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A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso il ricorso alle tecniche del marketing ha portato a parlare di mercato della politica e a paragonare partiti e candidati a prodotti e brand. Sempre alla fine dello stesso decennio, Charles Fombrun, professore della Stern business school della New York University, introdusse il concetto di reputazione, inizialmente ipotizzato come sostitutivo del concetto di immagine.

In realtà, i due termini hanno una valenza diversa: l’immagine di una persona è costituita dalle percezioni dominanti che essa induce in altri, quindi è legata alla comunicazione che i pubblici ricevono; la reputazione, invece, è legata a ciò che gli altri dicono di una persona (o di un’organizzazione). Se nel caso dell’immagine questa può essere modificata cambiando il timbro della propria comunicazione, nel caso della reputazione, invece, bisogna modificare le proprie azioni e i propri comportamenti. Inoltre, è un processo costantemente influenzato dall’azione di persone esterne che spesso non è controllabile a priori, con il risultato che, nell’era della fast politics, si può perdere molto velocemente una reputazione ottenuta nel corso del tempo e con grande fatica. 

La gestione dell’immagine è strettamente legata all’affermazione della televisione come medium dominante. Per raggiungere il maggior numero possibile di elettori e accrescere velocemente la propria notorietà, i politici ricorrono al mezzo televisivo e ne accettano le logiche: spettacolarizzazione, drammatizzazione e personalizzazione. Si tratta, però, di un’arma a doppio taglio: accettando le logiche dell’intrattenimento, i politici avvicinano la loro immagine alla gente comune, dimostrando di poter comprendere i problemi della vita quotidiana (umanizzazione), oppure apparire come vere e proprie star (vedi Obama). Si espongono però a ulteriori incursioni nella loro sfera privata da parte dei media. Un’arena aperta a milioni di individui sottopone continuamente i politici al rischio di perdere il controllo della propria immagine e, di conseguenza, la propria credibilità.

L’avvento della Rete e la crescente importanza dei social network modificano l’interazione che non è più unidirezionale, ma bidirezionale, con il risultato di incrementare i fattori alla base della reputazione. Naturalmente, la reputazione esisteva prima dell’avvento dei computer, ma la Rete ha moltiplicato le possibilità di scambio tra soggetti, rendendone sempre più difficile il controllo da parte di un leader politico o di un’organizzazione.

Le opinioni che si formano dalla vastissima mole di scambi comunicativi tra consumatori o elettori risultano spesso difficilmente modificabili nel corso del tempo e sono capaci di condurre a vere e proprie bolle reputazionali, vale a dire forti accelerazioni delle dinamiche di formazione delle comunicazioni sociali su determinati argomenti. La web reputation diventa quindi il risultato (continuamente rinegoziabile) dell’insieme di conversazioni e messaggi relativi all’operato di un soggetto diffusi sui social network tramite il processo di word-of-mouth (passaparola). Da qui il successo delle piattaforme di analisi della web reputation, che permettono di verificare in tempo reale le conversazioni riguardanti il politico e le potenziali minacce alla sua reputazione. Il rischio, però, per i politici, è legato a inseguire parametri meramente numerici e a reagire alle continue emergenze nate da conversazioni negative senza seguire un piano strategico ben definito.

Anche nel caso della reputazione, è la strategia a fare la differenza e il politico può essere trattato alla stregua di un brand che ha il potere di evocare non solo la persona, ma anche le caratteristiche positive e negative che vi possono essere associate. Attraverso il branding, che riguarda la percezione complessiva di un’organizzazione o di un singolo esponente politico, è possibile intervenire per aiutare partiti e candidati a mantenere o incrementare il sostegno, oppure a mantenere o modificare la reputazione. Gli strumenti di web reputation e di analisi continuativa del sentiment permettono di monitorare costantemente l’efficacia della strategia di comunicazione, di campagne, messaggi e contenuti costruiti ad hoc per veicolare una certa percezione di un esponente politico, per coinvolgere pubblici specifici in modo che attraverso la loro condivisione si possano raggiungere altre persone potenzialmente conquistabili.

Gli strumenti di analisi della web reputation permettono di accedere a una mole enorme di dati (superiore a quella raggiungibile attraverso sondaggi telefonici e focus group), ma a patto di saper distinguere il peso qualitativo di chi conduce le conversazioni e di avere in mente una strategia ben definita legata alla costruzione del consenso che deve tenere insieme presenza online e offline.

Web reputation

La web reputation e il rischio di bolle reputazionali

Di Marco Cacciotto

A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso il ricorso alle tecniche del marketing ha portato a parlare di mercato della politica e a paragonare partiti e candidati a prodotti e brand. Sempre alla fine dello stesso decennio, Charles Fombrun, professore della Stern business school della New York University, introdusse il concetto di reputazione, inizialmente ipotizzato come sostitutivo del concetto…

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