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In Parlamento è arrivato il giorno di Banca Etruria. Il crack della banca aretina ha più volte creato grattacapi all’ex governo Renzi, finito sotto il tiro incrociato delle opposizioni per le vicende che anno travolto l’istituto, saltato insieme alle altre tre popolari (Carife, Banca Marche e Carichieti), due anni. Per tutti questi motivi questa mattina al quarto piano del Palazzo di San Macuto, sede della commissione banche, c’era attesa. La commissione parlamentare presieduta da Pierferdinando Casini ha ascoltato il procuratore di Arezzo Roberto Rossi (nella foto), all’indomani dell’audizione che ha fatto emergere tutti i perché dei guai di Banca Marche (qui lo speciale di Formiche.net).

LE PERPLESSITA’ SU BANKITALIA

Banca Etruria è stata commissariata nel febbraio del 2015 dopo essere stata affondata da un bilancio con 140 milioni di perdite frutto di prestiti disinvolti. Come e perché l’istituto sia arrivato al crack è piuttosto noto e la sua storia finanziaria non così dissimile da quella delle altre tre banche fatte saltare a mezzo decreto. Decisamente meno note alcune stranezze, evidenziate da Rossi nel corso dell’audizione (dai toni accesi, più volte segretata, anche per un’ora di fila) che hanno caratterizzato la discesa negli abissi di Banca Etruria. Come quella relativa all’appoggio di Bankitalia alla fusione con la Popolare di Vicenza, tra il 2014 e il 2015, necessaria per Via Nazionale in quanto l’Etruria non poteva stare più sulle sue gambe. Operazione poi saltata, aprendo così la strada al commissariamento della banca toscana.

LO STRANA FUSIONE CON VICENZA 

Rossi si è chiesto perché Via Nazionale avesse in qualche modo caldeggiato un’aggregazione tra l’istituto di Arezzo e la Popolare di Vicenza, allora guidata da Gianni Zonin e già in pessime acque. “Ci è sembrato un poco strano” che venisse dalla Banca d’Italia incentivata la fusione di Banca Etruria con Popolare di Vicenza, la quale per Palazzo Koch era un “un partner di elevato standing”. Un  giudizio che a Rossi (già consulente di Palazzo Chigi durante il governo Renzi) appare oggi “singolare, dopo aver  appreso da fonti aperte (cioè dalle audizioni di Bankitalia sulle due popolari venete, ndr) la situazione critica in cui versava la Popolare di Vicenza  già nel 2012″.

IL PRESSING DEI PM SULLA BPVI

Ricapitolando, i magistrati di Arezzo non riescono a comprendere perché una banca malata come quella vicentina avrebbe dovuto comprarsi (a un euro ad azione) un altro istituto malconcio. Rossi l’ha ripetuto più volte. “L’abbiamo trovato un po’ singolare che venisse incentivata questa aggregazione, perché nella relazione ispettiva di Bankitalia su Vicenza, nel 2012, sembra di leggere le stesse conclusioni su Etruria. Ci sono l’inadeguatezza degli organi, i crediti deteriorati e anche le operazioni baciate, che almeno ad Arezzo non ci sono state (si tratta della concessione di prestiti dietro acquisto di azioni, ndr) “. Ma i pm non mollano la presa e vogliono capire perché tanto interesse per tale fusione. “Ora approfondiremo, abbiamo fatto già richiesta ai colleghi di Vicenza di mandarci i documenti”.

LE SANZIONI AL CDA

E pensare che la stessa Via Nazionale comminò delle sanzioni all’allora board dell’Etruria, proprio per la mancata accettazione dell’offerta di Vicenza. “La Banca d’Italia”, ha chiarito Rossi, “sanzionò il cda di Banca Etruria per aver lasciato cadere le offerte della Popolare di Vicenza”. Fonti Bankitalia però precisano come Via Nazionale “non ha mai sostenuto il matrimonio con Popolare di Vicenza. Dopo le ispezioni del 2013, e le irregolarità emerse, Bankitalia ha chiesto ad Etruria di adottare una serie di misure correttive e di ricercare l’aggregazione con un partner di elevato standing. Ma la scelta del partner è stata rimessa all’autonoma valutazione degli organi aziendali. E non poteva che essere così, perché nell’ambito dell’autonomia imprenditoriale che caratterizza qualsiasi banca, la scelta del partner è di competenza della banca stessa”.

PERCHE’ L’ETRURIA E’ NAUFRAGATA

Fin qui le ombre sull’operazione sfumata con la Popolare di Vicenza. Ma per risalire alla genesi del crack Etruria bisogna rimettere le lancette indietro di otto anni. Le operazioni più  azzardate di Banca Etruria, ha spiegato Rossi, vennero infatti condotte dai vertici soprattutto nel periodo 2008-2010 quando si finanziano grandi gruppi nazionali con esiti disastrosi, con distrazioni patrimoniali  “clamorose ed eclatanti con assenza di ogni cautela a deliberarle”. Rossi ha citato il caso del finanziamento “dello yacht più grande del mondo realizzato in un bacino senza sbocco al mare, situato a 500 metri dalla banchina”.

IL RUOLO DI BOSCHI SECONDO ROSSI

L’allora vicepresidente di Banca Etruria Pierluigi Boschi non ha partecipato alle riunioni degli organi della banca che hanno deliberato finanziamenti finiti poi in sofferenza e che costituiscono “il reato di bancarotta”, ha sottolineato anche il procuratore della Repubblica di Arezzo Roberto Rossi in audizione alla Commissione d’inchiesta sulle banche in risposta al deputato Carlo Sibilia (M5S) che gli chiedeva del ruolo di Boschi (padre del sottosegretario Maria Elena, ndr) nel crac dell’istituto aretino. Rossi ha voluto fare una premessa: “Faccio questo lavoro da 30 anni, sono della vecchia scuola, le persone si distinguono non per di chi sono figli o padri, per il loro orientamento sessuale o politico, ma per i comportamenti. Boschi entra in cda nel 2011 come amministratore senza deleghe diventa uno dei due vicepresidenti nel maggio 2014 assieme a Rosi. Noi sulla responsabilità per la bancarotta vediamo i comportamenti e questi discendono dalle delibere. I conflitti di interesse li abbiamo tutti evidenziati, per noi i crediti valgono se vanno poi in sofferenza altrimenti non costituiscono il reato bancarotta”.

L’ATTACCO DEL PD

“Si sta sgretolando il castello di sciocchezze e sta emergendo la vera responsabilità” del fallimento di Banca Etruria “che è stata della Banca d’Italia” non solo in termini di vigilanza ma “per un suo ruolo financo eccessivo”. E’ quanto ha affermato il presidente del Pd Matteo Orfini al termine dell’audizione del procuratore della Repubblica di Arezzo sul caso Banca Etruria sottolineando come nelle prossime audizioni (della vigilanza e poi del governatore Ignazio Visco, ndr) la Commissione chiederà conto all’istituto centrale del suo operato, specie nella possibile aggregazione di Bpvi con Etruria.

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