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​​Il blocco turco della piattaforma Saipem 12000 di Eni è ormai un caso diplomatico che, a distanza ormai di giorni, assume contorni sempre più rilevanti e conferma la centralità del quadrante orientale del Mediterraneo, troppo spesso trascurato. Nella disputa di Ankara con Cipro e la Grecia è adesso l’Italia a farne le spese. Dopo però la debole reazione dell’Unione Europea (qui l’intervista di Franco Frattini a Formiche.net), a scendere a fianco del rispetto del diritto internazionale e degli interessi legittimi di Eni sono stati il Dipartimento di Stato americano e le Nazioni Unite.

​Dal Palazzo di Vetro arriva la voce forte e chiara d​el segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che, pur specificando che non sia compito suo “prendere posizione sui diritti degli Stati membri ai sensi dei trattati o in base al diritto internazionale”, prende nettamente posizione esprimendo la sua forte preoccupazione in merito al caso, affermando, inoltre, che “si dovrebbe fare il massimo per disinnescare le tensioni”. E l’incontro previsto per oggi tra il presidente cipriota neo rieletto Nicos Anastasiades e la rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu presso Cipro, Elizabeth Spehar, ha confermato il sostegno del Palazzo di Vetro. La Spehar ha, infatti, ritenuto comprensibili le preoccupazioni di Cipro sulla questione, assicurando di riportarle a New York per una più attenta valutazione.

Netta presa di posizione anche da parte del dipartimento di Stato americano che, come riportato dall’agenzia Nova, ha annunciato ufficialmente di riconoscere il diritto di Cipro a sfruttare le risorse naturali nella propria zona economica esclusiva. Il portavoce ​dell’Amministrazione americana ​ha aggiunto, fugando ogni dubbio sul pieno appoggio degli Usa alla multinazionale italiana, che la posizione di Washington non è cambiata e che “le risorse di gas e petrolio, come tutte le risorse dell’isola, dovrebbero essere divise in maniera equa tra le due comunità” e, ha aggiunto: “Invitiamo ad evitare azioni e retorica in grado di aumentare le tensioni nella regione”.

Senza dimenticare la Grecia che, soprattutto dopo che nei giorni scorsi una motovedetta turca ha speronato una nave pattugliatrice della Guardia costiera greca, aveva aspramente accusato Ankara di “non star contribuendo alla stabilità della regione”. Il portavoce del governo greco Tzanakopoulos​ ha sottolinea​to come nell’ultimo periodo ci sia stato un “intensificarsi delle provocazioni turche che ci preoccupano profondamente”, facendo espressamente riferimento anche al blocco della piattaforma Saipem.

​Anche a Bruxelles, comunque, cresce la consapevolezza della gravità della situazione ed è toccato ad Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo, prendere una posizione chiara e netta. “In questo momento​ – ha affermato -​ la Turchia sta violando le regole del diritto internazionale, sta forzando la mano. È una provocazione inutile che non produrrà risultati”.​ Nonostante questo pressing concentrico che vede il governo italiano protagonista attraverso la Farnesina, Ankara ​non ​appare disposta a cedere ​confermandosi una pericolosa pedina sulla scacchiera internazionale.

Ne è una chiara prova la reazione di Erdogan che, alzando la voce, ha detto alle compagnie straniere che operano a largo di Cipro di non fidarsi della parte greca, mettendo in guardia “coloro che superano i loro limiti affinché non facciano calcoli sbagliati”. Cipro, d’altra parte, risponde con un comunicato che avverte​ dell’inizio di esercitazioni in un’area contigua a quella in cui è stata bloccata la piattaforma Saipem, nella propria zona economica esclusiva. ​L’escalation insomma continua e la disputa, com’è evidente, non riguarda le esplorazioni dell’Eni ma investe un intero quadrante geopolitico. Di cui l’Italia è parte non irrilevante.

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Nazioni Unite, Dipartimento di Stato Usa e Parlamento Ue. Così il blocco turco della piattaforma Eni diventa un caso internazionale

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