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Un intellettuale onesto, libero e liberale. Uno studioso scevro da pregiudizi e poco affezionato alle tessere di partito, uno storico critico delle ideologie e del potere. Così ieri l’ex presidente della Camera Luciano Violante, l’architetto Paolo Portoghesi e l’attore Giulio Farnese hanno ricordato Piero Melograni a cinque anni dalla scomparsa, con una commemorazione all’Accademia dei Lincei alla presenza della moglie Paola Severini Melograni e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La benevolenza per lo storico nato e cresciuto a Roma, e poi nelle aule dell’Università di Perugia, dove ha insegnato per venticinque anni, è trasversale.

Seduti nella sala gremita di Palazzo Corsini sono venuti a ricordare l’amico intellettuale politici come Franco Marini, Maurizio Sacconi Gianni Letta. Ma anche storici del calibro di Giovanni Sabbatucci, a dimostrazione che Melograni nella sua lunga attività saggistica seppe conquistare la stima del mondo accademico spezzando quella diffidenza insormontabile che spesso tiene a distanza i divulgatori e gli storici. I saggi di Melograni sono ricordati ancora oggi per una semplicità di scrittura non comune nel mondo scientifico. Uno su tutti, il “Saggio sui potenti” edito da Laterza più di quarant’anni fa: un pamphlet sul potere e i suoi inganni, sugli affanni e le debolezze dell’uomo che anela al comando, sulla scia di capisaldi come “Il Principe” di Machiavelli e “La psicologia delle masse” di Le Bon, di cui Melograni curò la traduzione italiana.

Lungo la sua produzione saggistica, incentrata soprattutto sulla grande guerra e sul ventennio fascista, Melograni ha vivisezionato il potere, non quello prettamente politico o economico, ma, come scriveva lo stesso intellettuale, quello che “risiede fuori dai palazzi dei capi, nelle grandi forze spirituali e materiali che si agitano nelle società”. Non senza bacchettare duramente le ideologie del Novecento, foriere di inganno e illusioni per le masse, di cui pure lui subì il fascino in tempi lontani.

Melograni aveva infatti aderito al Pci agli albori della vita repubblicana, salvo poi allontanarsi dal partito e dall’ideologia comunista inorridito dall’invasione sovietica di Budapest del novembre 1956, che lo portò a firmare il “manifesto dei 101“. Poi un lungo periodo nella penombra, apprezzato e stimato dalle generazioni di studenti che si accostavano alla sua cattedra di Perugia, spesso dimenticato da una parte del mondo politico, in un’epoca dove non schierarsi significava fare un passo indietro. Poi il ritorno sulla scena politica con la Convenzione liberale di Marco Taradash nel 1995 e l’anno successivo la candidatura in Forza Italia di Silvio Berlusconi, nella speranza di una rivoluzione liberale che forse, a fine mandato, Melograni sentì tradita.

“Dal suo scranno ha ingaggiato e condotto innumerevoli battaglie politiche, sociali e culturali” ricorda il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani in una lettera inviata ai presenti dalla Tunisia, dove è in missione, “basti citare un dato: nel corso della XIII legislatura, il Prof. Melograni presentò ben 45 progetti di legge, assicurando un impulso costante e vigoroso alle attività della Commissione Cultura, di cui era un componente laborioso, attento e attivo”. Il presidente forzista richiama poi l’impegno di Melograni nel comitato dei “60 saggi” che diede vita alla Carta dei Diritti fondamentali dell’UE” assieme all’eurodeputata Elena Paciotti, al senatore Andrea Manzella e a Stefano Rodotà.

Più intimo il ricordo di Luciano Violante, amico di Melograni, cui da il merito di esser stato “uno dei primi a rilevare l’espandersi dell’irrazionalità nelle società contemporanee”, anche grazie ad alcuni moniti sull’ideologia e sulla propaganda che tornano oggi attuali nel dibattito sulle fake news, “uno dei più gravi attentati alla libertà dei cittadini e alla sicurezza delle nazioni”. La lezione dello storico, continua Violante, insegna “che il potere non sta mai in un solo luogo o in una sola parte” e che in un regime democratico “il cittadino deve abbandonare il mito del capo e il capo deve sentire l’esercizio del potere come responsabilità e non come privilegio”.

L’incontro a palazzo Corsini è stato animato dalla giornalista e conduttrice radiofonica Paola Severini, che sposò Melograni nel 2007 e condivise con lui gli ultimi anni. A commemorare il marito ha portato con sé, fra gli altri, gli amici della band “I ladri di carrozzelle”. “Grazie per essere qui, non dimenticatevi di Piero” sussurra ai presenti uno ad uno. Poi poche parole per ringraziare il presidente Mattarella e chi ha ricordato il marito: “In un paese che non ha memoria, dovremmo ricordare tutti i giorni maestri, non capi, e Piero rimane per noi un grande maestro”.

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