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È stato reso pubblico il “World Threat Assessment”, il documento redatto sotto la firma di Daniel Coats, il Director of National Intelligence, ossia colui che ha il compito di coordinare l’intero, articolato, sistema della comunità d’intelligence. Si tratta di un’analisi programmatica su quelle che tutte le agenzie dei servizi segreti americani concordano essere le maggiori minacce per la sicurezza nazionale statunitense, e che possono creare squilibri a livello internazionale.

LA MINACCIA CYBER

La prima – ma il report specifica che non c’è un ordine di importanza – delle minacce globali (“Global Threats”) individuate è il cyber crimine: la minaccia crescerà nei prossimi anni, spiega l’ufficio del Dni, perché aumenterà il numero di dispositivi (e di utenti, dunque) connessi alla rete e aumenteranno le iniziative offensive con cui i cyber-attack verranno usati come tool di politica estera. L’IC (che in gergo tecnico sta per Intelligence Community) individua attori che possono usare gli attacchi informatici come interesse economico o politico-strategico: elenco classico, c’è l’Iran (che userà anche il cyber warfare come scenario di confronto con i suoi nemici mediorientali, alleati americani), c’è la Corea del Nord (che oppressa dalle sanzioni potrebbe usare gli attacchi informatici per rubare denaro e fare cassa), c’è la Russia (responsabile di operazioni informatiche molto sofisticate con cui ha interferito nello svolgimento delle ultime presidenziali statunitensi), e c’è la Cina. Il territorio cyber è uno dei tanti terreni di confronto tra Washington e Pechino; sotto l’amministrazione Trump questo “confronto” tra le due più importanti economie del mondo sta seguendo toni via via più accesi trasformandosi in uno scontro.

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LA PROLIFERAZIONE MISSILISTICA

Altro aspetto, la proliferazione di armi di distruzione di massa. Il Dni ritiene molto problematica per la sicurezza nazionale americana la corsa agli armamenti a cui si sta assistendo. Sotto questa voce rientra certamente il programma nucleare nordcoreano, che Washington considera la principale delle minacce per la stabilità globale, ma anche le attività clandestine per esempio spinte dall’Iran in Medio Oriente. Teheran sta passando pezzi di missili balistici sia ai ribelli yemeniti, sia ai miliziani alleati libanesi di Hezbollah: armi che potrebbero essere dirette contro partner americani, ma anche contro basi statunitensi in quella regione. Di altri livello la minaccia russa e cinese, o iraniana stessa: tutti e tre i paesi si stanno muovendo sul settore missilistico secondo vie che per Washington esulano dagli accordi di disarmo internazionali. Capitolo a parte per il Pakistan, le cui tecnologie missilistiche sono uno degli argomenti di contrasto con l’India, e su cui c’è da descrivere rapidamente il quadro geopolitico: gli americani stanno via via mollando Islamabad, considerata un alleato troppo ambiguo nella lotta al terrorismo, e contemporaneamente hanno stretto ancora le relazioni con l’India (che ha contenziosi territoriali aperti coi pakistani). A sé anche la Siria, considerata un problema nel problema, il delicato equilibrio mediorientale, e su cui l’IC torna a sottolineare le nefandezze chimiche compiute per esempio a Khan Shaykhun l’aprile scorso – da notare che nelle ultime settimane Washington ha preso posizione in modo consistente contro Damasco, autorizzando un attacco devastante contro un contingente di governativi.

IL TERRORISMO

A cavallo, l’IS, attore che rientra sotto la voce “Terrorismo”, ma che in almeno due attacchi identificati (nel 2015 e nel 2016) ha usato armi chimiche. Il radicalismo sunnita qaedista e baghdadista è ancora una minaccia enorme: nonostante i primi si muovano in maniera più sotto traccia e i secondi abbiano subito la pesante sconfitta della perdita territoriale, le sigle del terrorismo internazionale hanno ancora interesse a colpire gli Stati Uniti, i cittadini statunitensi, e i loro alleati.

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L’Is (indicato nel report con “Isis” come fa di solito il governo americano per evitare di esaltare il ruolo del Califfato a Stato islamico e lasciando l’acronimo con cui il gruppo si faceva chiamare prima della proclamazione califfale del 2014, quando ancora si muoveva soltanto in Iraq e Siria) è considerato ancora in grado di colpire con attentati l’Occidente; mentre al Qaeda, indicata comunque come altro principale attore del terrorismo globale, viene leggermente declassata. Voce a sé per l’Iran e il gruppo libanese Hazbollah, minaccia regionale in Medio Oriente, soprattutto dopo i crediti di influenza guadagnati sostenendo lo spietato regime di Damasco, e perché indicati da Israele come prossimo nemico.

CONTROSPIANAGGIO

Altro elemento di minaccia è il mondo dello spionaggio: Washington considera la counter-intelligence una chiave strategica per preservare i propri interessi nazionali, e nomina Russia e Cina come i suoi principali nemici. Il controspionaggio è un territorio di confronto enorme: le minacce vanno dalle interferenze sul regolare svolgimento delle attività democratiche all’interno di uno stato – è il caso delle ingerenze russe nella vita sociale attraverso le campagne di disinformatia o quelle più pungenti durante le attività elettorali, subite direttamente dall’America e su cui il Dni è perentorio: continueranno – e passano dai furti di know how e tecnologie di cui spesso i cinesi sono accusati.

LA CRIMINALITÀ INTERNAZIONALE E LA DROGA

Infine, per questa sezione del report, citazione per le organizzazioni criminali transnazionali. Dalla mafia ai cartelli della droga, la destabilizzazione criminale resta, come ovvio, un aspetto su cui le intelligence pongono attenzione. Interessante sottolineare che in alcuni casi queste entità si sommano anche alla minaccia del terrorismo internazionale: è il caso per esempio degli interessi degli Hezbollah in Sudamerica, o ai traffici di oppio con cui i Talebani finanziano le proprie rivendicazioni.

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Da ricordare anche l’aspetto sociale del problema: da qualche anno negli Stati Uniti si sta diffondendo pesantemente l’uso di oppiacei, che ha portato a quella che su queste colonne è stata definita una “epidemia” di overdosi. Il consumo di queste sostanze passa dall’abuso di potenti anti-dolorifici alle dosi di eroina da pochi dollari, e ha prodotto migliaia di morti, con alcune comunità devastate dal problema. In questi giorni l’amministrazione Trump ha spostato un alto funzionario della Casa Bianca – Jim Carroll, vice capo di gabinetto – alla guida del team che deve occuparsi sotto tutti gli aspetti della questione (dal classico “Drug Czar“, lo Zar anti-droga, adesso lo hanno ribattezzato “Opiud Czar“). Il presidente Donald Trump ha più volte parlato della situazione, promettendo che la sua presidenza avrebbe combattuto (risolto?) il fenomeno come non mai.

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