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Il sasso lo ha lanciato il Telegraph, ma in realtà lo scostamento di Emmanuel Macron dalla strategia integralista fin qui messa in piedi da Keir Starmer era una possibilità sul tavolo, che ora si manifesta. Il numero uno dell’Eliseo starebbe valutando una missione di pace sotto l’egida Onu e non più solo di Paesi Ue. Di fatto un’alternativa alla “coalizione dei volenterosi” proposta dal primo ministro britannico (che prevedeva tout court l’invio di truppe europee in Ucraina) e più in linea con quel quadro diplomatico e ragionato avanzato da Giorgia Meloni sin dal vertice informale di Parigi. Del tema si discuterà nuovamente nella capitale francese il prossimo 27 marzo, mentre iniziano a circolare voci critiche nei confronti di troppi meeting che poi non riescono a fare sintesi, come quella del premier polacco Donald Tusk.

Parigi e Roma

Se si tratta di un cambio di percezione mostrato da Macron oppure di una mera presa d’atto che serve una mossa diversa (e senza la foga inglese di riavvicinarsi a Bruxelles) per trovare un consenso più ampio, sarà il tempo a dirlo. Ciò che emerge dopo il Consiglio europeo di ieri è la consapevolezza che l’accelerazione di Starmer potrebbe non funzionare e avere più noie che vantaggi. Per cui Macron esplora l’alternativa Onu al piano ucraino di Starmer, avvicinandosi così ai rilievi sin dal principio avanzati da Palazzo Chigi in una cornice di mossa ragionata e di visione, più che di un’azione di pancia semplicemente per replicare a Donald Trump. Perché forse sta maturando l’idea che occorre un progetto che funzioni, più che un messaggio da inviare oltreoceano, dal momento che vanno valutate una serie di variabili come il tavolo diplomatico di Gedda, la reazione di Mosca e Washington accanto alle pressioni di chi in queste settimane sta lavorando, da macro aree diverse, alla possibile pace.

La posizione di Meloni

Meloni lo aveva ribadito due giorni fa in Senato che l’invio di truppe in Ucraina “non è mai stato all’ordine del giorno” e “l’invio di truppe europee proposto da Gran Bretagna e Francia è una proposta molto complessa, rischiosa e poco efficace”. Ciò non significa, come qualcuno ha insinuato, che verrebbe meno il supporto a Kyiv, tutt’altro. La premier lo ricorda quando osserva che “viene mantenuto il sostegno europeo all’Ucraina e si sostengono anche gli sforzi americani come la richiesta italiana per una pace giusta e duratura e si fa riferimento alla proposta di cessate il fuoco che mette la palla nel campo russo”. E ancora, il tema delle garanzie di sicurezza per una pace giusta e duratura, “tra tutte le strade, quella di un’estensione dei principi o dell’art.5 della Nato anche senza l’ingresso immediato dell’Ucraina sarebbe la soluzione più sensata, anche per svelare un eventuale bluff della Russia”.

Scenari

Della questione da tempo ne sono a conoscenza anche Ursula von der Leyen e Roberta Metsola, che Meloni ieri a margine del consiglio ha incontrato. Al di là del cambio semantico da RearmEu a “Readiness 2030”, che pur sempre rappresenta un fatto da registrare, sarà utile capire come arrivare al prossimo vertice del 27 marzo a Parigi (alla presenza di Volodymyr Zelensky e dei leader europei): se con l’integralismo inglese sull’invio di truppe europee, o se con aperture verso i rilievi di Francia e Italia.

Quando Macron dice che “il mio obiettivo è innanzitutto che ci sia un impegno reiterato ed esplicito e forse un po’ più di specificità sul sostegno a breve termine all’Ucraina “, parla evidentemente anche a chi a Downing Street non ha immaginato una terza via. E prova a rispondere ai dubbi di chi, come il primo ministro polacco Donald Tusk, ha detto che “il numero di incontri non si traduce in progressi, non ci si lasci confondere pensando che se ci sono 56 vertici o videoconferenze, la pace arriverà più velocemente”.

Volenterosi, ora anche Macron rallenta. La proposta Meloni e la cornice Onu

Meglio una cornice “istituzionale” all’invio di truppe degli stati membri? Se ne sta parlando e sarà il tema centrale al vertice del 27 marzo di Parigi, a dimostrazione che i dubbi di Meloni erano fondati (“una proposta molto complessa, rischiosa e poco efficace”). Ciò che emerge dopo il Consiglio europeo è la consapevolezza che l’accelerazione di Starmer potrebbe non funzionare

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