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Mentre Salvini e Berlusconi si abbracciano (un po’ goffamente in verità, proprio come quando lo si fa per convenienza e non per volontà) e si preparano ad accogliere il successo friulano, la domenica politica è segnata dalla lunga lettera al Corriere di Luigi Di Maio, tentativo un po’ fragile di mantenere in vita un dialogo con il Pd che sta perdendo forza propulsiva.

Di Maio fa un grande sforzo, si vede benissimo. In realtà però gli riesce un “piatto” squilibrato, con ingredienti poco compatibili tra loro ed un gusto complessivo dolciastro, ingombrante e, tutto sommato, stucchevole. La lettera infatti è innanzitutto troppo lunga, segno di quando l’ansia prevale sulla chiarezza dell’obiettivo. E poi non è risolutiva, nel senso con non contiene un elemento dirimente e finisce per ottenere l’effetto contrario a quello voluto, cioè consegna al Pd molti motivi per mantenere forti riserve e aggiunge ragioni di diffidenza a quanti (e non sono pochi) nel movimento hanno forti dubbi sulla strategia del leader.

Poi c’è Renzi stasera da Fazio, cioè il ritorno del “Capo” ferito ma non morto. La sua decisione di tornare in tv ha un senso preciso: uccidere nella culla il significato politico della direzione del Pd del 3 maggio (con buona pace di Martina), chiarendo cioè stasera chi dà la linea e chi ha in mano la maggior parte delle carte del mazzo. Renzi è un capo politico contemporaneo, quindi non crede minimamente al ruolo degli organismi di partito. Crede alle primarie e alle convention, cioè a tutti quei luoghi della politica dove uno parla e gli altri ascoltano (o votano), perché poi spetta al leader decidere cosa fare.

In questo Renzi ha una sua vincente modernità, motivo per cui, tutto sommato, lui è meglio del Pd (e lui ha più futuro politico del Pd). Ebbene stasera in tv Renzi dirà che si deve avviare il confronto con il M5S, ma ad alcune condizioni. E queste condizioni finiranno per essere quasi impossibili da digerire sull’altro fronte, anche perché alla disponibilità di Di Maio fa da ostacolo insormontabile l’avversità di Grillo, che proprio in queste ore ha ripreso ad attaccare Renzi (di fatto mettendosi di traverso ai propositi del giovane leader).

Da lunedì vedremo cosa resta sul terreno, perché nel frattempo lo spazio non occupato da macerie va riducendosi vistosamente.

In questa domenica va dunque celebrandosi (tra Di Maio e Renzi) il famoso gioco del “cerino”, che nessuno vuole vedersi spegnere in mano. Quindi lo si passa all’altro il più rapidamente possibile, con un effetto non privo di elementi di comicità. Fare un governo non sarà impresa semplice, al Quirinale inizia a prevalere una certa rassegnazione.

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