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Non solo dazi: otre la questione aperta dal presidente degli Usa Donald Trump sui rapporti commerciali con Pechino e oltre la Via della Seta cinese, esiste un’altra pagina della storia tra i due versanti che verte sui progetti futuri nel quadrante indo-pacifico.

Al centro degli interessi tecnologia, energia e infrastrutture: tre macro aree su cui Washington potenzia la sua presenza con un chip iniziale di 113 milioni di dollari. Ma sulla stampa cinese si parla di guerra fredda. Fatti e potenzialità di questa iniziativa.

INVESTIMENTI

Si tratta, in dettaglio, di 25 milioni per espandere le esportazioni tecnologiche statunitensi nella regione, 50 milioni (già da quest’anno) per sostenere i Paesi a produrre e immagazzinare le proprie risorse energetiche e creare una nuova rete di assistenza per potenziare lo sviluppo delle infrastrutture. L’annuncio arriva dal Segretario di Stato Mike Pompeo che ha illustrato il piano Usa per il versante indo-pacifico.

Secondo Pompeo questi fondi rappresentano solo un acconto del più ampio e articolato impegno economico degli Stati Uniti per la pace e la prosperità nella regione indo-pacifica. I numeri arrivano alla vigilia di un ciclo di visite che Pompeo effettuerà in Paesi considerati strategici come Malesia, Singapore e Indonesia: lì sta maturando la consapevolezza che i nuovi aiuti alla sicurezza (energetica, infrastrutturale e commerciale) nella regione potranno essere un modo per bilanciare i riverberi del caso aperto con la Cina sui dazi.

DOPO LA VIA DELLA SETA?

Cosa sta accadendo dopo l’evoluzione della via della Seta, il grande piano cinese di espansione globale? Che la partita sui dazi può essere scomposta e affrontata anche come occasione di nuovo impegno Usa nell’indo-pacifico. Il piano americano, ha detto Li Haidong, ricercatore presso la China Foreign Affairs University, è un riflesso del proprio pensiero geopolitico sulla Cina e quindi è la risposta americana al “nemico cinese”.

È chiaro che la nuova stagione di influenza a stelle e strisce in quel settore se da un lato potrà inseguire almeno apparentemente una riconciliazione generale nella regione, dall’altro affiancherà alla cooperazione economica un’azione di competizione geopolitica.

Tra l’altro proprio in Europa la Cina ha avviato il progetto Belt and Road Initiative e in molti ritengono che, di contro, l’affidabilità di Washington come partner economico nella regione potrebbe essere stata messa in dubbio dal ritiro a sorpresa di Trump dal partenariato transpacifico e dalle recenti frizioni commerciali con la Cina proprio sui dazi.

Ma è stato lo stesso Pompeo ad accentare un passaggio, quando ha detto che gli sforzi degli Stati Uniti nell’Indo-Pacifico sono anticamera di “una nuova era nell’impegno economico degli Stati Uniti per la pace e la prosperità”.

E ancora: “Mentre lavoriamo con i nostri partner per creare accordi commerciali bilaterali migliori e di livello più elevato, le nostre società continuano a promuovere gli interessi economici degli Stati Uniti aumentando la nostra presenza nella regione”.

SCENARI

La stampa cinese però mostra di non credere completamente a questo scenario e per bocca di alcuni analisti solleva dubbi, anche con una coda polemica. Come si desume dalle parole di Qian Feng, ricercatore senior presso il National Strategy Institute della Tsinghua University, secondo cui gli Stati Uniti hanno dimostrato negli anni di inseguire una politica “sempre unilateralmente orientata al beneficio degli Stati Uniti”, che ha notevolmente “ridotto il credito” degli Stati Uniti in giro per il mondo.

Un’accusa precisa che si somma al temine guerra fredda utilizzato proprio da Feng per battezzare questo “piano di coalizione che rischia di creare un’inutile guerra fredda alimentata dall’economia”.

Trappola del debito, è stato epitetato da alcuni critici, con il rischio che la proprietà cinese delle principali attività estere, finanziata da fondi cinesi e costruita da società cinesi che utilizzano la loro manodopera, possa poi riversarsi sui paesi cosiddetti “colonizzati” dall’iniziativa.

Pechino però da sempre sostiene che Belt and Road Initiative sia un invito a decine di paesi in Asia, Europa e Africa ad impegnarsi con la Cina per una nuova fase di rapporti commerciali e infrastrutturali, come dimostrano i riverberi di questa iniziativa nei Balcani dove il dragone ha interessi precisi e ha sviluppato negli ultimi anni una serie di investimenti significativi.

Non solo Mediterraneo, sostengono in Cina: la recente visita del Presidente Xi Jinping negli Emirati Arabi Uniti ha evidenziato i massicci investimenti in settori fondamentali come energia, logistica portuale e new business legati alle Ict.

Proprio perché il Medio Oriente e la fascia euromediterranea dell’iniziativa Belt and Road saranno due banchi di prova significativi nel breve-medio periodo, l’iniziativa annunciata da Pompeo punta a controbilanciare la presenza Usa nell’indo-pacifico.

twitter@FDepalo

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