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Reddito di inclusione, assegno universale per le famiglie, salario minimo. A sentire le tre proposte con cui si è fatto avanti il segretario del Partito democratico Maurizio Martina sembrerebbe che fra i dem e il “contratto” di governo lanciato da Luigi Di Maio manchi solo una firma. Certo, il capo dello Stato ha affidato al presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati l’incarico esplorativo nella speranza che centrodestra e Movimento Cinque Stelle mettano da parte i veti e trovino un modus vivendi. Ma, numeri a parte (che ci sono eccome), la tela che la terza carica dello Stato continuerà a tessere nelle prossime ore è troppo esile per resistere alle stilettate reciproche che i forzisti e i pentastellati continuano a scambiarsi. E così nei palazzi romani di ora in ora prende forma il piano B, già fiutato dal coordinatore nazionale di Fdi Guido Crosetto con un tweet profetico, di un mandato a Roberto Fico per un governo M5S, Pd e Leu.

Insomma, i segnali di una distensione fra il Nazareno e le truppe di Di Maio sono evidenti. Tutti i dem sono scesi dall’Aventino, o quasi. Il coordinatore della segreteria nazionale Lorenzo Guerini, ad esempio, preferisce restare sulla riva del fiume e aspettare. Intervistato da Formiche.net all’Accademia dei Lincei, a margine di un incontro della Fondazione De Gasperi in ricordo delle elezioni del 1948, non dà segni di cedimento: “Noi manteniamo la posizione che abbiamo assunto dall’inizio di questa vicenda postelettorale. Le forze che hanno avuto il maggior consenso da parte degli italiani e si sono proclamate vincitrici di queste elezioni hanno la responsabilità di indicare una prospettiva fattibile di governo al parlamento. Constatiamo che da 45 giorni il Paese è bloccato dai veti reciproci di Di Maio, Salvini e Berlusconi”. Per Guerini la linea resta dunque quella del #senzadime, hashtag che ha spopolato su twitter fra i fedelissimi di Matteo Renzi all’indomani del voto, causando non pochi mal di pancia nel partito.

Al termine dell’evento organizzato dalla fondazione presieduta da Angelino Alfano, le telecamere dei giornalisti inseguono senza sosta il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e l’ex premier Romano Prodi, presente e passato del mondo dem. La Casellati, l’ospite più atteso dai cronisti, è la grande assente, impegnata altrove in obbedienza alle richieste del Colle. Guerini sembra poco appassionato dalla missione del presidente del Senato. “Siamo interessati all’iniziativa che è in corso perché siamo una forza politica seria”, esordisce, per poi frenare: “Mi pare però che ci sia un perimetro molto chiaro, ovvero verificare che ci siano i numeri per un governo centrodestra-Cinque Stelle”. Poco importa che l’esplorazione vada in porto, chiosa il colonnello dem, “il risultato non ci riguarda, perché come prospettiva politica ci troviamo dalla parte opposta”.

Guai a parlare di Aventino. Guerini non ci sta: “Significherebbe non partecipare ai lavori parlamentari. Invece noi abbiamo evidenziato una serie di punti nel primo giro di consultazioni che riteniamo importanti, li abbiamo ribaditi in questi giorni, vorremmo che si entrasse nel merito delle questioni, dei provvedimenti, di ciò che serve all’Italia”, dice. Se l’esplorazione della Casellati si ridurrà a un terzo giro di consultazioni, e al tempo stesso il Pd non metterà da parte all’unanimità le pregiudiziali contro Di Maio e i suoi, la prospettiva di un ritorno al voto si fa più realistica. È un ritornello che negli ultimi giorni ricorre sempre di più nelle dichiarazioni del leader del Carroccio Matteo Salvini. “Penso che non si debba utilizzare il tema del ritorno alle urne come spada da brandire sulla testa degli interlocutori” lo bacchetta Guerini. Poi l’affondo: “Chi ha avuto il voto degli italiani in maniera così cospicua e si è dichiarato vincitore delle elezioni, se ha la capacità di mettere in campo una proposta seria lo faccia, altrimenti prenderemo atto del loro fallimento”. Per il piano B, forse, c’è ancora da aspettare.

Ettore Rosato e Lorenzo Guerini

La richiesta del Pd? Entrare nel merito delle questioni. Parla Lorenzo Guerini

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