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“Il turismo delle radici rappresenta una straordinaria opportunità per aprire l’Italia a nuovi flussi di visitatori e per valorizzare luoghi e borghi italiani non ancora coinvolti dal turismo di massa”, così il direttore generale per Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie Luigi Maria Vignali intervenendo al convegno che si è svolto ieri 29 maggio alla Farnesina dal nome “Il turismo di ritorno. I viaggi delle radici tra identità culturale e promozione dei territori”. Quello che possiamo definire turismo delle radici, dunque, riguarda un flusso di viaggiatori che in realtà è sempre esistito, ma che solo di recente ha dato origine a una specifica promozione turistica, con autonomi canali di offerta. Si consideri, ad esempio, che in un paese come Capracotta, piccolo comune molisano che ad oggi conta 700 abitanti, sono circa 1800 le persone che vi provengono per discendenza e che in questo luogo conservano le proprie origini.

Insomma, promozione turistica sì, ma con un focus specifico sui territori che punta a trasformare gli italiani in ambasciatori del nostro Paese. Turismo che si fonde con la riscoperta delle radici. Turismo ma anche un bacino di potenziali investitori che potrebbero dare una mano alle piccole economie locali italiane: “Connazionali e italo-discendenti sono del resto i primi consumatori dei prodotti locali, realizzati da artigiani e i cui ricavi vengono interamente riassorbiti dallo sviluppo dell’economia locale” ha infatti ricordato Vignali. Inoltre, il legame con la terra di appartenenza potrebbe contribuire a combattere lo spopolamento di alcune zone dell’Italia meno toccate dal turismo. A questo proposito “in Abruzzo, ad esempio – ha spiegato Giovanni Lolli, vice presidente della Regione e coordinatore per il turismo della Conferenza delle Regioni – si sta portando avanti il progetto in base al quale i comuni possono intervenire con piani di ristrutturazione dei centri storici dei paesi abbandonati, favorendo emigranti-investitori laddove i proprietari delle case non siano interessati”.

In questo contesto il Ministero degli Affari Esteri “ha avviato una strategia di promozione integrata, denominata ‘Vivere all’Italiana’, che riunisce tutte le migliori qualità espresse dal tessuto culturale, economico e sociale dei nostri territori e che vede la rete diplomatico-consolare e degli Istituti di Cultura divenire il perno dell’azione di promozione all’estero dell’immagine e dell’eccellenza italiana”, ha affermato Vincenzo De Luca, direttore generale della Promozione per il Sistema Paese. Istituzionalizzare, dunque, la collaborazione con i grandi marchi del nostro Paese (Fondazione Altagamma, Pirelli, GruppoFca, Campari, ecc) coniugando, allo stesso tempo, un approccio integrato tra i diversi settori del made in Italy come cucina, design, cinema, lingua, musica, arte, sport. In questo modo è stata possibile l’azione di promozione integrata del nostro Paese, che si concretizzata, poi, nella realizzazione di migliaia di eventi promozionali da parte della rete italiana diplomatica-consolare e culturale. La Farnesina ha, inoltre, sottolineato la sua attenzione nella facilitazione delle prcedure di concessione di visti per il turismo, così da rendere più facile e agevolare l’ingresso dei visitatori internazionali nel Paese.

Per il 2018, poi, il Maeci ha in programma la realizzazione di una serie di grandi iniziative promozionali nell’ambito del Protocollo d’intesa per la valorizzazione dell’immagine dell’Italia all’estero, cui aderiscono presidenza del Consiglio dei ministri, ministero dello sviluppo economico e MiBact. Queste prevedono uno stanziamento, nella Legge di bilancio 2018, di fondi aggiuntivi pari a 5 milioni di Euro per la realizzazione di iniziative di promozione integrata all’estero anche ai fini dell’incentivazione dei flussi turistici

Nel corso del convegno Alfonso Pecoraro Scanio, docente di turismo alla Bicocca e a Tor Vergata, che ha ricordato come, nel corso degli anni, gli emigranti italiani abbiano contribuito a garantire la sopravvivenza dei piccoli borghi ha aggiunto: “È ora di mettere da parte il lato folcloristico degli italiani all’estero per renderli veri ambasciatori dell’italianità, a partire dalla diffusione della conoscenza del buon cibo che potrebbe consentire di raddoppiare il nostro export agroalimentare”

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