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L’idea di una pista italiana legata al Russiagate, il caso che riguarda le interferenze esterne durante le scorse elezioni presidenziali americane, si è fatta nuovamente strada in queste ore, fino a infiammare oggi il dibattito politico.

LA COMMISSIONE D’INCHIESTA E IL COPASIR

Il tema ha agitato l’opposizione del Partito Democratico, che ha chiesto una commissione d’inchiesta sulle presunte attività italiane dell’Internet Research Agency (Ira), la cosiddetta ‘fabbrica dei troll’ russa ritenuta uno degli epicentri della diffusione mondiale di fake news. E, vista l’accelerazione di queste ore, fonti parlamentari non escludono che l’argomento – sebbene già affrontato in precedenza e apparentemente senza evidenze importanti raccolte finora dalla nostra Intelligence – possa essere tirato fuori durante la prima audizione del direttore generale del Dis Alessandro Pansa davanti al nuovo Copasir, la commissione parlamentare che vigila sull’operato dei servizi segreti. L’incontro, nelle intenzioni, doveva avere una natura prettamente conoscitiva, mirata soprattutto a dare un primo saluto e a illustrare a grandi linee le attività dei servizi di informazione ai molti deputati e senatori – la quasi totalità in questo caso – che siedono per la prima volta tra i banchi del comitato. Ma viste le ultime notizie la situazione potrebbe essere cambiata.

L’INCHIESTA

La storia che riguarda il nostro Paese, raccontano oggi su Repubblica Giuliano Foschini e Fabio Tonacci, è partita dal sito americano di statistica FiveThirthyEight, guidato da Nate Silver, “che ha ottenuto i quasi tre milioni di tweet degli account associati all’agenzia russa che raccontano un intervento sistematico sui social media per influenzare l’opinione pubblica. Il sito, grazie alla collaborazione di alcuni docenti universitari, ha creato un database aperto nel quale sono stati caricati i 2.973.371 tweet da circa tremila profili twitter. Ci sono l’autore, il testo e la data di ogni tweet; il conteggio dei follower dell’autore e il numero di account seguiti dall’autore. Inoltre un’indicazione se si trattava di un tweet originale o di un retweet. I file selezionati vanno da febbraio 2012 a maggio 2018, con la stragrande maggioranza dal 2015 al 2017. Tra di loro ci sono circa 1.500 tweet italiani” che avrebbero incrociato a più riprese i loro destini con profili che sostenevano in modo chiaro Lega e Movimento 5 Stelle. Uno di questi tweet, poi rivelatosi falso grazie alle analisi del debunker David Puente, era mirato a screditare l’allora ministro del Lavoro Giuliano Poletti e suo figlio. Ma la rete sarebbe stata molto estesa e avrebbe sparso per la Rete decine e decine di fake news.

INTERFERENZE NON CHIARE

A beneficio di chi è andata questa attività disinformativa? “Sulla base del materiale disponibile”, sottolinea Federico Fubini, “nulla permette di ipotizzare che M5S o la Lega abbiano ricercato o concordato alcun tipo di sostegno da parte delle fabbriche di troll della Russia. Non risulta in nessun modo dai documenti di Robert Mueller (il procuratore generale che negli Stati Uniti conduce l’inchiesta sul Russiagate, ndr) pubblicati da Nate Silver abbiano sollecitato l’aiuto di Mosca”. Tuttavia, sottolinea il vice direttore del Corriere della Sera, “è invece evidente dall’enorme massa di post su Twitter, in parte ancora da decifrare, che da parte dei «troll» si sono voluti sostenere i partiti populisti in Italia. In altri termini, esistono indizi di un tentativo di interferenza esterna a favore dei populisti nella vita politica del nostro Paese”.

I LEGAMI CHE PREOCCUPANO

L’argomento, d’altronde, oltre ad accendere di nuovo i riflettori sul ruolo della Rete nei processi democratici, non poteva restare a lungo al di fuori del confronto politico, e non solo.
Più volte, nelle scorse settimane, Formiche.net ha riportato la preoccupazione che i rapporti tra la Lega e ambienti russi, in particolare quelli con Russia Unita, sollevano tra i partner dell’Italia e nei loro apparati di sicurezza.
Un accordo sottoscritto dal partito guidato da Matteo Salvini e da quello del presidente Vladimir Putin prevede infatti un ampio scambio informativo. E sebbene questa intesa non impatti sul ricevimento del Nos (il Nulla Osta di Sicurezza, ovvero un’abilitazione a poter trattare informazioni classificate su diversi livelli di segretezza che viene data solo ai ministri di Esteri, Difesa e Interno), secondo l’ex ministro socialista Rino Formica, sentito dalla firma della Stampa Fabio Martini, potrebbe però renderci “marginali nelle grandi decisioni internazionali”.
Tali aspetti, ha evidenziato in una conversazione con questa testata Nona Mikhelidze, responsabile del programma Europa orientale e Eurasia dello Iai, si uniscono infatti alla questione che tra gli obiettivi del Cremlino nel Vecchio Continente c’è per il momento quello di aiutare quelle forze sovraniste che, per costituzione, chiedono meno Europa e che possono essere un’utile sponda per una rimozione o un alleggerimento delle sanzioni a Mosca, o per frenare un’ulteriore espansione della Nato.
In questo contesto vanno inseriti i rilievi seguiti a un recente viaggio del ministro dell’interno in Russia per incontrare il suo omologo russo ed anche alti funzionari della sicurezza nazionale del Cremlino, o l’interrogazione parlamentare – oggetto di un intervento “riparatore” del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi – scaturita da un’intervista al Washington Post nella quale Salvini commentava come legittima l’annessione russa della Crimea che ha portato alla crisi ucraina e a una condanna internazionale per le azioni di Mosca.
Tutti questi temi, uniti a “viaggi nel nostro Paese di Michael Cohen, ex avvocato del presidente Trump ora sotto inchiesta” e agli “stretti rapporti con l’Italia di Igor Sechin, capo della compagnia energetica Rosneft e alleato di Putin”, ha scritto ieri uno dei giornalisti di punta del giornale diretto da Maurizio Molinari, l’inviato a New York Paolo Mastrolilli, fanno dell’Italia un osservato speciale e la pongono “al centro delle preoccupazioni dei servizi di intelligence occidentali per le infiltrazioni russe in Europa”.

Ventura

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