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Un’audizione fiume di quasi 6 ore. A Palazzo San Macuto, dove ha sede la commissione bicamerale d’inchiesta presieduta da Pierferdinando Casini (nella foto), ieri ha tenuto banco Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza della Banca d’Italia. Tanto che, come ha ricordato lo stesso Casini, il direttore generale della Consob, Angelo Apponi, è rimasto in attesa per quasi tre ore prima di essere ascoltato (qui l’articolo sull’audizione di Apponi). Dopo aver letto la relazione con cui in sostanza Banca d’Italia ha negato le accuse piovute da più parti di non aver vigilato adeguatamente su Veneto Banca e su Popolare di Vicenza, cadute in dissesto, il funzionario di Palazzo Koch ha risposto alle domande dei componenti della commissione.

Soprattutto i parlamentari dell’opposizione non hanno fatto sconti a Barbagallo, in particolare per quanto riguarda le “porte girevoli”, ovvero i casi di ex dipendenti di Via Nazionale che sono andati a lavorare per Popolare di Vicenza. Daniele Capezzone, deputato di Direzione Italia, lo ha interrotto varie volte negando la veridicità delle sue affermazioni e al termine dell’audizione ha chiarito ancor di più il suo pensiero: “Con grande franchezza, ho detto al dottor Barbagallo che sono rimasto totalmente insoddisfatto dalla sua relazione in Commissione, all’insegna di una sistematica autogiustificazione”. E ancora: “Passaggi addirittura surreali (testuale: ‘Bankitalia non incoraggia né auspica che propri dipendenti siano assunti dai soggetti vigilati’; e ci mancherebbe pure che lo facesse!), che confermano quanto in pochi sosteniamo da tempo: occorre superare il conflitto d’interessi che fa capo a Bankitalia, separando radicalmente le funzioni di vigilanza da quelle di risoluzione delle crisi. A questo punto, attendo entro sette giorni (come è stato garantito in Commissione) di avere risposta scritta, con cifre, alle domande che ho posto sulla montagna di crediti insoluti. Si tratta ormai di asset che sono divenuti parte del patrimonio pubblico, e paiono oggi abbandonati e in stato di incuria. Per circa 60 miliardi di euro!”.

Critico anche Carlo Sibilia, deputato M5S, secondo cui esiste “un legame incestuoso tra controllore e controllato. Barbagallo – ha sottolineato il parlamentare – ha elencato cinque casi di ex dipendenti che dalla Banca d’Italia sono passati alla Popolare di Vicenza. Noi conosciamo altri tre o quattro casi”. Di queste persone ha parlato anche la collega di partito Carla Ruocco nel suo intervento in commissione. Per Sibilia “non è accettabile che figli, fratelli e mogli dei dirigenti di Bankitalia vadano a lavorare per le banche vigilate”. Molte le questioni poste – velocemente – da un altro deputato cinquestelle, Alessio Villarosa, che è stato ripreso dal presidente della commissione: “Ma è il modo di fare le domande? Sembra un treno. Un pendolino”. Il record però appartiene probabilmente al senatore Pietro Girotto, sempre M5S, che ha rivolto oltre 20 quesiti a Barbagallo.

E se Casini a un certo punto ha manifestato il disappunto per la quantità e la qualità degli interrogativi (“Ma che domande sono? Questo è il modo per ridicolizzare questa commissione”), Barbagallo non si è tirato indietro: “Non vogliamo dare l’impressione che ci autoassolviamo, noi siamo qui per dare informazioni sui fatti, a voi stanno i giudizi”. “Se errori ci sono stati parliamone – ha evidenziato – analizziamoli insieme, voi siete sicuramente nella condizione di farlo”. Dulcis in fundo, le domande depositate in commissione da due parlamentari non dell’opposizione ma del fronte Pd che più si è opposto alla riconferma di Ignazio Visco alla guida della Banca d’Italia. Francesco Bonifazi e Mauro Del Barba, deputato e senatore renziani, hanno lasciato a Barbagallo il compito di rispondere a tre quesiti su Veneto Banca, tre su Popolare di Vicenza, tre sui finanziamenti ai soci erogati dai due istituti e uno sul valore attribuito ai crediti deteriorati delle due ex popolari che non sono stati ceduti a Banca Intesa. L’elenco dettagliato sul sito del Partito Democratico.

Pier Ferdinando Casini

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