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Stati Uniti, Francia e Germania hanno diffuso uno statement congiunto sull’attacco all’ex spia russa Sergei Skripal, definendolo “il primo uso offensivo di un agente nervino” in Europa dai tempi della Seconda guerra mondiale. Roma anche ha (con passo rallentato) preso una posizione: pur non avendo firmato il comunicato congiunto, il ministro degli Esteri Angelino Alfano in un colloquio telefonico con l’omologo britannico ha detto: “Siamo molto preoccupati della vicenda Skripal, che ha messo a rischio molte vite umane ed esprimiamo la nostra forte solidarietà al governo e al popolo britannico”.

La dichiarazione di Washington, Parigi e Berlino, e la timida presa di coscienza di Roma, segue le denunce esplicite e agguerrite di Londra, allineandosi con le prime indagini degli inquirenti inglesi che ritengono la vicenda un tentativo di omicidio mirato con cui Mosca ha regolato i conti con un disertore, e segna un altro passo verso il rafforzamento delle pressioni internazionali sulla Russia per gli apparenti (evidenti?) legami con l’attacco in cui l’agente russo ha perso la vita e sua figlia è ancora in gravi condizioni.

Skripal, colonnello del Gru, era stato incarcerato in Russia nel 2006 per aver venduto segreti di Stato agli inglesi e condannato a 10 anni di carcere, ma poi era stato rilasciato nel 2010 come parte di uno spy swap di alto profilo. Il ministro degli Esteri inglese, Boris Johnson, ha detto che è stato un gesto “sfacciato”, che invia un segnale a tutti coloro che potrebbero pensare al dissenso nell’intensificarsi della repressione della Russia di Putin”, ha chiosato Johnson: “Il messaggio è chiaro: ti troveremo, ti prenderemo, ti uccideremo e, anche se lo negheranno con disprezzo, il mondo saprà senza ombra di dubbio che la Russia lo ha fatto”. Johnson, con un intervento sul Washington Post, aveva chiesto il sostegno degli alleati, poi rapidamente arrivato in modo esplicito.

Parlando da Bruxelles, anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha condannato quello che ha definito un “modello spericolato di comportamento russo da molti anni”. Ha aggiunto il presunto attacco di armi chimiche al progressivo accumulo nucleare del Cremlino, l’azione militare in Georgia e Ucraina e il targeting di Sistemi politici occidentali per le operazioni di influenza (un modello su cui è calata una quasi completa impunità grazie alla responsabilità con cui Stati Uniti, Unione Europea, Nato, hanno risposto a certe attività aggressive; ma che non è francamente un’attività normale). “Non vogliamo una nuova guerra fredda, e non vogliamo essere trascinati in una corsa agli armamenti. Una corsa agli armamenti non ha vincitori. È costoso. È rischioso Non è nell’interesse di nessuno”, ha detto Stoltenberg.

Intanto la Russia ha promesso di rispondere “molto presto” alla decisione della Gran Bretagna di espellere 23 diplomatici russi; lo ha dichiarato direttamente il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, che nelle misure di rappresaglia alzate per il momento da Londra s’è visto revocare l’invito che lo avrebbe dovuto portare in visita ufficiale nella capitale inglese. Lavrov ha anche detto che “siamo pronti a riprendere la partnership con l’Unione europea quando i nostri vicini europei perderanno interesse a seguire le tendenze russofobe americane, incluse sanzioni e provocazione. E certamente quando perderanno interesse a sostenere le scandalose azioni che adesso sta adottando il governo britannico” sul caso.

Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha detto che il presidente Vladimir Putin ha incontrato i membri del suo consiglio di sicurezza nazionale per una “discussione dettagliata” sulla situazione con la Gran Bretagna: “Preoccupazione estrema è stata espressa in relazione con la posizione distruttiva e provocatoria presa dalla parte britannica”, ha detto.

Nel frattempo, nell’ambito del confronto tra Russia e Occidente, di cui l’avvelenamento di Skripal è un nuovo tassello delicato, il dipartimento del Tesoro americano ha alzato altre sanzioni economiche contro 19 individui legati alle attività di interferenze nelle elezioni americane, anche nell’ottica delle mid-term del prossimo novembre.

 

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