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Nessun mistero. Il leader della Lega si considera uno dei più fidati amici del regime russo e non lo ha mai nascosto. Ne ha fatto anzi una bandiera della sua linea politica. Non solo chiede la fine delle sanzioni occidentali per difendere gli interessi delle imprese italiane danneggiate ma non manca neppure di fare appelli accorati a favore delle pmi della fu Unione Sovietica. Ora che ricopre il ruolo di ministro dell’interno e vicepresidente del Consiglio voleva essere il primo del governo a volare a Mosca. A fine ottobre ci sarà la visita del premier Conte e poco prima quella del ministro degli Esteri, Enzo Moavero. Lui, Matteo Salvini, voleva il primato nella relazione con il Cremlino.

Quale migliore occasione quindi che la finale dei mondiali? Detto, fatto. Non senza polemiche il nuovo uomo forte della politica italiana si è presentato nel paese che gli è più amico. Ha viaggiato con viaggio di linea ed era ospite della Fifa, ha precisato. Ha incontrato il suo omologo Vladimir Kolokoltsev (nella foto con Salvini) ed i rappresentanti del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Federazione Russa, Yuri Averyanov e Aleksandr Venediktov. Stando a quanto scritto dallo stesso Salvini sulla sua bacheca Facebook, “tra i tanti temi discussi, collaborazione a tutto campo tra Italia e Russia nella lotta al terrorismo islamico, che usa anche l’immigrazione clandestina come veicolo di infiltrazione: condivisione di buone pratiche, e banche dati, scambio di informazioni e competenze tecniche, fino all’istituzione di pattuglie miste tra Forze dell’ordine italiane e russe”.

Non solo, il ministro dell’Interno italiano ha anche parlato di “impegno comune di Italia e Russia per la cybersicurezza e la difesa dagli attacchi informatici”. Una precisazione, questa, che ha provocato non pochi sorrisini nelle cancellerie internazionali, che con grande attenzione hanno seguito questa visita. Se gli Stati Uniti hanno bannato prima e sanzionato poi l’azienda russa leader in cybersecurity Kaspersky, il nostro Paese è celebre per avergli affidato la “protezione” di istituzioni fra le più sensibili in termini di sicurezza nazionale. Verrebbe in mente lo slogan elettorale del dopoguerra: “Silenzio, il nemico ti ascolta”. Ovviamente, per Salvini il nemico non è il Cremlino. Tutt’altro. E non sorprende neppure l’entusiasmo per l’esito del vertice di Helsinki che ha visto Putin trionfare con le sue qualità politiche e diplomatiche.

Tutto bene, quindi? Non del tutto. È evidente che la polemica italiana sul volo di Stato era pretestuosa oltre che infondata a quanto pare. Il tema critico riguarda infatti l’idea stessa di sicurezza nazionale e di posizionamento internazionale del nostro Paese. In Italia non c’è formazione politica che non sia filo-russa. Prodi e Renzi sono stati e sono (soprattutto il primo) convinti della partnership con Mosca. Non parliamo neppure di Berlusconi che a Putin è legato da un rapporto di profonda e complice amicizia. Gli interessi di Roma nel Mediterraneo non lasciano dubbi sul fatto che il dialogo con la Russia sia necessario ed utile. Fin dove arriva però il livello collaborazione? L’invasione della Crimea e la presenza delle truppe russe in Ucraina dell’Est non sono mai citati da Salvini, neppure per sbaglio. Per il leader leghista la cooperazione con il Cremlino deve essere totale, senza limiti, sul modello di quella che abbiamo con gli Stati Uniti se non superiore e non importa se a pensarla all’opposto siano l’Europa e la Nato (e gli stessi Usa come scritto nero su bianco sulla Strategia della sicurezza nazionale firmata da Donald Trump).

Quanto alla visita, resta abbastanza sorprendente la non pianificazione della stessa. Il ministro dell’interno ha scelto di partecipare alla finale dei mondiali (cosa già di per sé anomala) all’ultimo momento e con l’ambizione – non celata, per la verità – di incontrare Putin, anche solo per un selfie. Alla fine non si sono visti e Salvini ha comunque rispettato la forma incontrando il suo collega russo. Resta comunque un dubbio, non banale. Non ci sono infatti comunicati relativi ad una riunione con i rappresentanti di Russia Unita, il partito dello zar Vladimir con cui lo stesso Salvini ha firmato un “contratto” di cooperazione. L’accordo firmato nel 2017 prevede infatti uno scambio di informazioni fra i due Paesi. Questo può avvenire in molti modi, non necessariamente di persona. Eppure il possibile incontro con i vertici di Russia Unita era stato ventilato.

Poi però nessuna traccia. C’è stato o no? Perché non ne è stata fatta menzione (quale che sia stato l’esito)? La visita del leader leghista è arrivata dopo il tentativo di coinvolgere il Quirinale a difesa di una inchiesta giudiziaria che vede i conti correnti del partito sotto sequestro e i flussi finanziari del partito stesso sotto osservazione. Organi di informazione come Repubblica ed Espresso insistono molto sulla relazione pericolosa proprio con il regime russo. Insomma, la finale di Francia e Croazia ha assunto un significato poco sportivo per Salvini e semmai alimentato i “soliti sospetti”. A Salvini importa assai poco. Dell’amicizia con Mosca non fa velo. Ma la trasparenza del rapporto è effettiva o solo parziale? Il rapporto con Russia Unita resta un punto aperto e il proposito di rafforzare il ruolo della Russia nella sicurezza cibernetica italiana non è certo rassicurante per chi resta radicato nella idea di Occidente.

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