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“Le fake news sono un pretesto per imporre la censura”. È questo il giudizio netto di Marcello Foa, ora in libreria con “Gli stregoni della notizia” (Guerini e Associati), ospite del convegno “L’industria delle fake news” organizzato dalla rivista “L’Intellettuale dissidente” che si è tenuto a Roma il 21 aprile. Insieme a lui il senatore della Lega Nord Alberto Bagnai e il professor Vladimiro Giacchè.

La lotta senza quartiere alle notizie false divulgate in maniera virale in rete altro non sarebbe che un escamotage, voluto dalle élite dominanti, in particolar modo europee, per imporre e controllare l’informazione continuare a detenere lo scettro decisionale. Nel mirino di Foa ci finisce anche lo scandalo che ha coinvolto Facebook per il ruolo avuto nella vendita dei dati di circa 87 milioni di utenti a Cambridge Analytica, società attiva nella comunicazione politica che utilizza gli strumenti del microtargeting, una strategia che aiuta a individuare con precisione i “pubblici” virtuali cui sottoporre messaggi promozionali quasi personalizzati. “La polemica su Facebook e su Cambridge Analytica è un puro pretesto. Sappiamo tutti che Facebook usa e manipola i dati che noi stessi gli forniamo” – dice Foa – “Quando li manipolava Obama andava benissimo se lo fa Trump attraverso questa società scoppia il caos. E perché? Perché si sono resi conto che il meccanismo che avevano creato si era svincolato dal loro controllo e stanno cercando di riportarlo all’interno del loro controllo”.

UE CONTRO LE FAKE NEWS: RISCHIO CENSURA?

Il prossimo 25 aprile la UE pubblicherà una road map “vincolante” sulla base di un rapporto stilato dall’High-level Group of Experts contro le fake news voluto proprio dalla Commissione Europea. Il Commissario europeo per l’economia e la Digital Society, Marija Gabriel ha escluso categoricamente lo strumento delle “liste nere” e ha aperto a un’autoregolamentazione lasciata alla volontà delle piattaforme e dei siti che lo desidereranno. Non è di questo avviso Marcello Foa che vede proprio nel rapporto del gruppo di esperti agitarsi il rischio della censura. “Tra pochi giorni l’UE diramerà l’ennesimo rapporto in cui, a partire da u articolo uscito dal Financial Times, arriveremo a vere e proprie liste di proscrizione: ci diranno quali sono i siti buoni e quali quelli cattivi. Sempre nel nome delle fake news, e questo mi induce una certa preoccupazione” – continua Foa che però resta ottimista nella presenza di anticorpi anticensura nella società civile europea- “Nonostante una evidente manipolazione sempre più spinta ci sono delle minoranze di persone per bene, sempre più attive che arrivano da esperienze e culture politiche diverse ma che sono unite dalla stessa passione democratica”. Il passo dal piano dell’informazione a quello della politica è breve. “Il fatto che a queste elezioni i partiti tradizionali abbiano perso, così come hanno perso in moltI altri Paesi europei, evidenzia che c’è un risveglio non estremista ma di persone moderate che hanno creduto per anni nei partiti tradizionali e che hanno voglia di reagire e capire”. Ed è politica, in senso lato, anche la proposta del senatore della Lega Nord Alberto Bagnai per combattere l’imposizione di una verità dominante: “Il problema è quello dei rapporti di forza e occorre porre le condizioni per rovesciarli. Le narrazioni non vanno costruite, ma vanno imposte”.

FAKE NEWS DI ESTABLISHMENT: SIRIA E UNIONE EUROPEA

Ma quali sono le fake news “di establishment”? I relatori portano due esempi su tutti: la crisi siriana e l’introduzione della moneta unica in Europa. “In guerra la prima vittima è la verità. Nel 2013 ci venne raccontato che Assad aveva gasato 1300 persone, tra le quali molti bambini. Un gesto che appariva folle e insensato da parte del Governo siriano, un’azione che avrebbe offerto il pretesto al bombardamento della Nato. Lì è cominciata la colpevolizzazione di Assad. Dopo poco emerse che i morti c’erano stati ma che a sparare il gas erano stati i ribelli, tra i quali l’ISIS, gli stessi finanziati dagli occidentali” – continua Foa – “Un’altra falsa notizia, sempre sulla Siria, è stata quella secondo la quale Assad avrebbe bruciato prigionieri politici in forni crematoi. Il tutto corredato da foto dall’alto di un impianto industriale. La prima a lanciare la palla è stata Amnesty International, seguita a ruota dal Dipartimento di Stato Usa, a quel punto è diventata una verità condivisa che ha conquistato le prime pagine per settimane. Poi fortunatamente il Dipartimento di Stato ha fatto marcia indietro ammettendo di non avere prove a riguardo. Come si è comportata la stampa? Come al solito: la notizia è sparita”.

Il processo di integrazione europea culminato nell’introduzione dell’euro sarebbe stato vittima delle stesse manipolazioni informative. “Ogni passo avanti nell’integrazione europea è visto in maniera positiva” – dice il prof. Vladimiro Giacchè – “Questo non è stato sempre vero, almeno per l’Italia. Vi faccio un esempio: l’unione bancaria. L’unico aspetto positivo per l’Italia sarebbe stata la garanzia europea sui depositi, l’unico pilastro che non è stato approvato. Inoltre, la visione di un inarrestabile progresso dell’UE, ha prodotto, attraverso il vincolo esterno, un rovesciamento delle fonti del diritto nel nostro Paese. Tanto da arrivare al paradosso, almeno nei dibattiti sui giornali più accreditati, che dovrebbe essere la Costituzione ad adeguarsi ai trattati europei”.

fake news, Facebook

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