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L’avvio della missione Themis dell’agenzia europea Frontex in sostituzione di Triton sembrava aver dato speranze su un minore afflusso di immigrati venendo meno l’obbligo di trasportarli nei porti italiani, ma probabilmente non sarà così. In occasione del cambio al vertice della Guardia costiera, Formiche.net ha chiesto al nuovo comandante, ammiraglio Giovanni Pettorino, 61 anni, romano, se il Centro di coordinamento di Roma (sul quale continuerà a gravitare la quasi totalità delle richieste di aiuto) indirizzerà effettivamente verso porti non italiani alcune delle unità navali che avranno soccorso imbarcazioni in difficoltà. La risposta, seppur diplomatica, è piuttosto chiara: “Una volta effettuato il soccorso – ha detto l’ammiraglio – in base alle norme internazionali le persone saranno portate nel porto più vicino e più sicuro” sottolineando che “volta per volta” sarà individuato il “porto più sicuro”.

La missione Triton, ha proseguito Pettorino, “prevedeva che tutte le persone soccorse fossero comunque portate in Italia, la nuova operazione Themis non ha più questa clausola limitativa, quindi saranno portate nel porto più sicuro in base alle norme internazionali”. È possibile calcolare in percentuale quante persone in meno potrebbero arrivare sulle nostre coste? “È difficile preventivarlo”. Nei giorni scorsi si è calcato la mano soprattutto sul venir meno dell’obbligo di indirizzare i soccorsi verso l’Italia, ma la stessa portavoce di Frontex, Izabella Cooper, in più interviste aveva precisato che lo scopo principale di Themis è quello di contribuire alla sicurezza nel Mediterraneo e che, sul fronte dei soccorsi, ovviamente continuerà a prevalere la legge del mare e quindi il posto sicuro più vicino. All’atto pratico, trovare un porto sicuro non italiano sarà molto complicato anche perché è indispensabile la disponibilità della nazione verso cui potrebbero essere dirottati i profughi: se non c’è questa disponibilità, non si può entrare in quelle acque territoriali.

L’ammiraglio Pettorino subentra all’ammiraglio Vincenzo Melone che ha comandato la Guardia costiera dal 2016 e che lascia la divisa dopo 46 anni. Entrambi, nei discorsi ufficiali, hanno rimarcato il primo dovere del Corpo che è quello di salvare vite in mare, in particolare a fronte “dell’emergenza umanitaria in corso”, come l’ha definita Melone il quale ha ringraziato il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, per tutti gli interventi normativi degli anni scorsi a sostegno del Corpo. Nel luglio scorso, subito dopo che il presidente Sergio Mattarella aveva lasciato il comando della Guardia costiera, Melone aveva regalato la propria sciabola a Delrio, gesto particolarmente significativo per un ufficiale. L’ammiraglio Valter Girardelli, capo di Stato maggiore della Marina, ha riconosciuto le difficoltà operative della Guardia costiera, “la freddezza nella decisione e la lucidità del personale” che si trova di fronte a “situazioni tragiche” in quel Sud che è “la frontiera liquida dell’Europa”. L’attività rappresenta un coordinamento e un controllo importanti per la sicurezza nazionale, oltre al contributo addestrativo in favore della Guardia costiera libica.

Di “capacity building” ha parlato anche il generale Claudio Graziano, capo di Stato maggiore della Difesa, per il quale, inoltre, “le attività di ricerca e salvataggio svolte hanno consentito di contenere i drammatici esiti dell’imponente fenomeno migratorio che investe il nostro Paese e tutto il continente europeo”. Delrio ha approfittato della cerimonia per ribadire che “non dobbiamo alzare barriere o muri” e che l’Italia “ha salvato l’onore dell’Europa”. Certo il problema immigrazione non si risolve in mare perché, come ha detto lo stesso ammiraglio Pettorino, “bisogna intervenire dove questo problema nasce”. Nel frattempo, però, per l’Italia dovrebbe cambiare molto poco anche con l’avvio di Themis.

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