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La location scelta dal M5S è quella di piazza della Bocca della Verità, non una delle più grandi della Capitale. A sceglierla, il 25 marzo 2017, in occasione dei 60 anni dai Trattati di Roma, fu la ristretta compagine europeista.

La manifestazione, convocata inizialmente da Luigi Di Maio per protestare contro il Capo dello Stato Sergio Mattarella quando l’ipotesi del “governo del cambiamento” sembrava essersi arginato sullo scoglio Savona, è stata una festa che ha celebrato l’insperato successo di un governo a 5 stelle, seppur in tandem con la Lega di Matteo Salvini. Sul palco ha sfilato tutto lo stato maggiore del M5S, da Carla Ruocco a Paola Taverna, da Nicola Morra a Virginia Raggi, insieme a tutta la squadra di governo capeggiata da Luigi Di Maio per finire con Davide Casaleggio e Beppe Grillo.

POPOLO M5S: DI LOTTA E DI GOVERNO

Tra nostalgici della prima ora (tra la folla circola ancora qualche maschera di Guy Fawkes in ricordo del primo “V-day” bolognese del 2007), e neofiti delusi di destra e di sinistra, la piazza è affollata da tante bandiere tricolore e qualcuna della Trinacria, primo vero laboratorio politico della rivoluzione a 5 stelle.

È una piazza che, in una calda serata romana, ha voglia di fare festa e celebrare il raggiungimento dell’età adulta del Movimento senza dimenticare, però, l’animo barricadero che si fa sentire tutto, condito da improperi, quando Carla Ruocco evoca il superamento della Legge Fornero.

I militanti hanno “perdonato” Mattarella e le sue indecisioni anche se, quando i big intervenuti sul palco lo citano, si percepisce qualche mugugno. “Mattarella deve farci governare” – dice Carla, una militate arrivata da La Spezia – “C’è in rete un video in cui il Presidente della Repubblica dice a un ragazzino che lui firma anche le leggi che non gli piacciono. Perciò ora non potrà non firmare le nostre”.

I fischi, copiosi, arrivano quando sul palco Luigi Di Maio presenta Sergio Bramini, imprenditore brianzolo costretto al fallimento per i ritardi dello Stato nei pagamenti. “Non c’è più bisogno di fischiare contro lo Stato” – ammonisce il neo ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico – “Lo Stato siamo noi”. La notizia è che Bramini diventerà consigliere di Di Maio al ministero. “Purtroppo siamo arrivati tardi per la casa di Sergio, ma ora potremo finalmente scrivere leggi che impediscano che altri imprenditori si vedano rovinati dalle lungaggini dello Stato”, aggiunge Di Maio.

Posizioni discordanti, tra i sostenitori, tutti armati del cartello “Il mio voto conta”, anche sull’alleato leghista. “Questo governo deve funzionare per forza, altrimenti siamo tutti morti, il Movimento è finito” – dice Ezio, ex calciatore di serie C di origine partenopea e presenza fissa ai banchetti di Empoli da 5 anni – “Salvini deve fare quello che c’è scritto del contratto, l’ha firmato. E poi non ha tutti i torti sull’immigrazione, anche Grillo qualche tempo fa disse che i clandestini vanno espulsi, anche se pure espellerli costa, forse non dovrebbero proprio entrare. Ma c’è quel trattato (ndr Trattato di Dublino) che serve a sostituire gli italiani con gli immigrati. C’è un piano (ndr Piano Kalergi) che stanno applicando, noi siamo sempre più vecchi e loro arrivano giovani, forti e con la voglia di lottare. A noi ci ha risvegliato solo il Movimento”. Nonostante le affinità c’è chi non si fida pienamente dell’alleato di Governo. “Salvini ha dietro Berlusconi” – ci confida preoccupato Pietro, romano da poco avvicinatosi ai 5 stelle – “Ho paura che faccia la serpe in seno del governo ma potrebbe trovarsi lui stesso gabbato, perché se Berlusconi ha deciso di fare un passo di lato è perché ha già un accordo con quell’altra volpe, Renzi”.

GRILLO: “COME SARÀ IL MONDO DEL LAVORO TRA VENT’ANNI?”

Un momento molto commovente si è vissuto quando Davide Casaleggio dal palco ha ricordato il padre Gianroberto: “C’è una stella che ci guarda e che brilla più delle altre in cielo”.

Subito dopo la presentazione della squadra di governo. A ricevere l’accoglienza più calda i ministri “politici”, i volti più noti del M5S: Riccardo Fraccaro, ministro ai rapporti con il Parlamento e democrazia diretta, Barbara Lezzi, al Sud, Alfonso Bonafede, alla Giustizia, Giulia Grillo, alla Sanità e, chiaramente, Luigi Di Maio al Lavoro. Tra questi mancava solo Danilo Toninelli, assente giustificato per partecipare alla recita di fine anno del figlio. Applausi scroscianti anche per Sergio Costa, ministro dell’Ambiente, che da Generale dell’Arma dei Carabinieri scoperchiò il vaso di Pandora della Terra dei Fuochi. Accoglienza tiepida per Alberto Bonisoli, ai Beni Culturali, e quasi infastidita per Elisabetta Trenta alla Difesa, forse per l’intervento un po’ troppo istituzionale o per l’accento marcato sul ruolo delle forze armate nella difesa degli interessi nazionali.

A chiudere la serata romana ci ha pensato Beppe Grillo quando oramai la piazza era gremita e rinfrancata da un leggero vento fresco. L’ex comico ripercorre la strada che dalla tv l’ha portato ad essere uno dei più importanti punti di riferimento politici: “Io ho vissuto tre vite, mi sono reincarnato tre volte. Per non sbagliare ho fatto il testamento e ho lasciato tutto a me, non si sa mai” – scherza dal palco – “Ora ho un solo desiderio, diventare Presidente della Repubblica, così posso prendere a sberle Di Maio”. Tra il serio e il faceto Grillo prende in giro la Cancelliera tedesca Angela Merkel (“Ti aspettiamo a Ischia”) e introduce un tema che, con ogni probabilità, tornerà preponderante nei mesi a venire: quello della trasformazione del mercato del lavoro. “Tra 20 anni che lavori ci saranno? Darwin lavorava 4 ore al giorno, ha senso lavorare di più? Nel 2025 metà dei lavori che conosciamo oggi non esisteranno più. Questi sono i temi, destra e sinistra non esistono più” – e infine la bordata sull’euro – “Tutti hanno un piano B anche la Germania e la Francia perché le sorti del mondo possono cambiare con un tweet”.

Vi racconto la piazza adulta del M5S. Chi c’era e cosa si è detto (davvero)

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