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Linea della fermezza, ma necessità di un governo operativo. Anna Ascani non usa mezzi termini, con il Movimento 5 Stelle non ci sono convergenze possibili per la formazione di un governo, e anzi tocca ai “presunti vincitori delle elezioni”, ossia M5s e Lega, assumersi la responsabilità di trovare una soluzione alla fase di stallo in cui ci si trova. La deputata del Partito democratico, intervistata da Formiche.net, ha ribadito che tra il Pd e il movimento guidato da Luigi di Maio le distanza sono troppe e troppo profonde, ma se mai si dovesse arrivare allo scenario di un governo del Presidente “il Partito democratico non si è mai tirato indietro a priori”.

Dunque, nessun dialogo con il Movimento 5 Stelle?

È la mia posizione da sempre, non ho cambiato idea e non vedo perché dovremmo cambiare idea, non registro novità in questo senso. È l’idea che era passata in Direzione (il 12 marzo, ndr), non solo mia ma a grandissima maggioranza e questo è un primo motivo di fermezza.

Ce ne sono altri?

Le ragioni sono sostanzialmente tre: la prima è relativa al rapporto con la democrazia. Io credo che il Movimento con cui ci relazioniamo abbia seri problemi con la democrazia a partire dal contratto dei parlamentari con la Casaleggio e Associati che prevede delle penali che sono, come tutti sanno, incostituzionali. Credo che questa sia una premessa che qualsiasi sincero democratico dovrebbe veder rimossa prima di aprire qualsivoglia dialogo. Secondo punto, serio, il programma. Ci sono distanze enormi, a mio avviso incolmabili, su tutte le questioni fondamentali: il lavoro, la scuola, la cultura, l’Europa. Non vedo veramente punti di convergenza e con tutto il rispetto per l’esimio professor della Cananea, lui stesso in qualche modo ha dovuto ammettere, nell’indicare i 10 punti, che alcuni sono purtroppo vuoti e che di fatto non esistono convergenze programmatiche possibili. Poi, io noto che la scelta di Di Maio è stata quella di svuotare completamente il suo programma elettorale ed abbandonarlo. Siccome noi a differenza sua abbiamo rispetto dei nostri elettori, credo che si debba partire dai programmi presentati alle elezioni, quindi per noi restano i 100 punti. Per loro immagino debbano restare il referendum sull’euro, il reddito di cittadinanza…

E il terzo?

Il terzo punto, in ordine di importanza, è sicuramente quello che è successso gli ultimi anni. Sono stati cinque anni, e fino a qualche giorno fa, di provocazioni, insulti pesantissimi. Non si tratta di offese lievi, ci hanno accostato alla mafia, hanno pubblicato vignette con le piovre e sopra i nostri nomi. Non è qualcosa che si supera in 24 ore, lo dicono i nostri militanti, lo dice tutta la base del Pd. Oggi (ieri, ndr) ascoltavo Alessandra Ghisleri dire che meno di un elettore su cinque vorrebbe un accordo con i 5 Stelle, evidentemente non possiamo fare come se questi 5 anni non fossero trascorsi o che quello che è successo nella recentissima campagna elettorale non sia mai avvenuto. Credo che sbagli Di Maio a pensare che tutto questo si possa semplicemente cancellare con un colpo di spugna perché lui vuole a tutti i costri fare il presidente del Consiglio.

Il sottosegretario al Mise, Giacomelli, ha detto che Renzi dovrebbe fare un passo avanti per condurre il Pd in questa fase difficile. Lei cosa pensa?

Io credo che Renzi abbia già escluso l’ipotesi in risposta a chi gliel’ha chiesto a Firenze. Di fatto, però, pensare che questo percorso si possa fare a prescindere dal nostro ex segretario o a prescindere dall’opinione della maggioranza del partito che ha fatto quel percorso con Renzi mi sembra un po’ imprudente. Credo che nelle primissime ore di consultazioni con Fico siano state fatte delle fughe in avanti molto frettolose e, dal mio punto di vista, sbagliate. Oggi registro che invece anche Martina, il reggente, è stato prudente e aspetterà la decisione della Direzione che secondo me andrà a ribadire quello che ha già detto appena 40 giorni fa.

Ossia la linea dell’opposizione.

Non vedo perché dovremmo cambiare opinione sinceramente, non registro nessun tipo di cambiamento sullo scenario né dal punto di vista delle proposte che arrivano dall’altra.

Se non si troveranno accordi di governo, si potrebbe arrivare al governo del Presidente. Come si posizionerebbe il Pd?

Noi, come si è visto in queste ore, abbiamo grande rispetto e facciamo grande attenzione a quello che ci chiede il Presidente Mattarella, ma vediamo quello che succederà. È nelle prerogative del Capo dello Stato proporre i partiti un altro scenario di governo e il Partito democratico non si è mai tirato indietro a priori. Ma io non vorrei sostituirmi a Mattarella, per fortuna degli italiani c’è una persona seria che sta gestendo nel migliore dei modi questa fase complicata.

Invece come vede la possibilità di ritorno alle urne?

Intanto credo che il balletto pietoso di questi cinquanta giorni abbia portato il Paese a correre dei rischi di cui i presunti vincitori delle elezioni devono assumersi la piena responsabilità. Noi il 29 giugno abbiamo un consiglio europeo sul Trattato di Dublino che regola l’immigrazione con cui Salvini ci ha tormentato per anni; a ottobre va presentata la legge di bilancio; insomma le scadenze ci sono. È chiaro che davanti a questi appuntamenti sarebbe bene avere un governo, dopo di che vedremo le condizioni che si creeranno in Parlamento. Le elezioni non sono il male assoluto, certo tornare a votare per avere poi lo stesso scenario sarebbe sicuramente poco utile.

di maio, Pd partito democratico

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