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Si è nuovamente parlato del Mar Nero in questi giorni per evidenziare come Mosca non può farvi rientrare le navi allontanate dalla base siriana di Tartus perché Ankara ha sospeso l’applicazione della Convenzione di Montreux sugli stretti dall’inizio del conflitto del 2022.

Lo status giuridico del Mar Nero come “mare chiuso” sottoposto al controllo della Turchia nell’interesse proprio e dei Paesi rivieraschi è un fattore politico-diplomatico di grande importanza; non minore è però il rilievo del Mar d’Azov. Il piccolo bacino in cui sfocia il Don, incastonato tra Russia e Ucraina, in comunicazione col Mar Nero attraverso lo Stretto di Kerch, è conteso dai due Paesi. Nel 2016 Kyiv ha instaurato presso una Corte arbitrale ad hoc un procedimento di composizione delle controversie di diritto del mare ai sensi della relativa Convenzione Unclos.

Dopo la costituzione in giudizio di Mosca, la causa ha iniziato a svolgersi e non è ancora conclusa. Di fronte alla richiesta ucraina di accertare i suoi diritti di sfruttamento delle risorse nella Zee antistante la Crimea violati dalla Russia dopo l’annessione, la Corte ha accolto nel 2020 l’eccezione di Mosca sulla propria incompetenza a trattare come pregiudiziale la questione dell’illegittima occupazione della penisola.

Ripreso il suo corso, il procedimento si è concentrato su specifici punti quali: il regime giuridico delle acque del Mar d’Azov e del relativo stretto di Kerch; l’esistenza al suo interno di spazi di Zee in cui Paesi terzi si avvalgano della libertà di navigazione; l’illegittimità della costruzione del Ponte di Kerch da parte russa quale iniziativa – realizzata in violazione di principi di protezione ambientale ed archeologica – che impedisce la navigazione verso porti ucraini di navi di grosse dimensioni.

Nei rispettivi interventi tenuti fino ad ottobre, Russia ed Ucraina hanno espresso tesi contrapposte. Secondo Mosca, il Mar d’Azov ha natura di acque interne russe sin dall’epoca degli Zar, poi “condominio indiviso” con l’Ucraina dopo la fine dell’Urss come risulta dalla dichiarazione congiunta del 2003 secondo cui «Historically the Sea of Azov and the Kerch strait are internal waters of the Ukraine and Russia».

A parere di Kyiv, dopo la dissoluzione dell’Urss non c’è mai stata acquiescenza alle pretese russe com’è dimostrato dalle proprie posizioni diplomatiche assunte in anni recenti nel corso di negoziati con Mosca per la stipula di trattati di cooperazione.

Non si sa quando la Corte arbitrale (costituita da giudici nominati dall’Itlos e da rappresentanti di ciascuna delle due Parti) si pronuncerà sul merito della disputa.

Le questioni in ballo, non sono come detto di esclusivo valore giuridico. Varie le domande che possiamo porci. Se la Corte affermerà come chiesto da Kyiv che Azov non è un mare interno ma uno spazio in cui possono esserci Zee, potranno transitarvi navi da guerra straniere in visita ai porti che un futuro trattato di pace assegnerà all’Ucraina? E per consentire questo, la stessa Corte stabilirà dei “corridoi di transito” internazionali destinati alla navigazione commerciale e militare attraverso le acque russe verso gli scali ucraini, a similitudine di quanto stabilito in favore della Slovenia nella sentenza sulla disputa per la Baia di Pirano? O forse, accettando in parte le posizioni russe, la Corte dirà che Azov è un “mare neutralizzato” (come era nell’Ottocento il Mar Nero) e che quindi possono accedervi solo navi russe ed ucraine? E se la costruzione del Ponte di Kerch fosse dichiarata illegittima, Mosca provvederebbe realmente ad abbatterlo oppure a costruire al centro una campata mobile? Ed infine: in un futuro trattato di pace russo-ucraino si inseriranno clausole che applichino il giudicato della Corte nel frattempo intervenuto?

Non sappiamo come andrà a finire, ma siamo certi che la Russia negli anni a venire non potrà più cullarsi sui vecchi miti fondanti dei propri “mari chiusi” (ed il problema riguarda anche il Mar Nero) dovendosi confrontare con la Comunità internazionale in situazioni simili a quelle che affliggono la Cina nell’Indo-Pacifico.

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