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La minaccia arriva dalla Francia e dagli Stati Uniti. Un fronte unitario, rappresentato dall’imprenditore e finanziere transalpino Denis Dumont (oggi vive in Svizzera) e da un gruppo finanziario americano ancora top secret. L’obiettivo di questa possibile alleanza sarebbe la conquista del Creval, attraverso la sottoscrizione di un’ampia parte dell’aumento di capitale da 700 milioni che sarà votato dall’assemblea del gruppo valtellinese il prossimo 19 dicembre.

Un progetto ambizioso ma già in fase avanzata di elaborazione se è vero che Dumont, accreditato di un patrimonio di 400 milioni che, secondo indiscrezioni di mercato sarebbe già salito al 9% del capitale della banca presieduta da Miro Fiordi, anche se dalle comunicazioni Consob risulta ancora in possesso del 5,78%.

Ma come fare per fronteggiare questa offensiva estera e mantenere in mani italiane il Creval? L’unico modo possibile, individuato dai vertici, è la chiamata alle armi dei soci storici. E così, come appreso da più fonti qualificate vicine all’operazione da MF-Milano Finanza, Fiordi ha chiamato a raccolta i grandi azionisti italiani. In particolare, martedì sera nel centro direzionale milanese di via Feltre, all’incontro al quale ha preso parte anche il direttore generale Mauro Selvetti si sono ritrovati una trentina di azionisti di peso della banca di Sondrio (per la gran parte provenienti dalle province di Milano e Monza e Brianza) e una ventina di dipendenti.

Fiordi ha chiesto ai soci di fare un grande sforzo e di partecipare alla ricapitalizzazione in modo tale da poter difendere il Creval dalla possibile minaccia franco-americana. Anche perché, secondo quel che trapela dalle sale operative, si sostiene che Dumont e il gruppo americano potrebbero unire le forze e salire, proprio durante l’operazione di rafforzamento patrimoniale, al 20-25% della banca, limitando il peso del fronte italiano.

All’incontro, durato diverse ore, avrebbero partecipato tra gli altri il vice presidente dell’istituto Michele Colombo (la cui famiglia ha quasi lo 0,4% del capitale), Aldo Fumagalli, patron del gruppo Sol, Alberto Ribolla, oggi consigliere del Creval e già vicepresidente. Con loro anche altri soci di peso come i valtellinesi Emilio Rigamonti e gli esponenti del gruppo dolciario Galbusera.

Anche se va ricordato che, dall’analisi dell’ultimo libro soci relativo all’assemblea della scorso primavera (i fondi istituzionali esteri si sono presentati col 10%), il primo socio forte privata italiano oggi è la Diocesi di Milano attraverso la Fondazione Lambriana (1,06%), rappresentata in assise da Enrico Marco Fumagalli. Mentre un altro azionista di spessore, che forse risponderà alla chiamata alle armi di Fiordi è la famiglia De Censi (0,2%). Da questo piano di difesa dell’italianità del Creval si sarebbero invece chiamate fuori, almeno per il momento, le associazioni di azionisti Go Credito e Assocreval che nel recente passato hanno rappresentato la fronda all’interno dell’assemblea dell’istituto di Sondrio.

Ora bisognerà vedere se il tentativo di Fiordi, in banca da sempre (l’ascesa è iniziata nel 2003 con la nomina a direttore generale), andrà a segno salvaguardando l’italianità della banca o se invece ci sarà la scalata franco-americana. Anche perché il clima dell’incontro di martedì è stato teso.

Ieri, intanto, Citigroup, in qualità di co-global coordinator e joint bookrunner, è entrata a far parte del consorzio di garanzia dell’aumento già pre-garantito da Mediobanca , global coordinatore bookrunner dell’operazione.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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Di Luca Gualtieri e Andrea Montanari

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