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Non è ancora chiaro se sarà uno sgradito uovo di Pasqua o uno dei più grandi pesci d’aprile della storia, ma la Stazione spaziale cinese dovrebbe cadere proprio nella prima mattina di domenica. Le ultime stime rese note dalla Protezione civile, che conta sul monitoraggio dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) dal Centro di geodesia spaziale di Matera, danno come ora nominale dell’impatto le 02:44 UTC (in Italia saranno le 04:44) con un’intervallo di probabilità di 30 ore per il 95% di certezza. La fascia su cui cadranno i frammenti resta invariata, dal 44esimo parallelo nord al gemello sud, un’area immensa, coperta per la stragrande maggior parte da zone disabitate, che include anche il nostro Paese, da Assisi in giù.

Secondo l’Agenzia spaziale europea (Esa) l’impatto dovrebbe avvenire tra il pomeriggio del 31 marzo e la mattina dell’1 aprile, sebbene la finestra resti “altamente variabile”. Rispetto ai 300 chilometri di altitudine osservati a gennaio, la Tiangong-1 si trova ora a circa 190 chilometri, in una caduta che, iniziata nel 2016, si fa sempre più veloce. Quando raggiungerà i 90 chilometri, la struttura di 10,5 metri per 3,5 di diametro si dividerà in più frammenti, alcuni dei quali riusciranno a sopravvivere al passaggio in atmosfera.

“Solo a partire da un giorno prima del rientro effettivo sarà possibile prevedere approssimativamente quale zona, e quindi quali regioni della Terra potrebbero assistere al rientro”, spiega l’Esa. Anche in questo caso la previsione sarà piuttosto incerta “a causa della complessità dei modelli dell’atmosfera, della dinamiche dell’oggetto rientrante e per i limiti nell’osservazione del veicolo spaziale”. In generale, spiega ancora l’Agenzia europea “l’incertezza associata alle previsioni di un rientro non controllato è nell’ordine del 20% della durata orbitale rimanente. In pratica, questo significa che anche sette ore prima dell’effettivo rientro, l’incertezza sul luogo di impatto è un giro orbitale completo”, traducibile in migliaia di chilometri.

Nel frattempo, l’istituto tedesco Fraunhofer FHR è riuscito a immortalare la Stazione cinese a un’altezza di 200,5 chilometri, grazie al potente radar Tira (Tracking and imaging radar).

La base del Palazzo celeste lanciato nel 2011 appare ancora compatta, compresi i due pannelli solari di 3 metri per 7 che non preoccupano essendo destinati a disintegrarsi al passaggio in atmosfera. La velocità di rotazione osservata è stata pari a 2 minuti e 44 secondi, un tempo che lascia difficile prevedere la zona dell’impatto.

Con gli opportuni gesti scaramantici è bene ricordare che quello della Tiangong-1 non è di certo l’unico rientro incontrollato della storia, né il più grande. Solo per citarne uno, nel 1979 cadde in modo incontrollato la stazione Skylab della Nasa che, con un peso di ben 74 tonnellate, fece cadere i suoi frammenti in una zona disabitata dell’Australia occidentale. Inoltre, se non bastasse il calcolo delle probabilità (la possibilità personale “di essere colpiti da un pezzo di detrito proveniente dalla Tiangong-1 è in realtà 10 milioni di volte inferiore alla possibilità annua di essere colpiti da un fulmine”), può aiutare dare uno sguardo alla statistica: nella storia del volo spaziale non sono mai state confermate vittime causate dalla caduta di detriti spaziali. Se anche questo non bastasse, può rassicurare il fatto che da settimane è a lavoro un tavolo tecnico pronto a dispiegare le misure necessarie nel caso “improbabile” di una caduta sul territorio nazionale. Vi partecipano la Protezione civile, l’Asi, il consigliere militare della presidenza del Consiglio, i ministeri di Interno, Difesa ed Esteri, l’Enac, l’Enav e l’Ispra.

 

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