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La crisi “a lenta combustione” dell’economia turca si arricchisce di un’altra pagina, questa volta inaspettata per Ankara. Il primo ministro di Cipro Nord, Stato autoproclamato e non riconosciuto dalla comunità internazionale (e su cui Erdogan ha intavolato una vera e propria guerra ideologica per gas e territori occupati) ha detto ufficialmente che pensa di abbandonare la lira turca per cercarne una alternativa. Sullo sfondo i timori per le conseguenze dell’intervento militare in Siria e delle elezioni anticipate in Turchia.

LIRA KO?

La lira turca è ai minimi storici rispetto al dollaro ed è stata classificata tra le valute peggiori di quest’anno. Ankara si difende: è stata tenuta bassa per favorire le esportazioni. Ma la moneta è costantemente in subbuglio con cali progressivi nelle ultime settimane, con sullo sfondo i timori per le conseguenze dell’intervento militare in Siria e delle elezioni anticipate. Secondo gli ultimi dati di tutte le organizzazioni internazionali, la lira turca si è deprezzata del 20% dall’ inizio dell’anno nei confronti del dollaro e dell’euro. La banca centrale turca interviene ma non può “spegnere il fuoco”.

Tra l’altro la stampa ellenica riporta la notizia del congelamento di 100 milioni di dollari in sette banche di Cipro Nord, per via di alcune indagini su 13 casinò che operano nel territorio occupato, frutto proprio dei timori circa la svalutazione della lira turca.

Altro elemento di tensione e preoccupazione è la sovraesposizione delle banche turche, che hanno preso in prestito molti dollari e al contempo hanno elargito svariati prestiti in lire turche che ora valgono molto meno di prima. Ciò significa che il calo della lira non è così benigno come potrebbe sembrare; semmai, è il contrario. E il Presidente Erdogan non prenderà alcuna decisione sui tassi di interesse per via delle vicine elezioni: con il rischio di avviare definitamente la lenta combustione.

FITCH

L’agenzia di rating ha prodotto un paper intitolato “La retorica della Turchia accresce i rischi per il quadro politico” che analizza il trend della lira turca, partendo dalle indicazioni di politica monetaria del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che recentemente ha messo l’accento sulla volontà di assumere un ruolo maggiore nell’influenzare la fissazione dei tassi di interesse. Secondo Fitch la politica monetaria in Turchia è stata per lungo tempo soggetta a vincoli politici, ma adesso una minaccia esplicita di frenare l’indipendenza della banca centrale aumenterebbe i rischi per il sistema politico e per l’efficacia delle sue azioni.

L’agenzia di rating ha aggiunto che il problema in Turchia è che l’indipendenza della politica monetaria è stata ampiamente compromessa dal modo in cui la politica locale funziona e ha osservato: “Una maggiore erosione dell’indipendenza della politica monetaria farebbe ulteriore pressione sul profilo di credito sovrano della Turchia”.

SCENARI

Lo scorso 15 maggio la lira aveva toccato un altro minimo storico, dopo che il presidente da Londra aveva dichiarato a Bloomberg Tv di voler stringere la presa sull’economia e assumere un ruolo più importante nell’impostazione monetaria politica. Tre settimane prima la Banca Centrale della Repubblica di Turchia aveva reagito alla pressione dei mercati (circa gli inasprimenti tra l’inflazione a doppia cifra, il disavanzo delle partite correnti e i segnali di difficoltà del debito societario) con un aumento di 75 punti base.

Nel frattempo i dati macro economici dicono che il deficit di bilancio della Turchia è cresciuto del 30%, mentre lo stock di debito lordo è aumentato nel 2017 a 875,5 miliardi di lire (dai 760 miliardi del 2016). Per l’intero 2017 il saldo del bilancio del governo ha mostrato un deficit di 47,4 miliardi di lire, al di sotto delle aspettative di circa l’1,5% del pil. E lo scorso 1 maggio il governo turco ha annunciato incentivi elettorali entro la fine dell’anno per 12 milioni di pensionati che costeranno all’erario di Ankara circa 24 miliardi di lire turche.

twitter@FDepalo

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