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Onestamente, il M5S e il professor Conte tutto questo putiferio sul curriculum se lo meritano. Ed è così per almeno due motivi, il primo di carattere professionale (e tutto legato al mondo delle nostre università da cui viene il probabile futuro premier) ed il secondo di carattere politico.

Già perché il professore lascia in giro un curriculum totalmente privo di senso come lo sono tutti i curricula di carattere accademico, cioè inutilmente lunghi, ridondanti, illeggibili, retorici. Pagine e pagine di citazioni, di piccoli incarichi, di brevi docenze, di irrilevanti attività di consulenza, di articoli scritti per riviste semi-sconosciute.
Un profluvio di vanità a mezzo inchiostro, figlia di una cultura burocratico-accademica che premia sempre la quantità sulla qualità, la procedura sul risultato, l’anzianità sul merito.

È così ampolloso il modo di raccontarsi dei nostri professori universitari da far venire l’orticaria alla prima pagina, perché nel loro non saper scegliere cosa conta e cosa non conta trasmettono per intera la voglia di stare tra loro, citandosi tra loro, leggendosi tra loro.

Così finisce che qualche ora di un corso semi-sconosciuto finisce per diventare un vero insegnamento frequentato, compiendo così un apparentemente veniale peccato di vanità, che però finisce per essere grave perché del tutto gratuito, figlio di una concezione della vita professionale da prendere, accartocciare e buttare nel cestino.
Sarebbe però riduttivo dire che tutto finisce qui.

C’è anche un tema politico, perché il professor Conte è candidato premier per un movimento politico che ha fatto dell’invettiva micidiale, dell’accusa personale, dell’insulto come strumento di lotta politica una costante di questi anni.

Cari signori del Movimento Cinque Stelle, essendo nati su un “Vaffa” collettivo avete contribuito non poco all’imbarbarimento della nostra vita politica, pur ammettendo senza remore che anche i vostri avversari hanno fatto spesso lo stesso.

Quindi adesso è difficile sottrarsi all’utilizzo della stessa moneta, perché la pena del contrappasso è una costante certa della storia.
Siamo dunque qui, nel mezzo di una bufera internazionale, a dover commentare qualche riga di un brutto cv, figlio purissimo di un’idea compilativa e polverosa della vita.
Ci pensi un momento, prof. Conte, quando sarà passata la tempesta.

Steve Jobs, se mai gli avessero richiesto un cv, avrebbe scritto “fondatore della Apple”, Valentino Rossi scriverebbe “motociclista”, Madonna “cantante”. La semplicità aiuta, nella vita e nella politica.

cv

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