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Israele sta nuovamente cercando di riportare a casa i resti di Eli Cohen, la spia del Mossad il cui operato in Siria lo ha consacrato come eroe nazionale. Cohen fu scoperto e giustiziato nel 1965, ma il luogo della sua sepoltura rimane un mistero avvolto da decenni di segreti, negoziati falliti e sottili giochi diplomatici.

Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1924, Cohen emigrò in Israele nei primi anni Cinquanta. Dopo essere entrato nel Mossad, fu inviato in missione sotto copertura con il nome di Kamel Amin Thaabet, un facoltoso uomo d’affari siriano emigrato in Argentina. Grazie alla sua personalità carismatica e alla sua straordinaria capacità di infiltrarsi nei circoli più esclusivi, Cohen riuscì a trasferirsi a Damasco nel 1962, dove rapidamente divenne un punto di riferimento nell’élite politica e militare siriana.

Cohen non si limitava a osservare: partecipava attivamente a eventi sociali, intrecciava relazioni con ufficiali di alto rango e accedeva a informazioni estremamente riservate. Tra i suoi maggiori successi si annovera la mappatura delle postazioni militari siriane sulle Alture del Golan, che Israele utilizzò come punti di riferimento strategici durante la Guerra dei Sei Giorni del 1967. Tuttavia, la sua attività non passò inosservata: nel 1965, l’intelligence siriana, con il supporto tecnico dei servizi segreti sovietici, individuò le trasmissioni radio di Cohen con Israele. Fu arrestato, torturato e, infine, impiccato pubblicamente nella piazza centrale di Damasco.

Da allora, Israele ha incessantemente cercato di recuperarne i resti. La Siria, tuttavia, ha sempre respinto le richieste, adottando misure straordinarie per impedirne il ritrovamento, come il trasferimento ripetuto della salma in luoghi segreti. Con la caduta del regime di Bashar al Assad e il caos che ha travolto il Paese, sono emerse nuove opportunità. Secondo il quotidiano libanese al Akhbar, i negoziati sono in corso tra rappresentanti israeliani ed ex membri del regime siriano, con il diretto coinvolgimento del direttore del Mossad, David Barnea.

Nel corso degli anni, Israele ha tentato diverse vie per riportare la salma di Cohen a casa. Nel 2018, il governo israeliano annunciò il recupero di un oggetto personale: l’orologio che la spia indossava durante la sua missione. Si trattava di un Eterna-Matic Centenaire 61, acquistato a Ginevra, simbolo di un legame tangibile con il passato. Tuttavia, gli sforzi per individuare i suoi resti si sono rivelati molto più complessi. Durante la guerra civile siriana, il Mossad avrebbe contattato gruppi ribelli per ottenere informazioni, mentre altri tentativi diplomatici hanno coinvolto mediatori come la Russia, la Turchia e persino gli Emirati Arabi Uniti. Per esempio, come ricorda il Corriere, durante la pandemia di Covid-19, si ipotizzò che Israele avesse acquistato vaccini dalla Russia per un valore di un milione di dollari come incentivo per favorire le ricerche. Tuttavia, nonostante questi sforzi, il regime siriano ha sempre sostenuto di aver perso le tracce della salma, una dichiarazione vista da molti come un pretesto per aumentare il prezzo delle trattative.

La figura di Eli Cohen continua a occupare un posto speciale nella memoria collettiva israeliana. La sua vicenda è stata oggetto di libri, documentari e, più recentemente, di una popolare serie Netflix intitolata The Spy. Il recupero dei suoi resti rimane una questione profondamente sentita in Israele, non solo per la famiglia di Cohen, ma anche per il significato simbolico che porterebbe la chiusura di una vicenda che dura da quasi sessant’anni.

(Foto: Museo Eli Cohen)

Cacciato Assad, Eli Cohen può tornare in Israele? Mossad al lavoro

Dopo la cattura e l’impiccagione, la salma della spia è diventata un mistero, con la Siria che ha ostacolato ogni tentativo di recupero. Oggi, con una nuova situazione politica, si cerca di chiudere quella che per Israele è una ferita storica che dura da quasi sessant’anni

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