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Nella sua prima visita all’estero dopo la rielezione, Vladimir Putin è arrivato oggi ad Ankara per incontri di alto livello, a cominciare da quello con l’omologo locale Recep Tayyp Erdogan. Il russo è accompagnato da una delegazione di imprenditori di prim’ordine che presenzieranno alla riunione del Consiglio di cooperazione turco-russo, e il senso della visita è consolidare i rapporti tra le due nazioni che, complice il corso schizofrenico della guerra siriana, si sono trovate negli ultimi due anni a stringere un’intesa delicata.

Russia e Turchia si trovano tutt’ora su due sponde opposte del conflitto siriano, e proprio durante il conflitto le loro relazioni sono arrivate ai minimi (un Sukhoi russo fu addirittura abbattuto dall’aviazione turca), ma poi Mosca ha saputo portare Ankara su un terreno condiviso. L’ha inclusa nel programma negoziale che s’è intestata, il processo di Astana, creando i presupposti per una strada alternativa a quella onusiana sulla Siria e facendo in modo che le distanze tra Turchia e Occidente diventassero sempre più marcate su tutti i fronti.

Di Siria, però, si parlerà domani alla presenza dell’iraniano Hassan Rouhani (il terzo pezzo del tridente di Astana). Secondo l’agenda ufficiale della visita di Putin, il primo appuntamento prevede infatti l’inaugurazione di un centrale nucleare in Turchia. L’impianto di Akkuyu, sulla costa mediterranea, sarà avviato da remoto dai due leader, segnando un passo evidente su come la partnership tra i due paesi sta diventando strategica: sarà infatti la russa Rosatom a costruire la prima centrale nucleare turca, per un incarico da 20 miliardi di euro.

I meeting tra Erdogan e Putin sono ormai diventati un grande classico della politica estera globale: solo nel 2017 i due presidenti si sono visti otto volte e hanno avuto 20 colloqui telefonici, ha ricordato il consigliere per la politica estera del Cremlino Yuri Ushakov, facendo da cicerone per la stampa sui temi dell’incontro.

Argomenti caldi sono la cooperazione bilaterale, a cominciare da quella nel settore industriale della difesa, qui compreso il tema della fornitura dei sistemi missilistici di difesa aerea S-400 da parte della Russia alla Turchia. Si tratta di una questione scottante, perché significa che il secondo esercito in ordine numerico della Nato acquisterà uno dei sistemi di punta russi, e questo a Bruxelles ha sollevato diverse preoccupazioni (quanto meno perché rende difficoltosa l’interoperabilità interna tra alleati).

Focus anche sul gasdotto Turkish Stream, progetto commerciale ma anche geopolitico composto da due linee che serviranno per portare il gas russo verso la Turchia europea, proseguendo fino al confine con la Grecia, tagliando il Mar Nero. La maggior parte dei permessi per la costruzione del gasdotto a doppia linea (terrestre e marina) è stata ottenuta, ha detto il consigliere presidenziale russo, secondo cui la messa in servizio è attesa prima del 30 dicembre 2019. Ciascuna delle due linee avrà una capacita’ di 15,75 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il gas “fornito attraverso la prima linea è destinato ai consumatori turchi, mentre quello che passerà tramite la seconda arriverà al confine fra la Turchia e l’Ue dove è prevista la costruzione di un hub“, ha aggiunto Ushakov.

Quando mercoledì arriverà nella capitale turca Rouhani, Ankara ospiterà anche un faccia a faccia tra l’iraniano e Putin. I due parleranno dell’accordo sul nucleare, che Washington minaccia di far saltare, cercando appoggio sopratutto in Europa. “L’area di cooperazione più promettente è il settore energetico. Le principali compagnie petrolifere e del gas russo (Gazprom, Gazprom Neft, Rosneft, Lukoil, Zarubezhneft e Tatneft) stanno già portando avanti diverse attività programmate per lo sviluppo di giacimenti in Iran. Gli investimenti sono stimati in oltre 50 miliardi di dollari”, ha detto il consigliere del Cremlino, che spiega quanto Mosca veda necessario il deal.

Ankara si fa centro d’attrazione per dinamiche di difesa, commerciali e geopolitiche, che si allineano su un solco diverso rispetto a quello di Stati Uniti e Unione Europea, a testimonianza che la posizione del presidente Erdogan continua a essere ambigua nei riguardi di Washington e Bruxelles.

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