle persone sia compressa o comprimibile nel tasso di sviluppo di un Paese e che il mercato sia tutto e che tutto sia mercato. Una vera e propria ideologia. Il mondo nuovo, invece, supera gli antichi confini di Westfalia per esportare la democrazia intesa come commodities. Il processo inizia con la ex Jugoslavia e termina con gli straordinari risultati ottenuti dalla dottoressa Hillary Clinton in Siria”.

L’ex ministro individua cinque sfide cruciali che le società occidentali sono chiamate ad affrontare per garantirsi la sopravvivenza: “Verso le nostre società avanzano su cinque direttrici forze non ancora sviluppate a pieno. Ciascuna avanzata di ciascuna forza è capace di produrre grossi effetti di cambiamento, tutte insieme un grandissimo caos. Queste forze sono: le migrazioni, la degenerazione della finanza, la rivoluzione digitale, la terza guerra mondiale e la crisi generale dell’Europa”.

Quest’ultimo punto impatta in maniera forse più potente degli altri l’idea stessa dello Stato-Nazione come costruzione novecentesca. “La storia della costruzione dell’Unione Europea incontra tre momenti cruciali: il manifesto di Ventotene, un’utopia drammatica maturata nel profondo della guerra, il Trattato di Roma, l’idea di un’Europa confederale tra Stati che conservano la loro sovranità, e il Trattato di Maastricht, il ritorno a Ventotene che riporta l’unità dell’Europa sopra gli Stati nazionali. Pensiamo alla gestione del tentativo separatista della Catalogna: l’Europa ha scavalcato la Spagna dialogando e finanziando direttamente una Regione”.

La risposta, improvvisa e inaspettata, è stato il ricollocamento di un certo tipo di sentimento nazionale, meno ideologico e più pragmatico rispetto alla caratterizzazione novecentesca, al cento del dibattito pubblico e dunque politico. “È tornata la storia, ed è tornata con il carico degli interessi determinata da una serie di fattori tra i quali il più importante è la crisi” – conclude Giulio Tremonti – “La crisi del 2007 è stata prima finanziaria, poi economica, sociale e infine politica. Questo ha attivato la talpa populista che ha eroso il fragile terreno sul quale era stata costruita la fragile Cattedrale ideologica”.

IADICICCO: “M5S FIGLIO DEL PARADIGMA NICHILISTA. LA LEGA PUÒ ESSERE LA VIA D’USCITA”

L’approccio economicistico della costruzione dell’Unione Europea finisce nel mirino anche dell’intervento del presidente del Centro Studi Minas Tirith, Federico Iadicicco. “L’Europa è portatrice di un’ideologia liberal-monetarista che ci ha convinto che le sorti progressive del Capitalismo nell’era della globalizzazione ci avrebbero condotti a una crescita indistinta del benessere e a una corretta ripartizione della ricchezza nel pianeta”, dice Iadicicco. “Nel 2007 è arrivata una violenta crisi che ha intaccato queste certezze ed è una crisi dalla quale non si può uscire perché non è una crisi congiunturale ma strutturale del sistema capitalistico. Si è sviluppata, nel corso degli anni, lungo due direttrici: la finanziarizzazione dell’economia e le delocalizzazioni con impatti drammatici sul tessuto sociale. Da questo si genera la distruzione della dimensione sociale e relazionale che vede come prima vittima i corpi intermedi e, tra questi, il corpo intermedio più forte: la famiglia”.

Il Governo che si sta formando in queste ore in Italia non sarebbe, secondo Iadicicco, frutto di un’alleanza tra due soggetti che vogliono cambiare questo paradigma. “Il M5S è figlio di questo paradigma, ne è la migliore interpretazione, con la sua visione nichilista e atomizzata. La Lega, nella sua evoluzione, potrebbe rappresentarne la via di uscita e incarnare quel soggetto politico capace di fornire un’alternativa incentrata sulla riscoperta della dimensione comunitaria, nazionale e anche europea”, conclude il dirigente di Fratelli d’Italia. “Quello che ci aspetta sarà interessantissimo dal punto di vista del laboratorio politico perché stiamo andando incontro ad un mutamento del bipolarismo:il M5S chiamato a incarnare le forze tradizionali della sinistra e dall’altra una forza che può cambiare il paradigma nichilista”.

Giulio Tremonti

La fragile cattedrale ideologica e la talpa populista. La versione di Tremonti

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