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La settimana che precede il Natale è ricca di parole e richiami del Santo Padre per offrirci riflessioni significative e vigorose. “Gesù al centro del Natale” nell’omelia domenicale ha riconsegnato al valore religioso, storico, la tradizione cristiana della natività del Salvatore scardinando con garbo, ma con saggia fermezza, la deriva consumistica che ha prevalso negli anni. E oggi incontrando i rappresentanti della Curia romana ha pronunciato parole impegnative che segnano indiscutibilmente la via che Francesco ha tracciato per riformare la Chiesa di Pietro.

Se la Curia si chiude in se stessa non solo tradisce l’obiettivo della sua esistenza, si condanna all’autodistruzione. Francesco chiede, come peraltro ha sempre fatto per quattro anni in occasione degli auguri natalizi, che si superino le logiche dei complotti e delle cerchie autoreferenziali che oscurano la natura della Curia “progettata ad extra, in quanto legata all’universalità del ministero petrino, al servizio della Parola e dell’annuncio della Buona Novella”.E punta il dito sui “traditori di fiducia” o gli “approfittatori della maternità della Chiesa”, cioè quelle “persone selezionate” per dare un maggior vigore al corpo e alla riforma, ma che invece “si lasciano corrompere dall’ambizione o dalla vanagloria”.

Ritorna Papa Francesco con insistente decisione su alcune “malattie” della Curia, e su una sorta di catalogo delle virtù necessarie a chi vi presta servizio: nella Curia il semper reformanda deve trasformarsi in una personale e strutturale conversione permanente, sul “sensus curiae”, sulla realtà della Curia ad extra, ossia il rapporto della Curia con il mondo esterno, con le nazioni, con le chiese particolari, con le Chiese Orientali, con il dialogo ecumenico, con l’ebraismo, con l’Islam e le altre Confessioni. Il Papa sofferma l’attenzione, sottolineando che le sue riflessioni si basano certamente sui principi basilari e canonici della Curia, sulla stessa storia della Curia, ma anche sulla “visione personale che ho cercato di condividere con voi nei discorsi degli ultimi anni, nel contesto dell’attuale Riforma in corso”. E il Santo padre spiega che l’universalità del servizio della Curia proviene e scaturisce dalla cattolicità del ministero petrino ed è pensando a questa finalità ministeriale, petrina e curiale, ossia di servizio, che ha fatto ricorso all’espressione di un “primato diaconale”, secondo l’immagine di San Gregorio Magno del Servus servorum Dei, espressione della ferma volontà di imitare Cristo, il quale assunse la forma di servo.

Per l’operato della Curia ad extra, Francesco parla quindi degli aspetti legati al “primato diaconale”, dei “sensi costituzionali” e delle “fedeli antenne emittenti e riceventi” che la Curia proiettata nella missione operando in maniera conforme alla sua natura e alla sua finalità in comunione con il Papa deve avere. “I sensi ci aiutano a cogliere il reale e ugualmente a collocarci nel reale” e afferma il Papa: “Questo è molto importante per superare quella squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie che in realtà rappresentano – nonostante tutte le loro giustificazioni e buone intenzioni – un cancro che porta all’autoreferenzialità, che si infiltra anche negli organismi ecclesiastici in quanto tali, e in particolare nelle persone che vi operano. Accanto a queste persone – afferma ancora Francesco – ve ne sono poi altre che ancora vi operano, a cui si dà tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino nella pazienza della Chiesa un’opportunità per convertirsi e non per approfittarsene. Questo certamente senza dimenticare la stragrande parte di persone fedeli che vi lavorano con lodevole impegno, fedeltà, competenza, dedizione e anche tanta santità. La Curia deve funzionare come un’antenna e deve cogliere le istanze, le domande, le richieste, le grida, le gioie e le lacrime delle Chiese e del mondo in modo da trasmetterle al Vescovo di Roma. Così per gli ambiti di lavoro poichè l’unico interesse della diplomazia vaticana è quello di essere libera da qualsiasi interesse mondano o materiale. La Santa Sede è presente sulla scena mondiale per collaborare con tutte le persone e le nazioni di buona volontà e per ribadire sempre l’importanza di custodire la “nostra casa comune” da ogni egoismo distruttivo; per affermare che le guerre portano solo morte e distruzione; per attingere dal passato i necessari insegnamenti che ci aiutano a vivere meglio il presente, a costruire solidamente il futuro e a salvaguardarlo per le nuove generazioni”.

Per il rapporto che lega la Curia romana alle diocesi il Papa ricorda che è basato “sulla collaborazione, sulla fiducia e mai sulla superiorità o sull’avversità”. Si sofferma poi sui rapporti con le Chiese Orientali e insiste sul dialogo ecumenico che “è un cammino irreversibile e non in retromarcia”.

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